Da La Repubblica del 18/10/2004

Il deserto degli uomini in fuga oltre quel muro l´America

Arizona, ronde anti immigrati. Molti muoiono di fame e sete

La polizia di frontiera: "I nostri veri nemici sono i trafficanti di esseri umani"
Con i clandestini si teme che passino dal Messico anche armi e terroristi
Duecento miglia di confine fra Arizona e Messico pattugliate dai Border Patrol

di Alberto Flores D'Arcais

NOGALES (Arizona) - Il manifesto sembra fatto apposta per mettere paura ai bambini. Sotto l´immagine dell´uomo-morte, uno scheletro stilizzato che sembra vero, la parola "Coyote" campeggia in grande, a lettere rosse come il sangue, seguita dallo slogan in spagnolo: «muerte a quien lo sigue, no confies».

Lo slogan è efficace e purtroppo vero. Solo nell´ultimo anno sono più di duecento gli immigrati clandestini che si sono fidati, lo hanno seguito e sono morti lungo questo confine che divide l´Arizona dal Messico. Da queste parti il "coyote" non è l´animale che caccia i cadaveri e si nutre di rifiuti ma un essere umano, per quanto spregevole, che si arricchisce sulla pelle di uomini, donne e bambini; tutta gente che tenta di fuggire a una vita di stenti, povertà e violenza per cercare rifugio e un mondo migliore nel territorio del "grande vicino": gli Stati Uniti d´America.

Il manifesto sul "coyote" è attaccato ovunque nell´enorme stanzone con quattro grandi celle (tre per gli uomini, una per le donne) dove una quarantina di latinos sono agli arresti in attesa di essere interrogati. Siamo nella prigione del Border patrol, la polizia di frontiera che ogni giorno setaccia le duecento miglia di confine alla caccia - sempre fruttuosa - di chi cerca di entrare clandestinamente in Arizona.

«Se qualcuno accetta di parlare fate pure, però deve essere solo e fuori dalla cella, in modo che lo possiamo controllare a vista». Roberto Griffin è un robusto ufficiale del Border e dopo aver guidato all´interno del carcere un gruppo di giornalisti permette anche un colloquio con i prigionieri. L´unico che se la sente è Fernando, un ragazzo di 21 anni, che arriva dalla regione del Michoacan. Lo hanno catturato mentre si aggirava a pochi metri dal confine, era riuscito a passare «saltando il filo spinato», e adesso ha l´aria sbattuta, un paio di lacrime sul volto.

Fernando racconta della madre senza più marito, delle sorelle piccole che ha lasciato a casa, del viaggio di due giorni nascosto in un camion, di come sia stato aggredito la sera precedente da una «banda di teppisti messicani» che hanno rapinato lui e il suo amico di cui adesso ha perso le tracce. «Volevo andare ad Atlanta a raggiungere mio fratello, lui ha trovato un lavoro e ne avrebbe trovato uno anche per me». Atlanta e la Georgia distano dall´Arizona quasi tremila chilometri ma la cosa non lo spaventa: «Cosa farò? Ci riprovo, che altro devo fare?» Sono in molti a riprovarci e parecchi alla fine ce la fanno. «Controllarli tutti è impossibile», ammette Griffin, anche lui un latino, sia pure di terza generazione. «Da quando abbiamo iniziato l´operazione Safeguard quattro anni fa il numero degli arresti è diminuito anno dopo anno, anche se quest´anno - e non mi faccia dire perché - è di nuovo aumentato». Il "perché", alla fine Griffin lo ammette, è da ricercarsi nella proposta del presidente Bush della primavera scorsa quando promise di regolarizzare tutti i clandestini che si trovano negli Usa per lavorare; una proposta coraggiosa che provocò la netta opposizione di tutti i Border patrol degli Usa.

Se nel 2000 venivano arrestati 600 mila clandestini l´anno e nel 2003 circa 200 mila, quest´anno hanno tentato l´impresa 480 mila latinos provenienti dal Messico e da altri Stati del Centro e Sudamerica.

