Da La Repubblica del 05/11/2004

Parla Alfonso Pecoraro Scanio, leader dei Verdi ed ex ministro dell´Agricoltura. "Un danno per tutto il Paese"

"Sono i fondamentalisti del biotech e vogliono far fuori il made in Italy"

"Ricordo le pressioni: telefonate, discussioni nel governo, due visite dell´ambasciatore statunitense..."

di Antonio Cianciullo

ROMA - «Questo è fondamentalismo biotech. Ma come si fa a dire che il problema in Italia è il pesto? Non regge nemmeno come barzelletta. Purtroppo non è una barzelletta: è il tentativo di denigrare l´intera filiera dei prodotti tipici e biologici, il cuore del made in Italy alimentare. Un danno gravissimo per il Paese». E´ dura la replica di Alfonso Pecoraro Scanio, leader dei Verdi ed ex ministro dell´Agricoltura, all´appello pro ogm lanciato da un gruppo di scienziati che hanno contrapposto all´innocuità dei cibi transgenici il pericolo rappresentato dal basilico.

Veramente sono stati gli scienziati a parlare di fondamentalismo verde per la campagna contro gli ogm a tavola.
«Vede, se avessimo detto che chi mangia gli ogm muore di cancro avrebbero ragione ad accusarci. Ma noi abbiamo detto due cose molto diverse. La prima è che possono nascere problemi legati alle allergie. Una persona allergica alla noce brasiliana mangia una pannocchia di mais e viene colpita da una crisi perché nel mais c´era un gene di noce brasiliana: è successo. Il secondo punto estremamente grave è l´impatto ambientale che le monocolture transgeniche possono produrre: rischiamo di veder scomparire piante a cui è affidata la sopravvivenza di centinaia di milioni di persone».

Secondo lei dunque è in atto una campagna contro i prodotti tradizionali. Perché?
«Perché gli ogm verranno commercializzati con un´etichetta che li segnala come transgenici e le aziende temono che restino tutti sul banco. Attaccare i prodotti biologici vuol dire spostare l´attenzione, cercare un diversivo. Peccato che i veleni in natura esistono, pensiamo solo al curaro, ma sono conosciuti e sperimentati da migliaia di anni, mentre per i cibi transgenici non si può dire la stessa cosa».

La polemica che viene da una parte del mondo scientifico non è però cominciata in questi giorni.
«Infatti già nel 2001 venne organizzata una manifestazione alla quale aderirono due premi Nobel. Ma poi ci fu un chiarimento. Rita Levi Montalcini venne a palazzo Chigi a parlare con Giuliano Amato e con me. Spiegai che avevo raddoppiato i fondi per la ricerca scientifica in agricoltura ponendo un unico limite: la ricerca sul transgenico doveva avvenire non in campo aperto ma in serra o in locali confinati per evitare il rischio di una proliferazione incontrollata».

E come andò a finire?
«Formammo una commissione mista: alcuni scienziati indicati dal gruppo che aveva protestato, altri di nomina governativa. La commissione non riuscì a indicare una distanza di sicurezza, cioè una distanza che eviti agli agricoltori biologici o tradizionali il rischio di veder inquinati dagli ogm i loro campi».

Non crede che la bioingegneria possa dare un contributo fondamentale in campo medico?
«Assolutamente sì: la ricerca in questo senso va finanziata e incoraggiata. Il problema è che le stesse multinazionali che controllano il settore farmaceutico cercano di lanciare gli ogm a tavola, dove invece il transgenico non serve e al contrario rischia di far danni. E´ in questo intreccio industriale che nascono le basi della campagna contro il biologico in nome della scienza. Quando ero ministro, ricordo che le pressioni erano forti: tante telefonate, discussioni accanite con Umberto Veronesi, all´epoca ministro della Sanità, e due visite dell´ambasciatore americano».

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