Da Corriere della Sera del 05/04/2005
Roma prepara un lungo braccio di ferro. E pensa già alle «correzioni» di settembre
di Mario Sensini
ROMA - Una reazione piuttosto fredda: «Il governo conferma la politica economica impostata sulla riduzione strutturale della spesa corrente». Una spiegazione piuttosto asciutta: «Le previsioni della Commissione Ue sul deficit italiano sono determinate in buona parte dalla minor crescita dell’economia». Davanti all’ennesimo allarme della Commissione Ue sui conti pubblici il Tesoro sceglie per ora una linea di basso profilo. Anche se il ministro Domenico Siniscalco è sicurissimo che il nuovo round con Bruxelles sia ancora tutto da giocare. Ma soprattutto di avere ancora in mano carte molto buone, dalla riforma del Patto di Stabilità da far valere sul tavolo politico dell’Ecofin, alla soluzione, tecnica, del lungo e complicato contenzioso con Eurostat sul bilancio che, fin quando non sarà risolto, bloccherà ogni iniziativa da parte della Commissione Ue nei confronti dell’Italia. Forse, sperano a Roma, addirittura fino a settembre, con la nuova notifica ad Eurostat dei conti rivisti da parte dell’Istat. Quando ormai, dunque, sarà già stata presentata la nuova Legge finanziaria per il 2006.
Per ora, dal Tesoro, arrivano spiegazioni di circostanza. Secondo le quali almeno mezzo punto di deficit in più nel 2005 (la Commissione dice 3,6% mentre l’obiettivo del Programma di stabilità italiano è il 2,7%) deriverebbe dalla minor crescita del pil. Bruxelles ipotizza l’1,2%, il governo è fermo al 2,1% ed è noto che a un punto di crescita in meno corrispondono 0,5 punti di deficit in più. Ai quali si aggiungerebbero altri 0,2-0,3 punti per il venir meno di alcune misure della Finanziaria 2005, che al contrario il Tesoro conta ovviamente di realizzare, e ancora 0,2-0,3 punti di maggior deficit per le poste di bilancio sotto lo scrutinio di Eurostat.
La battaglia, su quel fronte, sarà durissima. Siniscalco contesta sia la riclassificazione dei trasferimenti alle Fs, che quella degli anticipi versati dai concessionari di imposta. Eurostat, da parte sua, non pare ancora soddisfatta dei criteri adottati dall’Italia per escludere Infrastrutture Spa dalla pubblica amministrazione (c’è dentro tutto il debito della Tav, 6 miliardi di euro), l’Anas (vale 0,2 punti di deficit), vuole vederci chiaro sul Fondo immobili pubblici (4 miliardi sul bilancio 2004), sulla classificazione per competenza dei vari condoni. Soprattutto insiste sui dati del fabbisogno che non tornano con quelli dell’indebitamento e su quelli del deficit (un flusso) che non tornano con quelli del debito (lo stock).
Il 21 aprile, a Londra, si riunisce il Comitato consultivo di Eurostat e già in quell’occasione l’Italia potrebbe chiedere di aprire un confronto specifico sulle questioni controverse che non necessariamente si esaurirà in tempi brevi. «Nessuna intenzione dilatoria, solo la volontà di spiegare fino in fondo le nostre ragioni», dicono al Tesoro. Dove confidano molto nella riforma del Patto di Stabilità. E’ ancora da trasferire nei regolamenti, ma l’impegno degli Stati membri e della Commissione è di assimilarne nella pratica e fin da subito i principi, comprese le attenuanti previste in caso di congiuntura negativa, che l’Italia ritiene di poter far valere. E nel frattempo ribadisce l’impegno a contenere la spesa. Quella «corrente» specifica il Tesoro. Perché per gli investimenti pubblici, specie nelle infrastrutture, si vedrà dopo l’esito del dibattito che l’Ecofin avvierà con Eurostat da lunedì prossimo.
Per ora, dal Tesoro, arrivano spiegazioni di circostanza. Secondo le quali almeno mezzo punto di deficit in più nel 2005 (la Commissione dice 3,6% mentre l’obiettivo del Programma di stabilità italiano è il 2,7%) deriverebbe dalla minor crescita del pil. Bruxelles ipotizza l’1,2%, il governo è fermo al 2,1% ed è noto che a un punto di crescita in meno corrispondono 0,5 punti di deficit in più. Ai quali si aggiungerebbero altri 0,2-0,3 punti per il venir meno di alcune misure della Finanziaria 2005, che al contrario il Tesoro conta ovviamente di realizzare, e ancora 0,2-0,3 punti di maggior deficit per le poste di bilancio sotto lo scrutinio di Eurostat.
La battaglia, su quel fronte, sarà durissima. Siniscalco contesta sia la riclassificazione dei trasferimenti alle Fs, che quella degli anticipi versati dai concessionari di imposta. Eurostat, da parte sua, non pare ancora soddisfatta dei criteri adottati dall’Italia per escludere Infrastrutture Spa dalla pubblica amministrazione (c’è dentro tutto il debito della Tav, 6 miliardi di euro), l’Anas (vale 0,2 punti di deficit), vuole vederci chiaro sul Fondo immobili pubblici (4 miliardi sul bilancio 2004), sulla classificazione per competenza dei vari condoni. Soprattutto insiste sui dati del fabbisogno che non tornano con quelli dell’indebitamento e su quelli del deficit (un flusso) che non tornano con quelli del debito (lo stock).
Il 21 aprile, a Londra, si riunisce il Comitato consultivo di Eurostat e già in quell’occasione l’Italia potrebbe chiedere di aprire un confronto specifico sulle questioni controverse che non necessariamente si esaurirà in tempi brevi. «Nessuna intenzione dilatoria, solo la volontà di spiegare fino in fondo le nostre ragioni», dicono al Tesoro. Dove confidano molto nella riforma del Patto di Stabilità. E’ ancora da trasferire nei regolamenti, ma l’impegno degli Stati membri e della Commissione è di assimilarne nella pratica e fin da subito i principi, comprese le attenuanti previste in caso di congiuntura negativa, che l’Italia ritiene di poter far valere. E nel frattempo ribadisce l’impegno a contenere la spesa. Quella «corrente» specifica il Tesoro. Perché per gli investimenti pubblici, specie nelle infrastrutture, si vedrà dopo l’esito del dibattito che l’Ecofin avvierà con Eurostat da lunedì prossimo.
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