Da Corriere della Sera del 31/03/2003
Contrasti con i generali, Rumsfeld si difende
Il capo del Pentagono attribuisce la responsabilità a Franks: «Il piano è suo ed è brillante». Frecciata a Powell
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Per Donald Rumsfeld, l’architetto della «Operazione libertà per l'Iraq», è il giorno delle smentite. La smentita di una lunga pausa nella offensiva militare e nella marcia su Bagdad. La smentita che si discuta un cessate il fuoco. La smentita che sia stato lui, il ministro della Difesa, e non i generali, ad aver preparato il piano di guerra. La smentita che abbia rifiutato rinforzi al fronte, come scrive Seymour Hersh, il mastino della rivista New Yorker . «Il piano è di Tommy Franks - insiste Rumsfeld alle tv - ed è brillante. Ci porterà a un trionfo». Del resto il capo del Pentagono ha sottolineato come il generale «avesse perduto l’effetto sorpresa nello scatenare l’attacco» per il lungo tempo concesso alla diplomazia. Un chiaro riferimento alla politica del segretario di Stato Colin Powell.
Tommy Franks, il generale vincitore dell'Afghanistan e comandante dell'operazione, compagno di scuola della first Lady Laura in Texas, ha dato a sua volta una sfilza di smentite. E' sotto processo come Rumsfeld perché l'America ha capito che il conflitto non si risolverà in due o tre settimane, forse neppure in due o tre mesi.
Le interviste di Rumsfeld in tv sono un capolavoro di relazioni pubbliche, un tentativo di rassicurare l'America che tutto va bene, una furente denuncia degli «squadroni della morte» nemici. Ma il fatto che il ministro sia sulla difensiva, e che scarichi su Franks la responsabilità dell'andamento della guerra segnala una svolta cruciale. Tutti sanno che è stato Rumsfeld, cultore delle più sofisticate tecnologie militari e delle operazioni lampo, a dettare la strategia in Iraq. Ma il suo fiasco iniziale ha creato una spaccatura tra i politici e i generali, rileva il Washington Post . Da adesso, aggiunge il giornale, decideranno i generali, persuasi che la guerra «debba ricominciare daccapo» e che durerà «sino a estate inoltrata». Nelle interviste alle tv Fox e Abc , Rumsfeld rifiuta però di prendere atto dello smacco. Ammette che «la fase più sanguinosa e pericolosa», quella dell'assedio e forse della guerriglia a Bagdad, deve ancora venire. Ma descrive i primi dieci giorni di guerra come un enorme successo: gli Usa hanno fatto 4.500 prigionieri, non c'è stata nessuna tragedia umanitaria, alcuni comandanti militari iracheni continuano a negoziare la resa. «La guerra è cominciata solo da 10 giorni - ha detto alla Abc - è presto per fare l’autopsia dei nostri piani». Rumsfeld anzi pronostica un crollo improvviso del regime «come avvenne in Romania», in un implicito paragone tra Saddam e Ceausescu. E non esclude che il raìs sia morto o incapacitato, visto che la sua guardia del corpo è stata ora assegnata al ministro della Difesa iracheno, e riferisce che «familiari dei leader si sono rifugiati in Siria». Rumsfeld non demorde neppure sulla Russia, la Siria e l'Iran, che a suo parere continuano ad aiutare l'Iraq. Confida che smetteranno, «perché da noi ripetutamente avvertiti».
Tommy Franks, il generale vincitore dell'Afghanistan e comandante dell'operazione, compagno di scuola della first Lady Laura in Texas, ha dato a sua volta una sfilza di smentite. E' sotto processo come Rumsfeld perché l'America ha capito che il conflitto non si risolverà in due o tre settimane, forse neppure in due o tre mesi.
Le interviste di Rumsfeld in tv sono un capolavoro di relazioni pubbliche, un tentativo di rassicurare l'America che tutto va bene, una furente denuncia degli «squadroni della morte» nemici. Ma il fatto che il ministro sia sulla difensiva, e che scarichi su Franks la responsabilità dell'andamento della guerra segnala una svolta cruciale. Tutti sanno che è stato Rumsfeld, cultore delle più sofisticate tecnologie militari e delle operazioni lampo, a dettare la strategia in Iraq. Ma il suo fiasco iniziale ha creato una spaccatura tra i politici e i generali, rileva il Washington Post . Da adesso, aggiunge il giornale, decideranno i generali, persuasi che la guerra «debba ricominciare daccapo» e che durerà «sino a estate inoltrata». Nelle interviste alle tv Fox e Abc , Rumsfeld rifiuta però di prendere atto dello smacco. Ammette che «la fase più sanguinosa e pericolosa», quella dell'assedio e forse della guerriglia a Bagdad, deve ancora venire. Ma descrive i primi dieci giorni di guerra come un enorme successo: gli Usa hanno fatto 4.500 prigionieri, non c'è stata nessuna tragedia umanitaria, alcuni comandanti militari iracheni continuano a negoziare la resa. «La guerra è cominciata solo da 10 giorni - ha detto alla Abc - è presto per fare l’autopsia dei nostri piani». Rumsfeld anzi pronostica un crollo improvviso del regime «come avvenne in Romania», in un implicito paragone tra Saddam e Ceausescu. E non esclude che il raìs sia morto o incapacitato, visto che la sua guardia del corpo è stata ora assegnata al ministro della Difesa iracheno, e riferisce che «familiari dei leader si sono rifugiati in Siria». Rumsfeld non demorde neppure sulla Russia, la Siria e l'Iran, che a suo parere continuano ad aiutare l'Iraq. Confida che smetteranno, «perché da noi ripetutamente avvertiti».
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