Da La Stampa del 16/05/2003

«Civiltà Cattolica» si schiera contro il premier: con l’acribia di un ordine che, in passato, ha inventato l’anticomunismo ma anche condizionato la Dc

Gesuiti, quando la «casistica» va all’opposizione

di Filippo Ceccarelli

TAMBIEN estan los jesuitas... Comunque ci sono i gesuiti. Oppure: ci sono anche i gesuiti. Sottinteso: contro la politica del centrodestra in materia di giustizia. E sarà pure smodato, e quindi sprecato, richiamare nell’Italia democratica del 2003 il grido di speranza del ragazzo salvadoregno, ma di sicuro per la prima volta i Reverendi Padri della «Civiltà Cattolica» si sono decisamente schierati facendo osservare, a loro modo, come il presidente Berlusconi stia sbagliando tutto. Ma tutto tutto. Così, ieri mattina, dalla bellissima residenza-redazione immersa tra i pini e le palme di Villa Malta, alle spalle di via Veneto, sono partite tante buste gialle, molto antiquate, con gli estratti del numero che sarà in libreria. Tra questi, un articolo del caporedattore e specialista di politica interna, padre Michele Simone, che si intitola «La situazione dei rapporti istituzionali tra maggioranza di governo e magistratura». Articolo che, tanto per intendersi, comincia così: «Lo scorso 29 aprile il Tribunale di Milano (IV Sezione penale) ha condannato l’on. Cesare Previti (Forza Italia) a 11 anni di reclusione». Padre Simone, che tra parentesi assomiglia parecchio a Maurizio Costanzo, è tutto fuorché un estremista. Già nel 2002, e poi anche nel febbraio di quest’anno, aveva scritto a favore di una legge per sospendere i procedimenti in corso nei confronti del Presidente del Consiglio. Né la «Civiltà Cattolica», rivista che numero dopo numero è ideata e lavorata in una dimensione comunitaria («Collegio degli Scrittori», «Consiglio di redazione»), può essere considerata una pubblicazione giacobina o giustizialista. Ogni riga è soppesata, ogni citazione precisa e integrale; lo stile piano, gli aggettivi rari: insomma non è la lettura ideale per chi ha fretta, né è scritta per fare colpo. Ma forse proprio a causa di questo stile, stavolta, la nota di padre Simone fa un certo effetto. Gesuiticamente, l’autore sviluppa le sue conclusioni appoggiandosi a giornalisti tutt’altro che ostili a Berlusconi (Sergio Romano, Piero Ostellino). Il senso generale non lascia adito a dubbi. Sbaglia il presidente del Consiglio ad attribuire ai giudici la sua caduta nel 1994; sbaglia a non «abbassare i toni», come gli chiede Ciampi; sbaglia a voler procedere a colpi di maggioranza (segue richiamo di scuola sulla «dittatura della maggioranza»); sbaglia a prolungare uno scontro che di questo passo durerà per tutta la legislatura; sbaglia a puntare tutto sul lodo Maccanico e sulla modifica costituzionale dell’articolo 68 (immunità). E sbagliano infine anche gli alleati, Udc e An, «che potrebbero esercitare un’azione moderatrice», ma non ci riescono, «e quindi è prevedibile che paghino un prezzo alle prossime elezioni». A differenza di tutti gli altri giornalisti, che sono distratti da tante cose, quelli della «Civiltà Cattolica» non se lo possono permettere. Vivono, letteralmente, per il loro lavoro. Pensano a quello e basta. E’ un obbligo naturale - assolto con il piglio militaresco che è della Compagnia di Gesù - di documentarsi e non scrivere stupidaggini. Non c’è famiglia, non c’è svago, non c’è carriera. Ci sono studi, metodo, dedizione, disciplina, perinde ac cadaver. Del resto, come si legge nel sito internet (www.laciviltacattolica.it), si tratta di una testata che esce dal 1850, ed «è dunque la più antica di tutte le riviste italiane ancora attive». Da un certo punto di vista appare perfino riduttivo che le bozze di «Civiltà Cattolica» vengano passate sistematicamente al vaglio della Segreteria di Stato, e che tale passaggio finisca per farne la voce ufficiosa della Santa Sede. E’ il peso della storia, semmai, e il valore per così dire «professionale» dei Reverendi Padri a consigliare un’attenzione supplementare. Consiglieri del Principe per vocazione e tradizione, i gesuiti conoscono il potere come pochi altri, al mondo. Sbaglierebbero, Berlusconi e i suoi, a sottovalutarli. Per restare all’Italia e al suo passato prossimo, converrà ricordare che fu un ardente predicatore gesuita, padre Lombardi, non per caso allora detto il «microfono di Dio», a inventarsi la «mobilitazione» anticomunista che, tramite i Comitati civici di Gedda, portò alla vittoria del 18 aprile 1948. Anzi, per l’esattezza quel «piano» era stato sottoposto a Monsignor Montini dal direttore della «Civiltà Cattolica», padre Giacomo Martegani, quando De Gasperi «sbarcò» il pci dal governo. Per anni e anni i capi democristiani ebbero addosso l’occhiuta attenzione degli autorevoli residenti di Villa Malta: padre Oddone, padre Brucculeri, padre Messineo che costantemente puntualizzavano, ammonivano, legittimavano e consigliavano i potenti in nome di un’Autorità Superiore. Ma anche sul terreno profano, o peggio, si trova un network di gesuiti utilissimi (a Fanfani) durante il caso Montesi. Poi, negli anni Settanta, padre Sorge e la «ricomposizione» dell’area cattolica, come dire l’ossigeno alla dc dopo il divorzio. E padre Pintacuda, detto anche «padre Barracuda», in ogni caso la primavera di Leoluca Orlando. Un gesuita che ora - per dire anche la mobilità - sta con Forza Italia. E magari potrebbe spiegare proprio lui, a Berlusconi, il senso dell’articolo di «Civiltà Cattolica». E di farci un pensierino su.

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