Da La Stampa del 12/11/2004

Il dibattito fede-laicità

Noi europei siamo figli dei Lumi

di Michele Ainis

C’è un che di semplicistico, e forse anche di rozzo, nella discussione sul rapporto fra religione e politica che divampa in questi giorni. Tutto nasce da una (falsa) equazione, che a sua volta misura la distanza fra gli umori del popolo americano e quelli dei burocrati europei, e che sancirebbe in ultimo il ritardo - se non il vuoto morale e intellettuale - di Strasburgo verso Washington. In sintesi: il presidente Bush è appena stato rieletto trionfalmente cavalcando i valori della comunità cristiana, professando in pubblico la propria fede religiosa, abbracciando sacerdoti in campagna elettorale. Viceversa l'Europa negli stessi giorni ha decretato l'ostracismo a Buttiglione per le medesime ragioni, dopo aver rifiutato d'inserire nella sua Costituzione ogni riferimento alle radici cristiane della cultura occidentale. Gli americani hanno pertanto un'anima, gli europei no.

Conviene allora dirlo con chiarezza: fra questi eventi non c'è contraddizione. E non ce n'è perché è diversa l'identità politica e giuridica dei popoli stanziati sulle due sponde dell'Atlantico. Il prossimo 20 gennaio Bush presterà giuramento sulla stessa Bibbia su cui nel 1989 aveva giurato già suo padre, e sulla quale due secoli prima giurò il primo presidente degli Stati Uniti, George Washington. La formula di questo solenne giuramento comprende un'altrettanto solenne invocazione a Dio - una sorta di preghiera laica, la medesima preghiera che stando alle statistiche 4 americani su 10 recitano prima di consumare i pasti, e che d'altronde viene celebrata (dal 1952) attraverso la Giornata nazionale della Preghiera, istituita da una legge federale.

Nulla di tutto questo nella vecchia Europa, nelle sue Costituzioni, nei suoi codici giuridici. La Francia è una Repubblica «laica», proclama il primo articolo della sua legge fondamentale. Affermazioni analoghe risuonano nella Costituzione finlandese e in varie carte dei diritti. In Belgio e in Lussemburgo è stabilito che il matrimonio civile dovrà sempre precedere la benedizione nuziale. Altrove viene dettato a chiare lettere il principio di separazione fra Stato e Chiesa: è il caso della Spagna, del Portogallo, ed è poi il caso dell'Italia, dove peraltro l'Assemblea costituente discusse - e respinse - l'emendamento di La Pira che avrebbe iscritto il nome di Dio nella Costituzione. Noi europei siamo diversi, insomma. E lo siamo perché la nostra identità costituzionale non nasce - come negli Usa - da una guerra d'indipendenza vittoriosa, bensì dai venti dell'Illuminismo. Montesquieu, Voltaire, Rousseau sono i nostri padri, anche se Buttiglione lo ha un po' dimenticato. Sicché adesso non chiedeteci d'uccidere la nostra stessa genitura per difendere un altare.

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