Da La Repubblica del 05/01/2005
Originale su http://www.repubblica.it/2005/a/sezioni/esteri/sri9/bervalll/bervalll.html

Le due facce dell'Europa

di Bernardo Valli

L'AMERICA agisce. L'Europa dubita. L'America è come prigioniera di un sogno, sogna la sua forza che è reale, ne è ipnotizzata, non ne teme la caducità, non riesce a immaginarne la fine, la sa unica, e la pensa eterna.
Di conseguenza agisce. L'Europa invece si interroga, fantastica sulla propria unità ma è ancorata alle vecchie vanità nazionali, si guarda allo specchio, sono o non sono?, cosa sono? cosa non sono?, si abbandona all'introspezione, discute, dibatte. Di conseguenza esita. Dubita. Ci voleva lo tsunami, la remota onda micidiale, frantumatasi in mille altre onde abbattutesi sulle coste dell'Asia in un raggio di più di mille miglia marine, per rendere sfacciatamente palese la verità sull'Europa.

Una verità non certo ignorata da tutti noi europei. Ma poiché è nelle grandi prove che abbiamo l'esatta misura di noi stessi, in questa tragica occasione abbiamo dimostrato quel che realmente siamo. È bene sottolinearlo. Nella speranza di poter cambiare le cose.
Siamo senz'altro generosi. Investito dalle notizie della catastrofe asiatica nel pieno del torpore natalizio l'Occidente ha stentato a reagire. Per svegliare i nostri sentimenti assopiti, il bravo Jan Egeland, il norvegese incaricato degli affari umanitari all'Onu, ci ha trattato da "spilorci". La reazione è stata immediata.

Avvicinandosi a Capodanno, più cresceva il numero delle vittime a Sumatra, in Thailandia, a Sri Lanka, nel Tamil Nadu, sulle Maldive, più si moltiplicavano i milioni di euro raccolti a Berlino, a Parigi, a Londra, a Stoccolma, a Roma, a Madrid...

Teleschermi e giornali rigurgitano adesso di euro offerti. Nessuna altra contrada del Pianeta ha dato quanto l'Europa. Non mi riferisco alle donazioni pubbliche, governative, che restano difficili da decifrare, ma a quelle private, individuali, famigliari, alle piccole somme offerte sul filo delle emozioni suscitate dalle immagini e dai racconti. E dalla prospettiva di nuove calamità: il colera che può mietere migliaia di vittime, come nel Medio Evo, e l'angosciante massa dei feriti, cinquecentomila, che potrebbero morire per mancanza di cure adeguate, come su un antico campo di battaglia.

L'Europa tanto avara, esitante in tutte le situazioni, è stata unanime e pronta nel dimostrare la sua generosità. Di solito contesta tutto, anche quello che ha appena deciso. Tende a disfare quel che ha appena fatto. Il tarlo del dubbio è sempre al lavoro. Vedi la Convenzione: indispensabile Costituzione, che darà valori precisi all'Unione. Redatta in un civile clima dialettico, e ultimata tra l'approvazione generale, è stata subito criticata con livore e minacciata di essere messa all'indice, come un testo inadeguato. La tragedia asiatica ha prodotto un'eccezione: ha creato una straordinaria compattezza.

Quella dei sentimenti. L'uso della forza non le è consentito. La storia lo impedisce. E comunque non se lo potrebbe permettere.

Non ne ha i mezzi. Consapevole di tutto questo, è come se l'Europa avesse capito negli ultimi giorni che si presentava l'occasione di dimostrare che il suo dubbio, fonte di tante croniche debolezze, non è un vizio, né una malattia, né una vergogna: poiché esso si basa sul diritto, sulla solidarietà, sul senso della comunità, esteso al resto del mondo nei momenti più intensi, quando le rivalità umane tradizionali, politiche economiche religiose, diventano insignificanti.

La grande occasione, percepita da milioni di donatori, non è stata raccolta dai governi. La generosità popolare è diventata per loro una fiera delle vanità nazionali. A tratti ridicola. Invece di lanciare un'azione comune, le varie capitali hanno pensato a se stesse. Spesso con esercizi rivelatisi sconcertanti. A volte grotteschi. A Roma si è levata per prima la voce di Guido Bertolaso, capo della Protezione civile italiana, secondo il quale al nostro Paese era stato affidato dall'Unione europea di guidare i soccorsi nel Sud Est asiatico.

