Da La Repubblica del 12/10/2005
Usa, salvate il soldato Dwyer "L'eroe dell'Iraq è impazzito"
Il militare al rientro era stato sottoposto a accertamenti psichiatrici: abusava di farmaci per superare il trauma
I famigliari denunciano le autorità militari: ora che Joseph ha bisogno di aiuto sono tutti spariti
La sua foto era un simbolo, ora è in cella per aver sparato all'impazzata
di Alberto Flores D'Arcais
NEW YORK - Il 25 marzo del 2003 la foto di un soldato americano con in braccio un bambino fece il giro del mondo. La guerra in Iraq era iniziata da pochi giorni, l'America era divisa in due, la maggioranza del paese stretta attorno al suo commander in chief, George W. Bush, che aveva inviato i marines tra il Tigri e l'Eufrate per abbattere il sanguinario regime di Saddam Hussein, una vasta minoranza più che perplessa con chiassose e colorate avanguardie che riempivano le strade di San Francisco, Chicago e New York al grido di «no alla guerra».
Quella foto, quel soldato quasi smarrito nella sua corsa, con gli occhiali da studente per bene sotto l'elmetto, quel bambino, seminudo e dallo sguardo terrorizzato, vittima innocente che veniva portato in salvo dal coraggio di un uomo che aveva invaso il suo paese, divenne l'immagine-simbolo, la migliore propaganda a favore della "guerra giusta". Una foto vera che riproponeva il mito hollywoodiano dell'americano "soldato buono"; una foto che per giorni fu in prima pagina su tutti i giornali d'America, che divenne la copertina di settimanali e magazine, usata con orgoglio dai reclutatori dell'esercito.
L'Army Spc. Joseph Dwyer, specialista medico dell'esercito americano aveva allora 27 anni. Un anno e mezzo prima, la mattina del 13 settembre 2001, ancora sconvolto come milioni di americani dalle terribili immagini che aveva visto in tv - quegli aerei usati come missili a distruggere le Twin Towers e uccidere quasi tremila innocenti - e dopo due giorni di discussioni con amici e familiari aveva preso la decisione che gli avrebbe cambiato la vita: aveva lasciato Mount Sinai, tranquillo porticciolo di Long Island (Stato di New York), sessanta miglia da Ground Zero, per arruolarsi nell'esercito. Assegnato a Fort Bliss, vicino El Paso (Texas), Dwyer nel marzo 2003 parte per invadere l'Iraq, un mese dopo essersi sposato con Matina.
Venerdì scorso, all'una del mattino, l'"eroe dell'Iraq" è stato arrestato. Alle 9 e 15 della sera di giovedì aveva iniziato a sparare all'impazzata dentro il suo appartamento al secondo piano al Vista Village; non aveva ferito nessuno ma si è arreso ai poliziotti che circondavano la casa - chiamati dai vicini terrorizzati - solo dopo tre ore di assedio. Al cronista di El Paso Times gli amici - come Dionne Knapp, anche lei ex medico dell'esercito di Fort Bliss - hanno spiegato l'improvvisa violenza raccontando una storia di abusi di medicinali e di stress post-traumatico dovuto alle esperienze vissute in guerra: «Sono furioso perché quando Joseph è tornato dall'Iraq era per tutti un eroe e adesso che ha bisogno di aiuto nessuno si prende la briga di aiutarlo. Sono mesi che mettiamo in guardia le autorità militari e quelle sanitarie, ma nessuno ci ha mai dato retta; quanto successo poteva benissimo essere evitato». Quando l'unità medica di Fort Bliss venne inviata in Iraq, Dwyer si offrì volontario per sostituire proprio la Knapp, che essendo una single mother aveva più bisogno di lui di evitare la guerra.
Il 23 marzo 2003 era nel gruppo di soldati che decisero che valeva la pena rischiare la vita per salvare una famiglia di Al Faysaliyah, un piccolo villaggio finito in mezzo al fuoco di una furiosa battaglia tra americani e lealisti di Saddam, e lì venne scattata la foto che commosse l'America. In Iraq non era rimasto a lungo - quattro mesi con il terzo squadrone del settimo reggimento di cavalleria - ma un tempo sufficiente a farlo cambiare radicalmente; così quel ragazzo dolce e amato dai bambini, che amava andare a pescare e giocava a golf per la Mount Sinai High School era tornato con turbe religiose, soffrendo di terribili incubi, dandosi al bere, sniffando e inalando medicinali di vario genere senza alcun controllo.
