Da Corriere della Sera del 13/10/2004

Inni alla «grande intesa». Ma resta il nodo riforme

di Massimo Franco

La prima impressione è quella di un pasticcio: un inciampo parlamentare del centrodestra che non riesce ad accordarsi su una riforma istituzionale; ma rimedia fra mille scuse reciproche. La bocciatura dell’articolo che stabilisce i poteri del presidente della Repubblica, però, verificatasi ieri perché An ha votato insieme all’opposizione, suggerisce una lettura meno affrettata. Il vertice notturno a palazzo Chigi con Silvio Berlusconi, ha fatto pensare a qualcosa di più serio: qualcosa che poteva mettere a repentaglio le riforme alle quali la Lega subordina la permanenza nel governo. Ed è stato evocata una rottura. Il ministro lumbard Roberto Calderoli aveva spiegato che «se c’è la volontà politica si supera tutto». E infatti, poco prima di mezzanotte la riunione è finita con inni ad una «grande intesa», mediata dal premier. Ma aleggia il sospetto che le riforme istituzionali possano diventare il terreno sul quale si consumano le rese dei conti nel centrodestra. Ogni tensione sulla legge finanziaria; ogni sgarbo vero o presunto fra alleati, promette di trasformarsi in assenze in aula, voti contrari, «malintesi»: come se procedere a maggioranza non creasse già abbastanza problemi.

Ignazio La Russa, coordinatore di An, si è difeso dall’accusa di aver votato con il centrosinistra. Ha detto che si rischiava di approvare una norma per scarcerare il mandante dell’omicidio del commissario Calabresi, Adriano Sofri, senza che l’ex capo di Lotta continua chiedesse la grazia; ed ha tacciato di incoerenza Udc e Lega. Ma poi, La Russa ha aggiunto che «la gente vota più volentieri quando si sente parte di una maggioranza che non fa sgambetti; che non boccia emendamenti dopo avere promesso di approvarli».

Sono parole nelle quali è stata colta un’allusione ai 17 punti cari ad An, eliminati dalla finanziaria su iniziativa della Lega. I berlusconiani hanno sentito odore di faida interna; e invitato a circoscrivere l’«incidente di percorso». Sapevano che il presidente del Consiglio vuole votare la riforma entro fine settimana, perché poi si comincia con la finanziaria. La tentazione dell’«occhio per occhio» parlamentare, alla fine, è rientrata. Berlusconi ha ricompattato la coalizione; ma i rapporti fra i partiti rimangono tesi: soprattutto fra An e Udc, ex sodali per la pelle.

I centristi di Follini hanno cercato di cavalcare l’incidente. La battuta d’arresto sul capo dello Stato «rischia di pregiudicare tutta la parte sul premierato» che sta a cuore a Fini. Ieri sera, l’Udc è andata a palazzo Chigi con la parola d’ordine: è «da irresponsabili» fare finta di niente. Ma Follini è stato indotto a più miti consigli. Anche se si accentua la sensazione di una riforma costituzionale non solo frettolosa, ma accompagnata dalle riserve mentali di alcuni fra quelli che si dicono d’accordo ad approvarla presto e ad ogni costo.

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