Da Famiglia cristiana del 16/07/2006
Originale su http://www.stpauls.it/fc/0629fc/0629f162.htm
Il tempo "liberato"
di Franca Zambonini
La nuova tendenza è lavorare di meno per vivere meglio. Il valore del tempo come scoperta di una dimensione umana e familiare. Più ferie al posto di un aumento di stipendio. «Perdere tempo è un buon modo di impiegare il tempo», dicono i cinesi.
Ho citato nell’Arrivederci sul tempo perduto (FC n. 27) il minatore Stakanov che diventò "eroe dell’Urrs" perché lavorava 90 ore la settimana; dal suo nome deriva l’aggettivo stakanovista. Il suo precursore americano, ma nella finzione del cinema, era Charlie Chaplin in un film di protesta, satira geniale della schiavitù in fabbrica: Tempi moderni. L’operaio Charlot imbullona dadi a un ritmo folle, finisce dentro gli ingranaggi della macchina, viene licenziato, trova un posto da cameriere, salva una ragazza povera (Paulette Goddard) e nel lieto fine fugge con lei verso una vita meno alienata.
Il film di Chaplin è uscito nel 1936, giusto settanta anni fa. All’epoca l’operaio di un Paese industrializzato lavorava in media 2.550 ore all’anno. Oggi la media è scesa sulle 1.600 ore. Noi italiani non abbiamo la fama di sgobboni. E invece, secondo dati recenti, lavoriamo più degli altri europei, tra straordinari, secondo lavoro, lavoro in nero, lavoro regalato alle aziende da chi si ferma oltre l’orario d’ufficio.
A dar retta allo scrittore Luciano De Crescenzo, occorre sfatare anche la diceria che al Sud si lavori meno che al Nord (qui si parla di occupati, si capisce; la sofferenza di chi non ha un lavoro è uguale dappertutto): «Quando ero all’Ibm di Napoli si stava in ufficio fino alle nove di sera. Il trasferimento a Milano mi terrorizzava... Scoprii invece che lassù le imprese di pulizia ti fanno sloggiare alle sei».
È vero che il lavoro produce ricchezza. Ma la produce anche il tempo libero, sia per i consumi che ne derivano, sia per i doni che porta. Gite culturali, pellegrinaggi, vacanze esotiche, attività sportive; la lettura, la passione per un hobby, la contemplazione della natura; le amicizie, le passeggiate al parco con i figlioletti; il cinema, il teatro, i concerti; la cura del giardino e dell’orto, le partite a carte, le quattro chiacchiere al bar e chissà quante altre "ricreazioni" sto dimenticando. Il tempo libero diventa tempo liberato; non da sciupare nella pigrizia, ma per migliorare la nostra vita e ritrovare noi stessi.
Ci aspettano le vacanze, momento ideale per apprezzare il valore del tempo. Si sta diffondendo la richiesta di un nuovo tipo di benefit, i riconoscimenti delle aziende ai dipendenti: al posto di un aumento di stipendio, di un bonus in denaro, di un viaggio premio, molti preferiscono un’aggiunta di ferie. Guadagnare giorni di vacanza vale più che accumulare soldi. È la scoperta di una dimensione umana, al di là dell’ansia da prestazioni lavorative, della corsa agli scatti di carriera che impongono rinunce personali e familiari.
"Di meno di più", si potrebbe dire a chi non si fa espropriare la vita accanendosi sul lavoro e sugli impegni. I tempi morti diventano tempi vivi. Il vecchio detto: «Il tempo è denaro» va sostituito con: «Il tempo è una risorsa». L’otium che gli antichi Romani opponevano al negotium significava la capacità di vivere bene, un talento da coltivare lontani dalle incombenze (ma era un privilegio solo degli aristocratici, che potevano permettersi di restare nullafacenti perché le fatiche le accollavano sugli schiavi).
