Da Corriere della Sera del 17/04/2003
La Banca centrale americana le trasporta a Bagdad per pagare gli stipendi statali e combattere l’inflazione
Il dollaro «conquista» l’Iraq, le banconote arrivano in aereo
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Ponte aereo tra la Federal Reserve Bank di New York e l'Iraq. Da ieri, la Banca centrale americana trasporta banconote da 1 a 5 dollari a Bagdad. Servono per pagare fino a 2 milioni e mezzo di statali iracheni, civili e militari e, si spera, a combattere l'inflazione, che è arrivata al 70 per cento. A partire dal fine settimana, in Iraq ogni dipendente pubblico prenderà 20 dollari al mese in piccoli tagli, poco più della media dei salari e degli stipendi dell'epoca Saddam. La Casa Bianca definisce la misura «di emergenza» e spiega che il dinaro ha subito troppi contraccolpi, e bisogna stabilizzare il sistema monetario.
Ma il mondo arabo, colto di sorpresa, protesta: vede nella incipiente dollarizzazione la conferma che l'Iraq diverrà un protettorato Usa.
La partenza degli aerei carichi di dollari da New York è emblematica degli enormi problemi che l'amministrazione è chiamata a risolvere in Iraq. Prima della guerra un dollaro valeva 2.500 dinari, adesso ne vale 2.800. Ma le banconote da 10 mila dinari, saccheggiate dalla folla negli assalti alle banche, non sono più accettate, perché si teme che vengano tolte dalla circolazione.
Sommata alla scarsità di beni, la scarsità di moneta circolante potrebbe fare esplodere l'inflazione e scatenare la furia popolare. Di qui l'intervento della Federal Reserve Bank, che attinge al fondo di un 1 miliardo 700 milioni di dollari di beni iracheni congelati negli Usa.
Secondo la Casa Bianca, l'uscita di scena di Saddam Hussein e l'ingresso di George Washington, sia pure solo in effigie nelle banconote da un dollaro, non impediranno all’Iraq libero di scegliersi la propria valuta. «Potrebbe tornare al dinaro di prima del raìs, ancora in vigore nel nord dei curdi, il dinaro cosiddetto svizzero perché stampato in Svizzera», ha dichiarato un portavoce, «oppure adottarne uno nuovo». Il portavoce ha aggiunto che «al momento circolano in Iraq anche l'euro e monete arabe», e ha ricordato che l'Afghanistan, dopo averlo usato qualche mese, abbandonò il dollaro: «Volle la sua divisa a simbolo dell'unità nazionale».
Proprio il riferimento all'Afghanistan, tuttavia, ha rafforzato i dubbi sulla diplomazia del dollaro americana. All'Afghanistan, la Casa Bianca consigliò l'adozione del dollaro per le transazioni governative e con l'estero, e quella della locale moneta per il resto. In Iraq inoltre, occorrerebbero da sei mesi a un anno per la ricostituzione di un sistema bancario. E' un tempo più che sufficiente per la sua dollarizzazione di fatto. I Paesi arabi più ostili agli Stati Uniti sospettano che sia una mossa per prevenire il boicottaggio del dollaro a vantaggio dell'euro nel Golfo Persico e in Medio Oriente, una guerra santa monetaria come proposto da alcuni leader religiosi islamici che vorrebbero mettere in ginocchio Wall Street.
Non è escluso che ai 20 dollari mensili agli statali facciano presto seguito 50 dollari mensili ai dirigenti e i tecnici dell'industria petrolifera, l'equivalente di quello che pagava il raìs. Rilanciare il petrolio iracheno è il primo obbiettivo della Casa bianca.
Ma il mondo arabo, colto di sorpresa, protesta: vede nella incipiente dollarizzazione la conferma che l'Iraq diverrà un protettorato Usa.
La partenza degli aerei carichi di dollari da New York è emblematica degli enormi problemi che l'amministrazione è chiamata a risolvere in Iraq. Prima della guerra un dollaro valeva 2.500 dinari, adesso ne vale 2.800. Ma le banconote da 10 mila dinari, saccheggiate dalla folla negli assalti alle banche, non sono più accettate, perché si teme che vengano tolte dalla circolazione.
Sommata alla scarsità di beni, la scarsità di moneta circolante potrebbe fare esplodere l'inflazione e scatenare la furia popolare. Di qui l'intervento della Federal Reserve Bank, che attinge al fondo di un 1 miliardo 700 milioni di dollari di beni iracheni congelati negli Usa.
Secondo la Casa Bianca, l'uscita di scena di Saddam Hussein e l'ingresso di George Washington, sia pure solo in effigie nelle banconote da un dollaro, non impediranno all’Iraq libero di scegliersi la propria valuta. «Potrebbe tornare al dinaro di prima del raìs, ancora in vigore nel nord dei curdi, il dinaro cosiddetto svizzero perché stampato in Svizzera», ha dichiarato un portavoce, «oppure adottarne uno nuovo». Il portavoce ha aggiunto che «al momento circolano in Iraq anche l'euro e monete arabe», e ha ricordato che l'Afghanistan, dopo averlo usato qualche mese, abbandonò il dollaro: «Volle la sua divisa a simbolo dell'unità nazionale».
Proprio il riferimento all'Afghanistan, tuttavia, ha rafforzato i dubbi sulla diplomazia del dollaro americana. All'Afghanistan, la Casa Bianca consigliò l'adozione del dollaro per le transazioni governative e con l'estero, e quella della locale moneta per il resto. In Iraq inoltre, occorrerebbero da sei mesi a un anno per la ricostituzione di un sistema bancario. E' un tempo più che sufficiente per la sua dollarizzazione di fatto. I Paesi arabi più ostili agli Stati Uniti sospettano che sia una mossa per prevenire il boicottaggio del dollaro a vantaggio dell'euro nel Golfo Persico e in Medio Oriente, una guerra santa monetaria come proposto da alcuni leader religiosi islamici che vorrebbero mettere in ginocchio Wall Street.
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