La festa è finita. La scomparsa del petrolio, le nuove guerre, il futuro dell'energia
Edito da Fazi, 2004
275 pagine, € 18,50
ISBN 8881125129
di Richard Heinberg
Quarta di copertina
La produzione mondiale di petrolio raggiungerà un picco nei prossimi anni, poi a partire da non oltre il 2010-2014 (ma secondo alcuni studiosi già dal 2005-2006) decadrà inevitabilmente, con conseguenze epocali per l’economia dei paesi occidentali e del mondo intero. Su questo fatto, descritto dalle ultime revisioni della curva di Hubbert (lo stesso strumento matematico che previde con vent’anni d’anticipo il picco della produzione di petrolio statunitense per il 1970) e colpevolmente trascurato dall’informazione di massa, concordano oggi la gran parte degli studiosi. Non solo: anche il ricorso a energie alternative non potrà consentire alle società industriali di mantenere il loro attuale livello di produzione e di consumi.
La festa è finita del californiano Richard Heinberg tratta del nostro futuro con realismo, dipingendo il ruolo che la corsa al petrolio ha avuto nella storia dell’industrializzazione occidentale, prefigurando scenari di guerra per le risorse in Medio Oriente, Asia Centrale e Sud America e tracciando una strategia globale da assumere di fronte alla crisi. Il mondo si troverà a dover gestire una transizione a una produzione meno frenetica, sostenibile e fondata soprattutto su risorse alternative: capitale sarà allora il ruolo degli Stati Uniti, il maggior consumatore di energia e la maggior potenza militare del mondo, che dovrà accettare di coordinare la propria azione con quella della comunità internazionale. In assenza di questa disponibilità, l’umanità rischia di vivere un regresso profondo verso nuovi secoli bui.
Il libro di Heinberg non è solo, però, un grido d’allarme, ma è ricco di indicazioni positive a vari livelli. La comunità internazionale, le comunità locali, gli individui, ciascuno può e deve fin da oggi compiere passi concreti per affrontare al meglio la “fine della festa”: questo libro spiega quali, con ammirevole onestà e chiarezza.
La produzione mondiale di petrolio raggiungerà un picco nei prossimi anni, poi a partire da non oltre il 2010-2014 (ma secondo alcuni studiosi già dal 2005-2006) decadrà inevitabilmente, con conseguenze epocali per l’economia dei paesi occidentali e del mondo intero. Su questo fatto, descritto dalle ultime revisioni della curva di Hubbert (lo stesso strumento matematico che previde con vent’anni d’anticipo il picco della produzione di petrolio statunitense per il 1970) e colpevolmente trascurato dall’informazione di massa, concordano oggi la gran parte degli studiosi. Non solo: anche il ricorso a energie alternative non potrà consentire alle società industriali di mantenere il loro attuale livello di produzione e di consumi.
La festa è finita del californiano Richard Heinberg tratta del nostro futuro con realismo, dipingendo il ruolo che la corsa al petrolio ha avuto nella storia dell’industrializzazione occidentale, prefigurando scenari di guerra per le risorse in Medio Oriente, Asia Centrale e Sud America e tracciando una strategia globale da assumere di fronte alla crisi. Il mondo si troverà a dover gestire una transizione a una produzione meno frenetica, sostenibile e fondata soprattutto su risorse alternative: capitale sarà allora il ruolo degli Stati Uniti, il maggior consumatore di energia e la maggior potenza militare del mondo, che dovrà accettare di coordinare la propria azione con quella della comunità internazionale. In assenza di questa disponibilità, l’umanità rischia di vivere un regresso profondo verso nuovi secoli bui.
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