La moglie Matina, che è incinta, non era nell'appartamento giovedì notte ma si trovava nella base di Fort Bliss per accertamenti medici; sapeva che al ritorno dall'Iraq Joseph era stato visitato da uno psichiatra militare ma non aveva dato peso alla cosa. I familiari ricordano adesso i quasi trenta chili che aveva messo su nelle prime sei settimane dopo il ritorno dalla guerra, quello strano incidente che aveva avuto a El Paso quando era uscito fuoristrada perché convinto che quella cassetta in mezzo alla via fosse una bomba, le urla notturne quando chiedeva che gli aerei bombardassero il nemico e la paranoia di essere aggredito da uomini armati.
Due anni e mezzo dopo la famosa foto, la storia dello "specialista medico Joseph Dwyer" diventa emblematica di una guerra di cui l'opinione pubblica americana è sempre più stanca e che vorrebbe adesso - a maggioranza come dimostrano gli ultimi sondaggi - dimenticare.
Quella foto, quel soldato quasi smarrito nella sua corsa, con gli occhiali da studente per bene sotto l'elmetto, quel bambino, seminudo e dallo sguardo terrorizzato, vittima innocente che veniva portato in salvo dal coraggio di un uomo che aveva invaso il suo paese, divenne l'immagine-simbolo, la migliore propaganda a favore della "guerra giusta". Una foto vera che riproponeva il mito hollywoodiano dell'americano "soldato buono"; una foto che per giorni fu in prima pagina su tutti i giornali d'America, che divenne la copertina di settimanali e magazine, usata con orgoglio dai reclutatori dell'esercito.
L'Army Spc. Joseph Dwyer, specialista medico dell'esercito americano aveva allora 27 anni. Un anno e mezzo prima, la mattina del 13 settembre 2001, ancora sconvolto come milioni di americani dalle terribili immagini che aveva visto in tv - quegli aerei usati come missili a distruggere le Twin Towers e uccidere quasi tremila innocenti - e dopo due giorni di discussioni con amici e familiari aveva preso la decisione che gli avrebbe cambiato la vita: aveva lasciato Mount Sinai, tranquillo porticciolo di Long Island (Stato di New York), sessanta miglia da Ground Zero, per arruolarsi nell'esercito. Assegnato a Fort Bliss, vicino El Paso (Texas), Dwyer nel marzo 2003 parte per invadere l'Iraq, un mese dopo essersi sposato con Matina.
Venerdì scorso, all'una del mattino, l'"eroe dell'Iraq" è stato arrestato. Alle 9 e 15 della sera di giovedì aveva iniziato a sparare all'impazzata dentro il suo appartamento al secondo piano al Vista Village; non aveva ferito nessuno ma si è arreso ai poliziotti che circondavano la casa - chiamati dai vicini terrorizzati - solo dopo tre ore di assedio. Al cronista di El Paso Times gli amici - come Dionne Knapp, anche lei ex medico dell'esercito di Fort Bliss - hanno spiegato l'improvvisa violenza raccontando una storia di abusi di medicinali e di stress post-traumatico dovuto alle esperienze vissute in guerra: «Sono furioso perché quando Joseph è tornato dall'Iraq era per tutti un eroe e adesso che ha bisogno di aiuto nessuno si prende la briga di aiutarlo. Sono mesi che mettiamo in guardia le autorità militari e quelle sanitarie, ma nessuno ci ha mai dato retta; quanto successo poteva benissimo essere evitato». Quando l'unità medica di Fort Bliss venne inviata in Iraq, Dwyer si offrì volontario per sostituire proprio la Knapp, che essendo una single mother aveva più bisogno di lui di evitare la guerra.
Il 23 marzo 2003 era nel gruppo di soldati che decisero che valeva la pena rischiare la vita per salvare una famiglia di Al Faysaliyah, un piccolo villaggio finito in mezzo al fuoco di una furiosa battaglia tra americani e lealisti di Saddam, e lì venne scattata la foto che commosse l'America. In Iraq non era rimasto a lungo - quattro mesi con il terzo squadrone del settimo reggimento di cavalleria - ma un tempo sufficiente a farlo cambiare radicalmente; così quel ragazzo dolce e amato dai bambini, che amava andare a pescare e giocava a golf per la Mount Sinai High School era tornato con turbe religiose, soffrendo di terribili incubi, dandosi al bere, sniffando e inalando medicinali di vario genere senza alcun controllo.
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