Da Corriere della Sera del 02/09/2005

Usa-Ue, la guerra dei telescopi giganti

Megaimpianto americano: ci vorrà uno stadio per contenerlo

di Giovanni Caprara

La speranza di fotografare un pianeta gemello al nostro che gira intorno ad una stella remota è nascosta sotto le gradinate dello stadio di Tucson, in Arizona (Usa). Qui c’è il «Mirror lab», il laboratorio degli specchi, dove si aggira Rogel Angel, alto, magro e capelli grigi, il «mago» che ha inventato un nuovo modo per fabbricare telescopi. Ed è qui che sta nascendo un particolarissimo specchio di 8,4 metri di diametro che unito ad altri sei formerà il nuovo osservatorio più grande del mondo. E’ il «Giant Magellan», il Magellano gigante, i cui sette specchi scruteranno le profondità cosmiche con la stessa capacità di uno specchio molto più grande, di 23 metri. A questo diametro oggi la tecnologia non consente di arrivare, ma l’ostacolo è aggirato mettendone insieme alcuni più piccoli. L’impresa costerà mezzo miliardo di dollari e le sette istituzioni americane (dal Mit di Boston alla Carnegie Institution di Washington) che la sostengono i soldi non li hanno ancora raccolti ma intanto sono tutti d’accordo nel cominciare a costruire il «primo pezzo» per capire se la sfida è possibile. Angel ha già realizzato uno specchio di dimensioni analoghe per il Large Binocular Telescope italo-americano installato sul vicino Monte Graham, ma questo ha curvature diverse. E per costruirlo bisogna partire da una fusione di borosilicato liquido colato in una struttura ceramica a nido d’ape. Poi c’è la cottura, l’eliminazione della ceramica e la complicata fresatura della superficie che richiede mesi per ottenere le curvature stabilite mentre lo specchio continua ruotare. E’ questa la tecnica ideata da Rogel Angel, britannico di nascita, e che consente di mettere insieme strutture più grandi ma nello stesso tempo leggere.

Le conquiste degli astronomi (come di tutti gli scienziati) dipendono dalla tecnologia. Così si è accesa tra le due sponde dell’Atlantico una competizione per disporre nel prossimo decennio dell’occhio più potente con cui scrutare l’Universo sognando per primi grandi scoperte. Gli scienziati europei infatti stanno addirittura progettando un telescopio del diametro di cento metri. «Ma per arrivare ad una dimensione tanto gigantesca seguiamo una strada diversa», spiega Roberto Gilmozzi, l’astronomo italiano che nella sede tedesca dell’Eso (European Southern Observatory) vicino a Monaco di Baviera guida l’impresa.

«Il nostro sarà formato da 3.048 specchi larghi 1,6 metri - precisa Gilmozzi - e la scelta è frutto di un compromesso tra la tecnologia di fabbricazione e i costi da affrontare. Lo specchio più piccolo, ad esempio, è più rigido e non richiede interventi di correzione. Gli americani hanno sviluppato l’idea di Angel che indubbiamente funziona, ma ha anch’essa un limite. La nostra concezione si basa su solide tradizioni dell’ottica europea».

Il Giant Magellan dovrebbe essere installato in Cile a partire dal 2013 per essere completato tre anni dopo. Il concorrente europeo sarebbe pronto poco dopo, tra il 2017 e il 2020. L’affascinante obiettivo di vedere un gemello della Terra e scoprire se esistono altre possibili culle della vita sta mobilitando cervelli e risorse. La stessa Nasa prepara anche l’osservatorio Web da spedire nello spazio. Ma la caccia ai nuovi pianeti è accompagnata da un’altra altrettanto entusiasmante ambizione. Quella di scoprire quando è apparsa la prima luce nel cosmo, quando cioè si sono accese le stelle.

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