Avvertiva Erich Fromm, psicanalista tedesco (1900-1980): «L’uomo moderno pensa di perdere qualcosa del tempo quando non fa le cose in fretta; però non sa cosa fare del tempo che guadagna, tranne ammazzarlo». Finalmente possiamo smentirlo.
I cinesi hanno un gioco di parole: «Perdere tempo non è una perdita di tempo, ma un buon modo di impiegare il tempo».
Ho citato nell’Arrivederci sul tempo perduto (FC n. 27) il minatore Stakanov che diventò "eroe dell’Urrs" perché lavorava 90 ore la settimana; dal suo nome deriva l’aggettivo stakanovista. Il suo precursore americano, ma nella finzione del cinema, era Charlie Chaplin in un film di protesta, satira geniale della schiavitù in fabbrica: Tempi moderni. L’operaio Charlot imbullona dadi a un ritmo folle, finisce dentro gli ingranaggi della macchina, viene licenziato, trova un posto da cameriere, salva una ragazza povera (Paulette Goddard) e nel lieto fine fugge con lei verso una vita meno alienata.
Il film di Chaplin è uscito nel 1936, giusto settanta anni fa. All’epoca l’operaio di un Paese industrializzato lavorava in media 2.550 ore all’anno. Oggi la media è scesa sulle 1.600 ore. Noi italiani non abbiamo la fama di sgobboni. E invece, secondo dati recenti, lavoriamo più degli altri europei, tra straordinari, secondo lavoro, lavoro in nero, lavoro regalato alle aziende da chi si ferma oltre l’orario d’ufficio.
A dar retta allo scrittore Luciano De Crescenzo, occorre sfatare anche la diceria che al Sud si lavori meno che al Nord (qui si parla di occupati, si capisce; la sofferenza di chi non ha un lavoro è uguale dappertutto): «Quando ero all’Ibm di Napoli si stava in ufficio fino alle nove di sera. Il trasferimento a Milano mi terrorizzava... Scoprii invece che lassù le imprese di pulizia ti fanno sloggiare alle sei».
È vero che il lavoro produce ricchezza. Ma la produce anche il tempo libero, sia per i consumi che ne derivano, sia per i doni che porta. Gite culturali, pellegrinaggi, vacanze esotiche, attività sportive; la lettura, la passione per un hobby, la contemplazione della natura; le amicizie, le passeggiate al parco con i figlioletti; il cinema, il teatro, i concerti; la cura del giardino e dell’orto, le partite a carte, le quattro chiacchiere al bar e chissà quante altre "ricreazioni" sto dimenticando. Il tempo libero diventa tempo liberato; non da sciupare nella pigrizia, ma per migliorare la nostra vita e ritrovare noi stessi.
Ci aspettano le vacanze, momento ideale per apprezzare il valore del tempo. Si sta diffondendo la richiesta di un nuovo tipo di benefit, i riconoscimenti delle aziende ai dipendenti: al posto di un aumento di stipendio, di un bonus in denaro, di un viaggio premio, molti preferiscono un’aggiunta di ferie. Guadagnare giorni di vacanza vale più che accumulare soldi. È la scoperta di una dimensione umana, al di là dell’ansia da prestazioni lavorative, della corsa agli scatti di carriera che impongono rinunce personali e familiari.
"Di meno di più", si potrebbe dire a chi non si fa espropriare la vita accanendosi sul lavoro e sugli impegni. I tempi morti diventano tempi vivi. Il vecchio detto: «Il tempo è denaro» va sostituito con: «Il tempo è una risorsa». L’otium che gli antichi Romani opponevano al negotium significava la capacità di vivere bene, un talento da coltivare lontani dalle incombenze (ma era un privilegio solo degli aristocratici, che potevano permettersi di restare nullafacenti perché le fatiche le accollavano sugli schiavi).
Avvertiva Erich Fromm, psicanalista tedesco (1900-1980): «L’uomo moderno pensa di perdere qualcosa del tempo quando non fa le cose in fretta; però non sa cosa fare del tempo che guadagna, tranne ammazzarlo». Finalmente possiamo smentirlo.
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