Da La Repubblica del 19/11/2005

Iraq, strage nelle moschee: 100 morti

Zarqawi si scusa per le bombe di Amman: non volevo uccidere musulmani

La popolazione era tornata a vivere in città dopo le repressioni di Saddam
In azione due kamikaze Le vittime sono curdi di confessione sciita
Gli attentati sono avvenuti a Khanaqin, 170 chilometri a nord-est di Bagdad
La guerriglia continua a colpire i fedeli, nonostante gli appelli di Ayman al Zawahiri

di Daniele Mastrogiacomo

Freddi, impassibili, i due attentatori avanzano tra la folla che si dirige verso le moschee di Husseynia al Mazraia e di Mehdi. È da poco passato mezzogiorno. È venerdì, giorno di preghiera. Khanaqin, grosso centro della provincia di Diyala, 170 chilometri a nord est di Bagdad, quasi al confine con l'Iran, è di nuovo abitato da curdi e sciiti, cacciati da Saddam Hussein durante quelle deportazioni forzate che puntavano all'arabizzazione di alcune province considerate strategiche dal regime. La scelta di al Qaeda non è casuale. Colpire gli sciiti fa parte del programma del terrore di Abu Mussab al Zarqawi. Sono considerati dei traditori. Soprattutto adesso che guidano il governo e fanno parte del nuovo regime.

I due attentatori hanno ordini precisi. Li rispettano nei modi e nei tempi. Entrano nelle due moschee, si piazzano in mezzo alla folla dei fedeli, ascoltano per alcuni minuti il sermone e nel pieno della preghiera azionano le loro cinture esplosive. L'impatto è devastante. Fumo, urla, feriti che si lamentano. I morti già contati sono almeno 75, le autorità parlano di «almeno cento vittime», i feriti oltre 90.

Le due esplosioni, avvenute a distanza di 4 minuti l'una dall'altra, sono state così violente da far crollare entrambe le moschee. Si tratta di uno dei più gravi attentati compiuti dalla banda di al Zarqawi. Non solo per numero di vittime, ma per i luoghi colpiti. Nonostante i messaggi di Ayman al Zawahiri, il braccio destro di bin Laden, che invitava il terrorista giordano a non provocare morti tra i fedeli musulmani, la strategia di al Zarqawi non è cambiata. Da tre mesi la componente etnica e confessionale maggioritaria in Iraq, quella sciita, è diventata il bersaglio principale di al Qaeda. Con una differenza che, con la duplice strage di ieri, getta nuova benzina sul fuoco della strisciante guerra civile. I morti di ieri sono curdi di confessione sciita, tornati un anno fa nella stessa provincia da cui erano stati cacciati.

Il tema dei fedeli e dei luoghi sacri continua a tenere banco. Il capo di al Qaeda in Iraq ne è particolarmente sensibile, visto che condiziona il consenso che comunque riscuote nel paese e all'estero. In un messaggio messo in rete nega di aver voluto colpire dei musulmani negli attentati agli alberghi di Amman, dove, dice, sapeva si dovevano riunire «degli agenti dei servizi Usa, israeliani e giordani». Ma la vendetta è lo strumento su cui continua a fare leva il super ricercato terrorista.

Altre due autobomba sono esplose a Bagdad, contro l'hotel Hamra. In tutto sono morte 8 persone, tra cui due donne e due bambini. Non si sa se fosse il vero obiettivo. A poche decine di metri sorge infatti il centro di detenzione di Jadriyah, dove domenica scorsa le forze Usa hanno scoperto un centinaio di detenuti sunniti, torturati e ridotti allo stremo.

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