Da La Repubblica del 11/12/2004

Senza vinti né vincitori

di Giuseppe D'Avanzo

LO SPIRITO pubblico italiano, che non ha conosciuto la Riforma, ha inventato l´esprit florentin, impasto di compromesso, tolleranza, furbizia. Diciamo allora che questa sentenza "fiorentina" è molto in sintonia con lo spirito pubblico italiano. È ballerina al punto giusto da lasciare tutti gli agonisti - accusa e imputato, il "partito delle procure" e il potere dell´Egoarca nemico di ogni contrappeso - con la bocca amara e appena qualche granello di zucchero sulle labbra. D´altronde i giudici non sono essenza angelica. Respirano l´aria che tira e la patiscono. Il tribunale milanese sceglie così una via di mezzo. Mena un colpo al cerchio e uno alla botte. Nel campo di battaglia non ci sono vinti e non ci sono vincitori. Oppure, se si vuole, ci sono soltanto vinti o soltanto vincitori.

Si levano molti suoni sconnessi e interessate litanie, in queste ore. Se si ha voglia di capire, conviene stare alla lettera della sentenza letta dal presidente Francesco Castellano. Spogliata dai tecnicismi, è molto chiara nei suoi mezzitoni. Il tribunale ha sezionato le accuse in quattro paragrafi. Traduciamoli.

1. Berlusconi, il 6 marzo del 1991, ha pagato con 434.407,87 (500 milioni di lire) il giudice Renato Squillante triangolando il denaro sul conto di Cesare Previti? Sì, rispondono i giudici, Berlusconi ha pagato quel giudice e "abbiamo qualificato il fatto come corruzione". Ora però se si valuta che l´imputato è incensurato o, come ha scritto la Cassazione, "ha condotto successivamente" al delitto una vita senza inciampi, egli merita le attenuanti generiche. È un riconoscimento che accorcia i tempi della prescrizione. La corruzione c´è stata, ma il reato è estinto. È troppo tardi per punirlo.

2. Berlusconi era complice di Pietro Barilla quando, il 26 luglio del 1988, l´industriale di Parma consegnava un miliardo di lire ad Attilio Pacifico che si incaricava poi di dividerlo tra Previti (850milioni) e Squillante (100)? Non possiamo dirlo, rispondono i giudici.
Le prove sono contraddittorie e non si può sostenere che Berlusconi fosse complice. Quindi, per noi, non ha commesso il fatto. Il pagamento corruttivo c´è stato, ma non ci sono prove sufficienti per dire che anche l´imputato ne fosse consapevole o responsabile.

3. Berlusconi s´è mosso, insieme a Previti e Pacifico, per convincere Squillante a compiere atti contrari ai suoi doveri, come a esempio "vendere le sue pubbliche funzioni" agli interessi della Fininvest? No, è la sentenza dei giudici, Berlusconi non ha commesso questo reato. Anche in questo caso, la corruzione c´è stata, ma questa volta, per Berlusconi, l´assoluzione è piena. L´imputato è innocente. Non ha retribuito stabilmente Squillante. Non ne sapeva niente. Quelle manovre riguardano solo gli altri due, Previti e Pacifico (già condannati).

4. Berlusconi ha pagato corrompendolo il giudice Filippo Verde "perché ponesse la funzione giudiziaria al servizio dei suoi interessi" nella contesa tra Iri e Buitoni per la cessione del pacchetto azionario della Sme? Non ci sono prove sufficienti e concordanti che la corruzione di Verde ci sia davvero stata, dicono i giudici. Quindi, Berlusconi va assolto. Queste le decisioni del tribunale di Milano. Chi se ne può vantare? Chi deve dolersene?

«Avevo ragione di essere sereno perché avevo piena coscienza di non aver commesso nulla», dice Berlusconi. Il sollievo appare deperibile. Gli si può opporre. Con la prescrizione, si cava d´impaccio dalla sentenza comprata della Mondadori perché, come ha scritto la Corte d´appello di Milano, "le sue attuali condizioni di vita individuale e sociale di oggettivo rilievo" gli valgono le attenuanti generiche. E´ il presidente del Consiglio. Bisogna averne riguardo. È lo stesso riguardo che gli concede il tribunale oggi. Ha corrotto Squillante, ma merita qualche attenuante. Forse è stato costretto. Comunque è incensurato. È vero, non ci sono prove sufficienti per dirlo colpevole d´altre corruzioni, ma quel che è sotto gli occhi di tutti non piace né rasserena. L´imprenditore, che si vanta d´essersi fatto da sé e da solo, che magnifica il mercato e la libertà, manipola il primo e umilia la seconda. È circondato da corruttori (Previti) e s´è avvalso di corrotti (Squillante). In almeno un caso, egli stesso ha ceduto alla tentazione di comprarsi la funzione giudiziaria (Squillante) e l´attenzione politica (Craxi). In ogni caso - ma questo non tocca dirlo ai giudici - è documentato che Berlusconi ha protetto e accresciuto la fortuna della Fininvest con metodi illeciti e mosse fraudolente. Se ne può forse vantare un imprenditore "fiorentino", ma uno statista europeo?

Veniamo alla procura di Milano. Ora sono dieci anni che verifica gli affari di Berlusconi. Contro di lui e contro i dirigenti del suo gruppo sono stati avviati (dati 2003, fonte Berlusconi medesimo) "87 procedimenti penali, sono state celebrate a oggi (29 gennaio 2003) 1.561 udienze processuali, sono state effettuate 470 visite della Polizia giudiziaria e della Guardia di Finanza, sono stati asportati ed esaminati documenti aziendali per oltre 1 milione di pagine, sono stati passati ai raggi X oltre 270 conti correnti e depositi presso oltre 50 banche in Italia e all´estero". Questo imponente lavoro investigativo ha prodotto, per Berlusconi, assoluzioni, prescrizioni, nessuna condanna. Lo scarto visibilissimo tra le iniziative istruttorie e gli esiti processuali alimenta un´interminabile polemica politica che dibattimenti e sentenze non spengono. Al contrario, accendono con ferocia fino ad allungare - accortamente manipolate dai media controllati dall´Egoarca - ombre sull´imparzialità della magistratura. Chi in toga può dirsene soddisfatto o rasserenato?

Senza vinti né vincitori, ci potremmo consolare con il pensiero che l´esito di questa storia possa essere utile almeno a chiudere una stagione e a inaugurarne un´altra in cui magistratura e politica non si guardano in cagnesco. Purtroppo, c´è da dubitarne. È l´ultimo senso di quest´affare giudiziario, attraversato da cima a fondo dalla pericolosa tentazione giacobina del governo di considerare legittimo un solo potere, il potere politico. Per dirla con le parole di Berlusconi, «in una democrazia liberale chi governa per volontà sovrana degli elettori è giudicato, quando è in carica e dirige gli affari di Stato, solo dai suoi pari, dagli eletti del popolo» e non da burocrati in toga. Questo era e rimane il terreno di scontro. I poteri sono equiordinati e distinti e ognuno è limite dell´altro? O il solo potere è quello politico e ha una primazia sugli altri, che sono deroghe, eccezioni? Per dirla in un altro modo, i potenti hanno gli stessi diritti e responsabilità di chi potente non è o chi ha il potere deve essere giudicato per quel che è, non per quel che fa o ha fatto?

Fino a quando non ci saranno risposte definitive ed esiti duraturi a queste domande e a questo conflitto, sarà difficile pensare a un "cambio di stagione" nei rapporti tra politica e magistratura.

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