Da Il Messaggero del 18/05/2003

Paura nel mondo arabo: nessuno è più al sicuro

di Rula Jebreal

Nei confronti della catena di attentati che hanno provocato ieri in Marocco l’ennesimo bagno di sangue, il mondo arabo manifesta il medesimo sgomento che si respira in Occidente. Le analisi sulle profonde ragioni che muovono gli attentatori appaiono confuse e contraddittorie, così come le valutazioni sulle prospettive future. Non è facile neppure attribuire le responsabilità materiali dell’attentato, nel senso che la cellula islamica che lo ha realizzato, proveniente dal Belgio secondo le prime indagini delle autorità magrebine, non si può dire se appartenga alla rete di Al Qaeda o se, come spiega ad Al Jazeera il professor Kamal el Hilbawi, studioso e analista dei gruppi radicali, sia lo spirito di Al Qaeda che ha contagiato i gruppi fondamentalisti creando una rete che si regge sull’emulazione dei comportamenti, senza collegamenti di natura organizzativa. Il riferimento ai sentimenti che agitano pericolosamente il desiderio di ribellione dei popoli arabi suona in questa occasione di difficile interpretazione, anche se è forte la contestazione nei confronti dei governi locali, considerati troppo filoamericani ed incapaci di avviare una seria politica di riforme. Il presidente egiziano Mubarak dichiara alla televisione di Abu Dhabi che soltanto la risoluzione del conflitto israeliano-palestinese potrà fermare l’ondata di violenza che insanguina i Paesi arabi; il portavoce di alcuni gruppi radicali, Imam Sa-dalla, spiega alla televisione AlManar, tv degli hezbollah, che ogni credente musulmano, arabo e non, ha il dovere di combattere per la propria religione e per il proprio territorio oltre che per la salvaguardia dell’identità, della dignità della nazione araba e che ora in Palestina, Iraq e Cecenia chi combatte per affermare questi valori nel nome di Dio è un martire. Tuttavia nel mondo arabo prevale un senso di stupore di fronte ad una strategia che non appare riconoscibile ed è difficilmente riconducibile alle grandi opzioni che animano i popoli islamici. Non a caso i leader dei Paesi arabi sono stati tutti, concordi nel condannare l’attentato che il presidente siriano Bashar Assad ha definito criminale, e per la prima volta si sono sentiti a loro volta nel mirino delle organizzazioni terroristiche, tanto da invocare un’urgente forma di coordinamento tra tutti i Paesi arabi per fronteggiare il fenomeno. Ancora più sorpreso è apparso il ministro dell’Informazione del Marocco, Nabil ben Abdullah, che è comparso attonito di fronte alle telecamere di Al Jazeera, incapace di trovare una spiegazione plausibile all’accaduto, anche se il suo Paese laico, moderno, aperto al turismo occidentale e perfino ebraico, può essere stato colpito proprio per aver abbandonato le specificità di una società islamica tradizionalista. Ha spiegato che gli attentatori, per quanto marocchini, erano stati addestrati all’estero ed ha puntato il dito contro i finanziatori di questi gruppi che utilizzano i soldi provenienti dal zakat, le donazioni personali e le elemosine raccolte nelle moschee dopo ogni venerdì di preghiera musulmana. La gente intervistata per strada raccontava di essere uscita dalle case, dopo aver udito l’esplosione, convinta che si trattasse di un terremoto; nessuno poteva immaginare che fosse successo un attentato. Oramai però il terrorismo ha assunto una dimensione globale e colpisce in modo imprevedibile, indipendentemente dalla presenza di ragioni locali.

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