Da La Stampa del 28/03/2003
Saddam aspetta l'ultima carica
di Igor Man
LA Gran Madre di tutte le Battaglie non s’è vista. (Finora). Sempreché
non si manifesti nelle improvvide sortite irachene delle ultime ore che han visto l’aviazione alleata triturare centinaia e centinaia di uomini e tanks mandati al macello dal Grande Stratega, lui: Saddam. Chi conosce quei luoghi, quella gente, non si stupirebbe se la Gran Madre di tutte le Battaglie si traducesse in una disperata carica finale dei carristi fedeli a Saddam sul modulo di quelle, a cavallo, dei polacchi contro i corazzati nemici.
Anche i blindati iracheni, convinti di farcela come i cavalieri polacchi eroicoromantici? No. A spingere gli iracheni all’assalto un propellente furioso, chiamato «odio». Sì, perché se è vero che ragazzi islamici adorano le t-shirt sognano McDonald’s è anche vero che per loro il Grande Satana sia l’Occidente, incarnato negli Stati Uniti «complici del Piccolo Satana Israele», confiscatore della Palestina.
Di più: gli attacchi forsennati, «militarmente una imbecillità» secondo
il metro cartesiano con cui giudichiamo gli accadimenti, si iscrivono in quello spazio mentale ambiguo ch’è l’Utopia (negativa) islamica, segnatamente araba. Essa sconfigge la realtà e in forza della assabya, cioè ilmododi analizzare la società nonin base all’individuo singolo bensì nel suo complesso (globalmente, diremmo oggi), le masse arabe (esistono, esistono) potrebbero vedere in Saddam non il Tiranno stalinista, infine sconfitto, ma il «martire vittorioso».
Questo perché nell’ambito dell’Utopia ogni contraddizione viene annullata: la vittoria e/o la sconfitta sono viste, entrambe, come parentesi della Storia. Un giorno la parentesi si aprirà. Va aggiunto come lo stato d’animo del musulmano sia perentoriamente associato alla fede sicché l’arabo (magari a livello inconscio) non conosce confini fuor da quelli che separano il Dar al-islàm dal Dar al-Harb, cioè l’islàm dal mondo degli infedeli. E non conta che l’Iraq sia una nazione piuttosto laica perché nella cultura islamica il politico, il sociale, il religioso sono un tutt’uno.
L’utopia di cui si è detto, siede fra la realtà onirica quella effettiva. Ne viene che Saddam, alla fine, potrebbe sfangarla proprio grazie ai «raîss» che lo odiano. Nessuno si stupirebbe se dopo l’ultima carica Saddam venisse caricato su di un aereo e portato in salvo, magari in Ucraina. Oggi mondo arabo-islamico ribolle come il famoso «minestrone» di Malraux. Raîss e sovrani auscultano angosciati il sottosuolo dove fermenta il grande scontento popolare.
Se salvassero Saddam, allungherebbero (forse) la loro sopravvivenza. Perché no? L’odiatissimo Saddam mutato in salvifica polizza sulla vita? Last but not least: sembra oramaisicuro che i prigionieri americani (se non tutti, qualcuno) siano stati torturati, uccisi a bruciapelo, oltraggiati dopo morti. Già visto: nel luglio del 1958, a Baghdad, golpe nasseriano di Kassem portò allo sterminio della famiglia reale hascemita e dei suoi fedeli. Li fecero letteralmente a pezzi. A chi scrive vennero offerti tocchi di carne (umana) tumefatta a tre fils (centesimi) l’uno. Quei bravi popolani garantivano al giornalista infedele trattarsi di lembi di carne del walid: il tristo Nuri el-Said,
primo ministro. Come dice l’Ecclesiaste, non c’è nulla di nuovo sotto
il sole.
non si manifesti nelle improvvide sortite irachene delle ultime ore che han visto l’aviazione alleata triturare centinaia e centinaia di uomini e tanks mandati al macello dal Grande Stratega, lui: Saddam. Chi conosce quei luoghi, quella gente, non si stupirebbe se la Gran Madre di tutte le Battaglie si traducesse in una disperata carica finale dei carristi fedeli a Saddam sul modulo di quelle, a cavallo, dei polacchi contro i corazzati nemici.
Anche i blindati iracheni, convinti di farcela come i cavalieri polacchi eroicoromantici? No. A spingere gli iracheni all’assalto un propellente furioso, chiamato «odio». Sì, perché se è vero che ragazzi islamici adorano le t-shirt sognano McDonald’s è anche vero che per loro il Grande Satana sia l’Occidente, incarnato negli Stati Uniti «complici del Piccolo Satana Israele», confiscatore della Palestina.
Di più: gli attacchi forsennati, «militarmente una imbecillità» secondo
il metro cartesiano con cui giudichiamo gli accadimenti, si iscrivono in quello spazio mentale ambiguo ch’è l’Utopia (negativa) islamica, segnatamente araba. Essa sconfigge la realtà e in forza della assabya, cioè ilmododi analizzare la società nonin base all’individuo singolo bensì nel suo complesso (globalmente, diremmo oggi), le masse arabe (esistono, esistono) potrebbero vedere in Saddam non il Tiranno stalinista, infine sconfitto, ma il «martire vittorioso».
Questo perché nell’ambito dell’Utopia ogni contraddizione viene annullata: la vittoria e/o la sconfitta sono viste, entrambe, come parentesi della Storia. Un giorno la parentesi si aprirà. Va aggiunto come lo stato d’animo del musulmano sia perentoriamente associato alla fede sicché l’arabo (magari a livello inconscio) non conosce confini fuor da quelli che separano il Dar al-islàm dal Dar al-Harb, cioè l’islàm dal mondo degli infedeli. E non conta che l’Iraq sia una nazione piuttosto laica perché nella cultura islamica il politico, il sociale, il religioso sono un tutt’uno.
L’utopia di cui si è detto, siede fra la realtà onirica quella effettiva. Ne viene che Saddam, alla fine, potrebbe sfangarla proprio grazie ai «raîss» che lo odiano. Nessuno si stupirebbe se dopo l’ultima carica Saddam venisse caricato su di un aereo e portato in salvo, magari in Ucraina. Oggi mondo arabo-islamico ribolle come il famoso «minestrone» di Malraux. Raîss e sovrani auscultano angosciati il sottosuolo dove fermenta il grande scontento popolare.
Se salvassero Saddam, allungherebbero (forse) la loro sopravvivenza. Perché no? L’odiatissimo Saddam mutato in salvifica polizza sulla vita? Last but not least: sembra oramaisicuro che i prigionieri americani (se non tutti, qualcuno) siano stati torturati, uccisi a bruciapelo, oltraggiati dopo morti. Già visto: nel luglio del 1958, a Baghdad, golpe nasseriano di Kassem portò allo sterminio della famiglia reale hascemita e dei suoi fedeli. Li fecero letteralmente a pezzi. A chi scrive vennero offerti tocchi di carne (umana) tumefatta a tre fils (centesimi) l’uno. Quei bravi popolani garantivano al giornalista infedele trattarsi di lembi di carne del walid: il tristo Nuri el-Said,
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il sole.
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