Grazie al gippone guidato dall´agente Clayton Merson è possibile visitare tutti i punti "caldi" del confine. Dentro Nogales un muro massiccio divide la città. Dalla parte dell´Arizona insegne luminose di negozi, supermercati pieni di merce, cartelli rigorosamente in spagnolo; dalla parte messicana l´unica somiglianza è la lingua, per il resto si intravedono solo pub, ristoranti che promettono cibo piccantissimo e locali di spogliarello casareccio.

Lungo il confine ogni giorno passano decine di migliaia di pendolari, tutti muniti di una sorta di carta bancomat che gli permette di stare in Arizona per un massimo di trenta giorni senza allontanarsi oltre sessanta miglia dal confine. La stragrande maggioranza passa la frontiera per fare spese e per lavorare alla giornata, e il paffuto Clayton - un ex militare che ha scelto il Border per fare una vita «più sana e tranquilla» - non è in grado di dire quanti ne approfittino per andare verso Stati più lontani.

«Ogni giorno ne arrestiamo tra i trenta e i quaranta, quanti ne entrano veramente non lo potremo sapere mai». Clayton non lo dice ma si stima che per ogni arresto c´è uno che ce la fa. Basta fare un po´ di calcoli per capire che solo nell´ultimo anno sono circa un milione gli alien, immigrati illegali, che sono entrati dall´Arizona.

Sui morti ci sono cifre divergenti. Nei conti ufficiali del Border i morti del 2004 fino al 30 settembre sono stati 172. Secondo le organizzazioni per i diritti umani e le inchieste giornalistiche sarebbero invece 219. Nel deserto di Sonora capita di trovare corpi ormai putrefatti e irriconoscibili, mucchi di ossa divorate dagli animali senza che attorno ci siano tracce di vestiti o altro che serva all´identificazione. I più muoiono nei canali di irrigazione vicino Yuma e nei vari tunnel scavati senza badare alla sicurezza, ma che a volte finiscono ingegnosamente dentro case private. In uno, da cui esce un puzzo terrificante, gli agenti hanno beccato proprio sotto il naso dei giornalisti una signora incinta, con un´altra donna e quattro bambini.

«E´ una guerra che non potremo vincere mai». Anche Roberto Griffin alle dieci di sera è provato dalla stanchezza e si lascia andare a qualche considerazione poco ortodossa. «Non creda che sia divertente andare a caccia di donne e bambini senza colpa e riportarli indietro in quello che spesso è un inferno. Ma è il nostro mestiere». Racconta di quando i clandestini passavano dalla California e dal Texas e di cadaveri nel deserto non se ne trovavano mai; parla del giro di vite federale negli anni Novanta che ha chiuso i vecchi passaggi costringendo gli alien a tentare le vie più impervie dell´Arizona; spiega nei dettagli i pagamenti (una media di 2000 dollari a persona) e come il crimine organizzato rispetti i patti: chi non riesce a passare non paga. Per chi sgarra non c´è invece pietà, un parente da ricattare, minacciare e, se serve, uccidere si trova sempre, di qua o di là del confine.

In fondo gli agenti ammirano i clandestini, sono uomini come i loro padri e i loro nonni, costretti dalla vita a misurarsi contro l´impossibile. «Sa chi non sopporto invece? I "coyote" e i vigilantes». I vigilantes sono cittadini "per bene" che si divertono a dare la caccia ai clandestini. Visto che in Arizona i fucili sono a disposizione di tutti, loro se ne vanno in giro lungo il confine e quando individuano la preda la bloccano per consegnarla agli agenti: «Non mi piacciono, non è il loro mestiere». Gli altri "nemici" dei Border patrol sono i messicani che da oltre confine li bombardano con sassi.

Dopo l´11 settembre il timore che in mezzo ai clandestini possano entrare anche terroristi legati ad Al Qaeda è diventato un nuovo fronte da tenere sotto osservazione. «Oggi la nostra prima battaglia non è contro clandestini e droga ma per impedire che dall´Arizona entrino armi di sterminio di massa», dice l´agente con aria ufficiale l´agente Clayton. Di terroristi al momento non se ne sono visti, ma le nuove norme di sicurezza hanno portato al Border patrol di Tucson e Nogales 30 milioni di dollari in nuova tecnologia e duecento agenti in più.

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