A Bruxelles nessuno ha fatto caso, a mia conoscenza, a quell'autopromozione, persasi nei vari telegiornali nazionali, solerti nel dare un adeguato risalto alla missione assegnata come una medaglia all'Italia, e naturalmente al suo meritevole, efficiente governo. Molta più attenzione ha suscitato la successiva, non meno stravagante, comparsa sulla scena del ministro degli interni francese, Dominique de Villepin, che sabato ha annunciato a sua volta l'investitura del suo Paese come massimo coordinatore degli aiuti europei all'Asia sud orientale ferita dallo tsunami. Quale altra nazione, se non la Francia, la più svelta ed efficace nell'intervenire, poteva assolvere un compito tanto gravoso?

La dichiarazione francese è stata subito smentita dall'Olanda, fino al 31 dicembre presidente di turno dell'Unione. Nessuno si era sognato di assegnare un ruolo particolare alla Francia o a un qualsiasi altro dei venticinque paesi. Poi, a ruota, è intervenuto il granducato del Lussemburgo, legittimamente geloso della carica appena assunta, in quanto successore dell'Olanda alla presidenza per il prossimo semestre.

Per l'Asia era già partito un ministro del granducato, insieme a un membro della Commissione, il belga Louis Michel, incaricato degli aiuti umanitari.
Cosa voleva dunque Parigi?

Ho l'impressione che il ministro lussemburghese e il commissario, più che partiti in missione, siano fuggiti da Bruxelles. Restando sul ponte di comando, come era forse loro obiettivo dovere, avrebbero dimostrato soltanto la loro impotenza. Chi li avrebbe ascoltati? Cosa avrebbero potuto coordinare? I ministri dei vari paesi hanno raggiunto l'Asia per conto loro, in direzione diverse, usando il nome dell'Europa, ma per esibire le immagini nazionali. L'ammiragliato francese non avrebbe fatto salpare la portaelicotteri "Jeanne d'Arc" per ordine di un coordinatore europeo. L'Europa non ha una difesa comune. Né una forza capace di intervenire nel caso di grandi sciagure naturali. La "Jeanne d'Arc" arriverà comunque a Sumatra tra una settimana.

L'America è già sul posto con una sua portaerei, la "Abraham Lincoln". Certo, in ogni angolo del mondo c'è una sua base. Le sue navi e i suoi aerei arrivano presto ovunque. Ma non si tratta, in questo contesto, di lamentarsi per l'ennesima volta dell'impotenza europea. Si tratta semplicemente di constatare come l'America, dopo le esitazioni iniziali, e superata l'irresistibile tentazione di sostituirsi all'Onu come massimo coordinatore, abbia saputo offrire in questa occasione d'emergenza mondiale un'immagine compatta: il repubblicano George W. Bush si è presentato come grande soccorritore con al suo fianco il predecessore democratico Bill Clinton. Le due facce degli Stati Uniti insieme. Quella ipnotizzata dalla missione imperiale, e quella laica, non meno cosciente della responsabilità della superpotenza. Può darsi che il sogno americano sia fragile, effimero, basato com'è sulla forza militare e su un gigantesco deficit commerciale. Ma il dubbio europeo resta assai povero, anzi meschino, se non sa tradurre in una volontà d'azione quel che la gente ha appena espresso con i sentimenti, nell'ultima settimana, davanti alla tragedia dell'Asia sud orientale.

Sullo stesso argomento

News in archivio

Riaperte le trattative per l'ingresso del Montenegro
Ue: disco verde per Bulgaria e Romania nel gennaio 2007
Ma Bruxelles avverte Sofia e Bucarest: dovranno adeguare gli standard interni a quelli dei 25
su Adnkronos del 26/09/2006
 
Cos'� ArchivioStampa?
Una finestra sul mondo della cultura, della politica, dell'economia e della scienza. Ogni giorno, una selezione di articoli comparsi sulla stampa italiana e internazionale. [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Notizie dal mondo
Notizie dal mondo
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0