Da Corriere della Sera del 07/05/2003

«Voto in Parlamento sulla missione Iraq»

L’annuncio del ministro Martino dopo l’incontro con Rumsfeld. Partenza ai primi di giugno

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Le forze italiane partiranno per l'Iraq solo dopo che il Parlamento ne avrà approvato e finanziato la missione. Lo annuncia il ministro della difesa Antonio Martino, precisando che si andrà al voto ai primi di giugno e che la partenza sarà immediatamente successiva. In una breve conferenza stampa all'ambasciata italiana, Martino rettifica una sua precedente dichiarazione secondo cui il placet parlamentare non sarebbe stato necessario: «E' un equivoco - spiega - mi riferivo alla specificazione e alla composizione del nostro corpo, non ai suoi compiti». Il corpo, aggiunge poi, comprenderà da 2.500 a 3.000 uomini, comanderà un settore all'interno della zona sud affidata alla Gran Bretagna, e se tutto andrà bene rimpatrierà dopo un anno. Sulla questione il ministro riferirà alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato il 13 maggio. E' una messa a punto che rasserena l'atmosfera dopo le ultime polemiche in Italia. Il ministro la compie a conclusione dei suoi colloqui con il collega americano Donald Rumsfeld, con il segretario di stato Colin Powell, con il consigliere per la sicurezza della Casa Bianca Condoleezza Rice. Martino, che ammette anche di essere candidato alla successione di George Robertson a segretario della Nato, non dubita del «sì» del nostro Parlamento. Conclude che potrebbe anche venire facilitato tra qualche giorno o settimana da una risoluzione all'Onu sulla revoca delle sanzioni contro Bagdad.

L'ITALIA - Martino riferisce che l'America non ha deciso se dividere l'Iraq in tre zone o in quattro, ma esclude che l'Italia chieda il comando della quarta: «Non bisogna mai fare il passo più lungo della gamba, abbiamo già 11 mila uomini impegnati all'estero». Precisa che i 2.500-3.000 militari in Iraq proverranno «da tutti i corpi delle forze armate, non solo carabinieri e genieri», e avranno compiti vari: sminamento, protezione civili, auto sicurezza, anche ricostruzione. Il costo dovrebbe essere di 350 milioni di euro per sei mesi. Numerosi Paesi, aggiunge il ministro, si sono già offerti di fiancheggiare l'Italia nel suo settore, «un sintomo della altissima stima di cui godono i nostri soldati». Il comando sarebbe italiano e si coordinerebbe con quello inglese, che sovrintenderebbe all'intera zona sud, senza esserne tuttavia dipendente. Se ne discuterà dopodomani a Londra.

IL PARLAMENTO - Martino sottolinea che dovrebbe varare altresì un nuovo ordinamento militare per consentire alle truppe di operare meglio in Iraq: «Avvertiamo il bisogno di un statuto giuridico moderno, perché spesso le missioni di pace sono in realtà operazioni militari armate». Il placet parlamentare alla missione sarebbe per sei mesi, rinnovabili «sul modello dei Balcani». Il ministro afferma che se anche non ci fosse una risoluzione dell'Onu, la missione sarebbe legittima. «Non si tratterebbe di un'invasione, ma di un aiuto alla ripresa economica e democratizzazione di un Paese appena liberato».

LA NATO - Soffermandosi sull'ampliamento dell'Alleanza e sul superamento dei contrasti tra la Germania e la Francia da un lato e l'America e la Gran Bretagna dall'altro a causa della guerra all'Iraq, Martino risponde a una domanda sulla successione a Robertson. «Si è accennato al mio nome», dice. «Lo hanno fatto altri, non c'è stata una auto candidatura né una proposta del governo italiano. Sono molto lusingato, ma nessuno accetterebbe responsabilmente un incarico così oneroso senza riflettere. C'è tempo, perché il mandato di Robertson scade alla fine dell'anno».

L'AMERICA - L'eventualità che l'Iraq venga diviso in quattro e non tre zone militari sotto il comando unificato americano è prospettata a Varsavia da Marec Siwiec, il direttore della sicurezza nazionale polacca. Siwiec parla di «coordinamento» da parte del Pentagono ma di fatto l'Iraq sarebbe un protettorato Usa. Il presidente Bush lo conferma con la nomina di Paul Bremer ad «amministratore civile», ossia governatore, a una cerimonia alla Casa Bianca. Il Pentagono svela di avere messo le mani su «un possibile laboratorio chimico o batteriologico», un camion scoperto ad aprile, ma di aspettare dei test.

LA POLONIA - Mette in difficoltà la Germania proponendone la partecipazione alla forza multinazionale, senza peraltro consultarla. Lunedì sera, in un incontro con Rumsfeld, il suo ministro della difesa Jerzy Szmajdzinski ha caldeggiato a sorpresa l'impiego in Iraq della brigata polacco-tedesco- danese di stanza nel nord del suo Paese, causando un giallo diplomatico. S'ignora la reazione di Rumsfeld, ma a Berlino il ministro della difesa tedesco Peter Struck definisce la proposta «assolutamente sorprendente». Struck evidenzia che Rumsfeld, incontrato da lui dopo Szmajdzinski, non ha accennato alla questione, ma promette di discuterla con il cancelliere Schröder.

LA SPAGNA - Il premier spagnolo José Aznar, ieri a New York per un lungo colloquio con il segretario dell'Onu Kofi Annan, chiederebbe a Bush il controllo della quarta zona dell'Iraq, che il presidente americano preferirebbe invece affidare a una nazione islamica per ragioni d'immagine.

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