Da La Repubblica del 04/11/2005

"In pensione non prima dei 68 anni"

Berlusconi: gli italiani devono lavorare di più e più a lungo

Il premier: si segua l'esempio della Germania. Sindacati: assurdo

di Luisa Grion

ROMA - Perché non lavorare di più e più a lungo, restando in ufficio o in azienda oltre i 65 anni, magari per 13 e 14 ore al giorno? A chiederselo è il premier Berlusconi, convinto che sia ormai tempo di tradurre i progressi della scienza e il maggiore benessere in un allungamento della vita attiva. Secondo il presidente del Consiglio la questione non favorirebbe solo i conti della previdenza e i bilanci familiari, ma porterebbe anche una ventata di vitalità e giovinezza nelle case dei pensionati.

«La Germania - ha detto Berlusconi - sta lavorando a un progetto per arrivare a 68 anni di età per lasciare il lavoro. E' un orizzonte da non precluderci, un orizzonte a cui guardare: è lavoro in più, guadagno in più, giovinezza in più». L'allungamento potrebbe valere anche per le ore prestate: «Lavoriamo 1600 ore all'anno contro le 1700 degli Usa», potremmo quanto meno raggiungere gli americani anche perché «grazie alla medicina, all'alimentazione e al rigore del sistema di vita che ormai tutti abbiamo imparato si può andare avanti anche dopo i 70 anni». «E parlo anche per me..» ha commentato il premier «se c'è qualcuno che anche a questa età può lavorare 13-14 ore al giorno, non vedo perché non si possa spostare l'età lavorativa verso anni maggiori».

Una proposta, la sua, che non piace per nulla ai sindacati. C'è chi si limita a dire - come Guglielmo Epifani della Cgil - «che l'idea si commenta da sola» e chi come Savino Pezzotta della Cisl la respinge precisando che «in questo momento ben altri sono i problemi che dovrebbero interessare il paese, a partire dallo sviluppo e dei redditi di lavoratori e pensionati». Ancora più secca la bocciatura di Luigi Angeletti della Uil. L'allungamento obbligatorio «non serve, il problema non esiste - ha detto - l'idea di fare una legge che obbliga tutti a lasciare il lavoro ad una certa età è una stupidaggine. Per la prima volta le pensioni di anzianità sono inferiori a quelle di vecchiaia. Va bene così, non c'è bisogno d'altro, il sistema previdenziale deve andare incontro alle esigenze delle persone». Stessa linea anche dall'opposizione. «E' ora che ci vada il premier in pensione, altro che innalzare l'età lavorativa» ha detto il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio; per la Margherita di Rosy Bindi il premier, con la sua proposta, dimostra «la consueta dose di cinismo e di profonda conoscenza dei problemi dei lavoratori.

Ma mentre al Parlamento prosegue il dibattito sulla riforma del Tfr - che ieri ha incassato il parere favorevole della Commissione Lavoro della Camera, ma anche la richiesta da parte della Commissione Politiche Ue di verificare la compatibilità del Fondo di garanzia - ieri Berlusconi, parlando all'Assemblea dei tabaccai, non ha toccato solo il tema della previdenza, ma anche quello della situazione economica («non siamo sull'orlo del baratro - ha detto - la nostra non è una situazione di cui dobbiamo essere eccessivamente preoccupati») aprendo una nuova polemica sull'euro.

Parlando del rapporto fra lira e moneta unica il premier ha infatti sostenuto che il caro prezzi e della caduta del potere d'acquisto sono stati causati dalla fragilità del precedente governo. «Al momento di decidere il cambio - ha detto - non avevamo la credibilità internazionale che questo esecutivo è riuscito ad acquisire» quindi «la negoziazione ci è stata sfavorevole». Romano Prodi, leader dell'Unione e allora premier, chiamato in causa ha subito replicato. «Quando parla di economia e, in particolare dell'euro, non so se con malizia o solo per incompetenza, Berlusconi crea vere e proprie cortine di nebbia, dietro le quali nasconde le difficoltà e l'inefficienza del suo governo. Si voleva che entrassimo nell'euro con un cambio di 950 lire per marco, mentre Ciampi ed io tendevamo alle 1.000 lire per marco. L'accordo , 990 lire/marco, fu vicino all'ottimo possibile per l'Italia. E fu da tutti accolto come un nostro successo».

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