Da Corriere della Sera del 05/11/2004

Barroso, l’ultimo assalto a Silvio «Sforzati, manca solo il tuo nome»

di Giuseppe Sarcina

BRUXELLES - L’altra sera, subito dopo cena, Barroso tenta l’ultimo assalto. Chiama, ancora una volta, direttamente Silvio Berlusconi. I due sono amici, «compagni di partito» nel Ppe e da qualche giorno legati l’uno all’altro dalla «sindrome del rimpasto». Il neopresidente della Commissione europea ha fretta. Ha già preparato tutto: nella nuova squadra da presentare al Consiglio europeo, manca solo la casella italiana. «Silvio, capisco le tue difficoltà di politica interna - comincia Barroso - ma ti chiedo di fare uno sforzo. Mi manca solo il tuo nome per chiudere». Qualche battuta e poi la conversazione si sposta sui possibili candidati. Il ministro Franco Frattini e l’ex ministro Giulio Tremonti, principalmente. Il leader portoghese, sia pure con tutto il garbo diplomatico di questo mondo, è chiaro: con Frattini non ci sarebbero problemi. L’Italia manterrebbe tranquillamente il portafoglio negato a Rocco Buttiglione («Giustizia, libertà e sicurezza»), vicepresidenza compresa. Quanto a Tremonti, Barroso si limita a riportare al premier italiano la nutrita serie di telefonate che ha ricevuto da europarlamentari di diversa provenienza. La sostanza: nulla da dire sulla competenza, ma l’ex ministro dell’Economia si è presentato più volte come «un euroscettico», con atteggiamenti addirittura beffardi nei confronti della Commissione (nessuno qui ha dimenticato la polemica sui burocrati di Bruxelles: «Ci viene anche imposto come inscatolare le cipolle, per taglia e colore»).

Berlusconi, però, prende tempo e congeda Barroso più o meno con queste parole: farò il possibile, ma per ora non sono in grado di darti delle indicazioni. Naturalmente il premier deve incrociare le coordinate «dettate» da Bruxelles con la scacchiera italiana, il trasloco di Gianfranco Fini agli Esteri, l’ingresso al governo di Marco Follini, l’eventuale spostamento di Buttiglione. Il lavoro di incastro era cominciato già lunedì, quando Berlusconi aveva parlato a lungo con il capogruppo del Ppe all’Europarlamento, Hans-Gert Pöttering. Anche in questo caso il tema era uno solo: il nome, manca solo il candidato italiano per chiudere l’accordo. Ieri sera, raggiunto al telefono, Pöttering conferma la telefonata («ma non posso rivelare i dettagli di conversazioni private») e aggiunge solo un «caldo benvenuto» a Frattini: «Sono sicuro che sarà un buon commissario». Tutto il resto, dice, sono «speculazioni». Ci sono, però, altri fatti da allineare e qualcosa ancora da spiegare. Mercoledì notte, dunque, Berlusconi rimpalla, ancora una volta, le richieste di Barroso. Poco dopo, però, dalla Farnesina avvisano i funzionari del Consiglio che il ministro Frattini il giorno dopo non avrebbe potuto partecipare alla cena dei ministri degli Esteri. Spiegazione ufficiale: Frattini rappresenterà il governo italiano ai funerali dello sceicco Zayed Bin Sultan Al Nahyan, ad Abu Dhabi, anche in segno di ringraziamento per l’aiuto degli Emirati Arabi nella vicenda di Simona Pari e Simona Torretta. Ieri mattina, però, qualche diplomatico, notando l’assenza di Frattini nella delegazione italiana si era messo sull’avviso: di solito il candidato, per una questione minima di protocollo, non è mai presente al momento di un annuncio ufficiale che lo riguarda.

Tuttavia, almeno fino al primo pomeriggio, i giochi sembrano ancora aperti. Berlusconi arriva a Bruxelles con il nome di Frattini in tasca, ma con l’idea di vedere se è ancora possibile guadagnare qualche giorno di tempo, in modo da sistemare anche la partita italiana. Si chiude in albergo, ma presto si rende conto di non poter controllare tutte le leve. Nel castello di Bouchout, a pochi chilometri dalla capitale belga, si riuniscono i dirigenti del Ppe, compresi 9 primi ministri che, di lì a poco, si ritroveranno nel Consiglio europeo. Manca solo Berlusconi, ma gli altri ci sono tutti, a cominciare dal presidente di turno della Ue, Jan-Peter Balkenende, e dal premier francese Jean-Pierre Raffarin. Il vertice mette il timbro sullo schema di accordo negoziato da Pöttering con Barroso e sul quale c’è un’intesa di massima con i colleghi degli altri due gruppi principali, il liberaldemocratico Graham Watson e il socialista Martin Schulz. In due parole: sì al «mini-rimpasto» progettato da Barroso, con l’Italia alla «Giustizia», purché il candidato sia «accettabile», e Frattini lo è, avevano fatto sapere, per le vie brevi, diversi parlamentari di punta, sia tra i liberali che tra i socialisti. Per Berlusconi diventa sempre più difficile camminare sul filo. O molla o lo aspetta una cena di inferno con gli altri capi di Stato e di governo. Alle cinque e mezza lascia l’albergo e raggiunge Barroso. Alle sette il portoghese entra in sala stampa con la lista dei nuovi commissari.

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