Da Il Messaggero del 21/03/2003
Originale su http://ilmessaggero.caltanet.it/hermes/20030321/01_NAZIONALE/5/J.htm
Lega Araba sconfitta
Nulla in Medio Oriente sarà più come prima
di Marcella Emiliani
CON l'inizio della guerra in Iraq e i primi Scud piovuti in Kuwait, l'intero mondo arabo è entrato in un tunnel molto buio fatto di impotenza, paura e fosche premonizioni. La Lega araba continuerà a indire summit e riunioni, ma da ieri deve incassare la bruciante sconfitta di non esser riuscita a trovare uno straccio di soluzione regionale che impedisse lo scoppio della guerra.
Saddam non si è fatto convincere da nessuno dei suoi "fratelli" ad abbandonare il timone del Titanic-Iraq, anzi li ha sfidati per l'ennesima volta rimanendo impavido al suo posto, pronto ad essere immortalato come l'unico, vero eroe arabo del Terzo Millennio.
Per la Lega poi la sconfitta è ancora più bruciante perché - a differenza del 1990-1991 - quando non riuscì a convincere il rais di Baghdad a ritirarsi dal Kuwait, questa volta la stragrande maggioranza dei suoi membri era (e continua ad essere) contraria alla guerra e dunque aveva in mano qualche argomento in più per premere su Saddam. Ora invece i paesi arabi si vengono a ritrovare in un limbo di ambiguità, foriero solo di cose negative: da una parte molti di loro (vedi Arabia Saudita, Giordania, Emirati e ovviamente il Kuwait già preso di mira) devono comunque affidarsi alle armi americane per difendersi dagli eventuali Scud iracheni (nella peggiore delle ipotesi corredati con testate chimiche o biologiche); dall'altra tutti devono continuare ufficialmente a biasimare «l'aggressione degli Stati Uniti all'Iraq» se vogliono mantenere calme le proprie piazze, aizzate dallo stesso Saddam a rivoltarsi contro i loro governanti, nel nome della fratellanza araba e del jihad islamico.
Ovvio che la paura dilaghi nelle stanze del potere al Cairo, come ad Amman, a Ryiad come a Damasco o Beirut. Chi teme più di tutti ovviamente sono i più deboli e nella fattispecie i palestinesi che ieri, a nord della Striscia di Gaza, hanno manifestato per primi contro l'inizio della guerra in Iraq. I palestinesi sanno che il loro arcinemico Sharon è stato il primo ad essere informato da Colin Powell che gli Stati Uniti avrebbero attaccato; sanno che Israele - vista la straordinaria sintonia con l'amministrazione Bush - avrà non solo facoltà di rispondere con le armi ad eventuali attacchi iracheni, ma userà la guerra in Iraq come "copertura" per inasprire la repressione nei Territori; sanno soprattutto che nella migliore delle ipotesi verrà confezionata per loro una "pace di ferro" nel nuovo Medio Oriente post-Saddam, in cui dovranno subire come non mai le condizioni loro imposte dal duo Sharon-Bush.
Il Medio Oriente dopo Saddam: questa è la grande e temutissima incognita per tutti gli arabi. La nuova geografia politica della regione dipenderà innanzitutto dall'andamento della guerra, ma nel bene come nel male le cose non potranno più tornare come prima.
Saddam non si è fatto convincere da nessuno dei suoi "fratelli" ad abbandonare il timone del Titanic-Iraq, anzi li ha sfidati per l'ennesima volta rimanendo impavido al suo posto, pronto ad essere immortalato come l'unico, vero eroe arabo del Terzo Millennio.
Per la Lega poi la sconfitta è ancora più bruciante perché - a differenza del 1990-1991 - quando non riuscì a convincere il rais di Baghdad a ritirarsi dal Kuwait, questa volta la stragrande maggioranza dei suoi membri era (e continua ad essere) contraria alla guerra e dunque aveva in mano qualche argomento in più per premere su Saddam. Ora invece i paesi arabi si vengono a ritrovare in un limbo di ambiguità, foriero solo di cose negative: da una parte molti di loro (vedi Arabia Saudita, Giordania, Emirati e ovviamente il Kuwait già preso di mira) devono comunque affidarsi alle armi americane per difendersi dagli eventuali Scud iracheni (nella peggiore delle ipotesi corredati con testate chimiche o biologiche); dall'altra tutti devono continuare ufficialmente a biasimare «l'aggressione degli Stati Uniti all'Iraq» se vogliono mantenere calme le proprie piazze, aizzate dallo stesso Saddam a rivoltarsi contro i loro governanti, nel nome della fratellanza araba e del jihad islamico.
Ovvio che la paura dilaghi nelle stanze del potere al Cairo, come ad Amman, a Ryiad come a Damasco o Beirut. Chi teme più di tutti ovviamente sono i più deboli e nella fattispecie i palestinesi che ieri, a nord della Striscia di Gaza, hanno manifestato per primi contro l'inizio della guerra in Iraq. I palestinesi sanno che il loro arcinemico Sharon è stato il primo ad essere informato da Colin Powell che gli Stati Uniti avrebbero attaccato; sanno che Israele - vista la straordinaria sintonia con l'amministrazione Bush - avrà non solo facoltà di rispondere con le armi ad eventuali attacchi iracheni, ma userà la guerra in Iraq come "copertura" per inasprire la repressione nei Territori; sanno soprattutto che nella migliore delle ipotesi verrà confezionata per loro una "pace di ferro" nel nuovo Medio Oriente post-Saddam, in cui dovranno subire come non mai le condizioni loro imposte dal duo Sharon-Bush.
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