Da Corriere della Sera del 14/10/2005
Originale su http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/10_Ottobre/14/stella1...

La visita di Chavez a Roma

Silvio e Hugo uniti nella lotta

Il leader di Caracas ha seminato tanta confusione da poter piacere a destra e sinistra

di Gian Antonio Stella

Dice che Bush è «un farabutto», spara a zero sui capitalisti, è amicissimo di quel Castro che Sandro Bondi cataloga tra i «dittatori assassini con Stalin e Pol Pot», bolla i vescovi venezuelani come gente che tiene el diablo bajo la sotana, fa affari così oscuri con l'Iran che un sito di Forza Italia lo definisce «alleato del terrore».

Come non bastasse è l'idolo del sub-comandante Fausto e Casarini e Vattimo e i no-global. Hugo Chávez, al suo arrivo a Roma, sarà quindi ricevuto da Silvio Berlusconi col suo sorriso più sfavillante. E' il petrolio, bellezza. Pochi viaggi di capi di stato stranieri si sono prestati alla curiosità e alle ironie, alle diffidenze e alle contraddizioni, quanto quello del presidente sudamericano. Perché pochi sono i protagonisti della scena internazionale che dividano quanto questo «zambo» (soprannome dispregiativo dei meticci indio-africani che lui rovescia fieramente in un pregio agli occhi del «suo» popolo) che dopo essere stato colonnello dei paracadutisti e aver fallito un golpe, è stato eletto e rieletto alla guida di quello che un tempo fu il ricchissimo «Venezuela Saudita» consolidando il suo potere fino a spaventare scrittori come Mario Vargas Llosa, che nella «vita sociale raggrinzita» di Caracas vedono il profilo di un nuovo caudillo.

Battezzato come «el mago de las emociones», infatti, Chávez fa un sacco di cose che potrebbero piacere al Cavaliere e renderlo insopportabile alle sinistre e altre che potrebbero essere lette esattamente a rovescio. E tale è la confusione che è riuscito a seminare intorno che qui sta appunto la sua magia. Ambigua com'è ambigua Maria Lionza, la dea india che cavalca nuda un tapiro e che è sì pagana ma anche un po' cristiana e un po' india e un po' spagnola e un po' tutto insieme.

Tribuno dall'oratoria alluvionale e inventore di slogan immaginifici («la rivoluzione avanza collina dopo collina»), si vanta di essere stato confermato da una stupefacente serie di plebisciti elettorali ma s'insedia come farebbe un golpista: «Giuro su questa Costituzione moribonda...». E dopo aver fatto cambiare le norme che gli impedivano di ricandidarsi, le ricambia e ipotizza di restare fino al 2021 per poi proiettarsi ancora più in là come ha fatto ad agosto al Festival Mundial de la Juventud: «Me ne andrò nel 2030. Allora mi ritirerò: nel 2030». Epoi invita al dialogo le opposizioni ma se ne esce dicendo che «bisogna friggere il cervello di quelli di Azione Democratica! » Chiede al mondo di riconoscere la sua cristallina coerenza che permette alle opposizioni di vivere, ma forza e forza il Parlamento fin quasi a svuotarlo.

Si inchina alla divisione costituzionale di poteri e insieme tuona che «il potere giudiziario è nelle mani di un mucchio di banditi». Va a Porto Alegre a travolgere i giovani alternativi disegnando straordinarie immagini di un mondo bello e solidale ma introduce l'educazione militare nelle materie scolastiche «come base d'una coscienza nazionalista». Non bastasse, tracima video-populismo e un giorno sequestra tutti i canali televisivi per un messaggio a reti unificate di sei ore e mezzo e tutte le domeniche va in tivù per anni (siamo a 238 puntate) con «Alò presidente» e parla in diretta con mamme e zie, campesinos e chicas. E si lancia in canzoni d'amore senza manco Apicella e manda baci alla nonnina di Felipe e strapazza il ministro che ha sottomano perché non risolve il problema di un tele-elettore e saluta i parenti «que viven por allá por Rubio, por Táchira, por Barinas y por Mérida» e ricorda (come Robespierre o il Duce) che siamo nell'anno tale della nuova era bolivariana.

E ogni tanto, dopo questa o quella promessa («Il tram nuovo ci metterà un quarto d'ora. Sicuro. Sul primo convoglio farò il macchinista io. Dodici minuti, chica. Porta tuo marito e i bambini ») parte alle spalle un coro dei «patriotas»: «Así, así, así es que se gobierna!». Così si governa! E la sinistra internazionale? Un po' diffidenti i Ds. Gli altri, cotti. E palpitano col poeta Ernesto Cardenal perché gli han detto che «il presidente Chávez ha rinunciato al suo stipendio, destinato a borse di studio per studenti» e sognano con Luciana Castellina sull'«idolo dell' America ribelle» e si sentono un po' tutti nerazzurri (come l'Armando Cossutta, «interista- leninista») giacché non solo l'Inter di Moratti affronterà a San Siro il Venezuela ma andrà l'anno prossimo in Mexico per sfidare «el equipo del Ejército Zapatista».

E nel mucchio di contraddizioni vedon solo i maestri e i professori di ginnastica e i medici importati da Cuba in cambio di petrolio a prezzi stracciati per il «piano Robinson » contro l'analfabetismo e le postazioni sanitarie nei barrios disperati e i «mercales» dove la merce è scadente ma costa poco o le case di «alimentación» dove gruppi di donne preparano il pasto a centinaia di persone. Tutte cose forse venate da un pizzico di ingenuità ma giuste. Che forse fatte da altri sarebbero «clientelari» maalleviano le pene. Tutto giusto: è molto. Moltissimo. Ma siamo sempre lì: la piena democrazia è un optional per Paesi ricchi? I vescovi locali dicono di no e Rosario Castillo Lara denuncia un progressivo «scivolare verso un sistema completamente dittatoriale, collettivista». Lui, Chávez, ringhia in tivù che il cardinale è un «bandito, immorale e buffone» nonché «golpista col diavolo in corpo».

Quanto basta perché anche la destra italiana, che per bocca del nostro ambasciatore a Caracas si era precipitata a portare le congratulazioni del governo all'amico Hugo «per l'impressionante margine della vittoria» elettorale, sia ancora più confusa. E per un verso attratta dai modi spicci chavisti, per l'altro turbata dai suoi rapporti stretti con Fidel, dalle sue esaltazioni di Mao e Guevara, dalle sue aperture al nucleare di Teheran e dai suoi insulti a Washington. Insomma: da che parte sta, Hugo Chávez? Meno male che si parlerà soprattutto di investimenti, affari, petrolio. E ideali, si capisce. Come si fa a non parlare di ideali?

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