Da Corriere della Sera del 19/12/2004

Ma la Lega non si ferma. Una marcia dei 50 mila contro i «nuovi invasori»

La Padania denuncia il «pericolo islamico»: questa è la rivincita di Lepanto

di Alessandro Trocino

MILANO - Mai isolati come ora e mai felici come ora. In questo apparente paradosso la Lega può finalmente riporre nel cassetto mesi di trattative con l’odiata Roma, ingoiate per il bene superiore della devolution , e sguainare lo spadone contro il «pericolo turco». Oggi l’organizzazione di via Bellerio prevede la discesa in piazza di 50 mila militanti (arrivati a Milano con 200 pullman) per urlare contro l’ingresso della Turchia in Europa, «un delitto contro la storia», contro il governo, contro il presidente Ciampi che - titola la Padania - «fugge di fronte alle richieste della Lega», contro «l’annacquamento della civiltà». Una battaglia cominciata quando, il 17 ottobre scorso, Umberto Bossi lancia da Gemonio la nuova parola d’ordine della Lega: chiamare il popolo al voto per un referendum contro la Turchia. Da allora si è messa in moto la macchina del Carroccio: lo striscione srotolato alla Camera dal capogruppo Alessandro Cè, il «funerale dell’Europa» inscenato dall’europarlamentare Matteo Salvini, l’irruzione nel consolato turco di Borghezio e ora l’adunata di Milano.

Per sventare «la rivincita di Lepanto» la Lega utilizza tutte le obiezioni note contro lo Stato turco: il genocidio armeno, il mancato rispetto nei diritti umani, l’irrisolta questione di Cipro. Ma quello che conta davvero è la questione religiosa. Del resto, scrive la Padania , «la Turchia è uno stato islamico che non è mai appartenuto all’Europa né per cultura né per storia. Soltanto 23.764 chilometri quadrati su 779.452 rientrano nel nostro continente». E in un opuscolo distribuito oggi in piazza del Duomo si annuncia che «una volta abbattute le barriere si prevede che qualcosa come quattro milioni di persone scelgano di spostarsi in Occidente». Già ora a Berlino, spiega l’autore, «nascono più bambini turchi che tedeschi». E Milano, è la parola d’ordine della manifestazione, rischia di diventare «una nuova Berlino, una città snaturata dalla convivenza obbligata con un milione di turchi».

E’ per questo che la Lega sfodera tutto il suo repertorio storico, religioso e folcloristico. Riesuma, con Giuseppe Leoni, i «seimila lancieri padani che costituirono il nerbo delle armate con le quali Prinz Eugen respinse l’invasione islamica». Ripristina le messe tradizionali per celebrare la vittoria dei crociati di Lepanto sugli ottomani «grazie alla recita del Rosario per intercessione di Papa Pio V». Su radio Padania, spiega Matteo Salvini, «non ho mai sentito gli ascoltatori così arrabbiati. Ce l’hanno con tutti, con Fini e con Berlusconi che va a fare il testimone di nozze del figlio di Erdogan. Anche molti a sinistra ci hanno chiamato per solidarizzare con noi». Questa della Turchia in Europa «è una pallina di neve che comincia a rotolare - spiega Calderoli - e noi vogliamo fermarla prima che diventi valanga e investa i nostri figli». Il ministro delle Riforme invoca il referendum e una modifica costituzionale per cui «ogni volta che sia in discussione una perdita di sovranità ci sia un referendum su tematiche internazionali». Bossi è d’accordo e in molti pensano e sperano che faccia sentire la sua voce oggi in piazza Duomo, magari solo con un collegamento telefonico. Quello che è certo, spiega Calderoli, «è che questa nostra battaglia non avrà riflessi sulla maggioranza, visto che non era negli accordi e non se n’è mai discusso. E’ una lotta che comincia ora e che sarà lunga. Vogliamo impedire questa operazione che è sconclusionata geograficamente, anti economica, pericolosa per l’identità del mondo occidentale e potenzialmente un cavallo di Troia per il terrorismo islamico».

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