Da Corriere della Sera del 25/09/2004
Sinistra francese divisa, Carta Ue a rischio
Fabius si schiera per il «no» al referendum sulla Costituzione e spacca il partito socialista
di Massimo Nava
PARIGI - In apparenza è un caso politico tutto francese. Una rissa nella sinistra, che rivela vecchi vizi e vocazione al suicidio proprio dopo la straordinaria vittoria alle elezioni di primavera. Il che, peraltro, non è un'esclusiva della sinistra francese. Ma le sue conseguenze potrebbero essere devastanti per l'Europa, con il paradosso che sia proprio la Francia a mettere i bastoni fra le ruote a un'integrazione più forte ed efficace di cui l'equilibrio del mondo ha disperatamente bisogno.
Laurent Fabius, l'ex primo ministro di Mitterrand ed ex ministro delle Finanze nell'ultimo governo della «gauche», nei giorni scorsi si è schierato per il «no» alla Costituzione europea che in Francia sarà sottoposta a referendum la primavera prossima. La posizione di Fabius, per quanto minoritaria nella sinistra, rischia di saldarsi al tradizionale nazionalismo dei francesi, all'indifferenza per un testo comunque poco letto e poco conosciuto e soprattutto all'ostilità all'allargamento della Ue da parte di settori della destra e correnti cosiddette «sovraniste», oltre che alla storica opposizione all'Europa del Fronte nazionale di Le Pen.
I sondaggi già indagano sul pericolo: 48 per cento d'indecisi, 34 a favore, 18 contro. Ma il «no» potrebbe essere condizionato anche da motivazioni estranee all'Europa: un voto contro il presidente Chirac, visto che la decisione di chiamare i francesi a votare è soprattutto sua.
Quella di Fabius è capriola ideologica clamorosa, poiché il numero due del partito socialista si è trasformato da teorico di una sinistra riformista che aspira a governare il Paese a capopopolo della sinistra radicale, interna ed esterna al partito, coagulando i consensi dei comunisti, di parte dei verdi e di quanti in Francia considerano la nuova Costituzione «il cavallo di Troia della globalizzazione», la fine del modello sociale europeo, il trionfo del liberismo mercantile.
In pochi mesi, Fabius ha cambiato look, ha abbandonato cravatta e gessati grigi del brillante tecnocrate che sembrava stare a sinistra per caso. Adesso - jeans e giubbetti sbarazzini - continua a dire solo «cose di sinistra», cui buona parte dei francesi sono sensibili quando si agitano ideali o si difende lo Stato provvidenza. La scelta di Fabius ha provocato un terremoto nel partito.
Il segretario Hollande, l'ex primo ministro Jospin, il più convinto dei riformisti Strauss-Kahn, ma anche la corrente di Martine Aubry e Jack Lang denunciano i rischi di affossamento della Costituzione europea e di paralisi del processo d'integrazione. Oltre che di isolamento dei socialisti francesi nella sinistra europea.
Nessuno nasconde difetti e limiti della creatura di Giscard, ma si sostiene che un compromesso è comunque meglio di un'Europa allo sbando. La sinistra interna si è schierata con Fabius. In dicembre il partito dovrà esprimersi in un referendum interno dagli esiti incerti: considerando il carisma dell'ex ministro, almeno un terzo dei socialisti potrebbe seguirlo. Quanto basta per condizionare l'esito del voto nazionale.
Molti osservatori - e sottovoce i compagni di partito - confinano la scelta di Fabius nella sfera cinica e poco dignitosa delle ambizioni personali, che, come ogni estremismo, finisce per favorire l'avversario. In questo caso, gli avversari dell'Europa.
In un Paese dove i tempi della politica sono dettati dall'Eliseo e dalla corsa per conquistarlo, Fabius ha capito che nella sinistra i giochi sono praticamente già fatti. Toccherà al segretario Hollande, l'uomo che ha saputo rilanciare il partito e battere la destra alle elezioni, il compito di sfidare l'eterno Chirac o più probabilmente l'ormai irrefrenabile Nicolas Sarkozy. Rompendo l'unità del partito e conquistando consensi a sinistra, Fabius spera di rientrare in pista.
L'ex primo ministro rifiuta ovviamente di ridurre tutto ad un calcolo personale. Dopo mesi di riflessioni e viaggi, anche negli Stati Uniti, ha posto il problema della crisi della sinistra e più in generale della politica. E' convinto che le sconfitte subite, il distacco delle élites dalla gente, i problemi internazionali abbiano aperto un nuovo ciclo ideologico. E ha scelto la strada dell'opposizione frontale, di una nuova convergenza di movimenti e partiti di sinistra.
Mitterrand, alleandosi con i comunisti, teorizzò la rottura con il capitalismo, creando il caso francese nell'Europa della Guerra Fredda. Fabius, il tecnocrate chiamato allora a correggere quella deriva, confida oggi sulla crisi di rigetto del liberismo in un'Europa dominata dall'insicurezza sociale e dalla paura della globalizzazione. E il no alla Costituzione diventa la prima barricata.
Laurent Fabius, l'ex primo ministro di Mitterrand ed ex ministro delle Finanze nell'ultimo governo della «gauche», nei giorni scorsi si è schierato per il «no» alla Costituzione europea che in Francia sarà sottoposta a referendum la primavera prossima. La posizione di Fabius, per quanto minoritaria nella sinistra, rischia di saldarsi al tradizionale nazionalismo dei francesi, all'indifferenza per un testo comunque poco letto e poco conosciuto e soprattutto all'ostilità all'allargamento della Ue da parte di settori della destra e correnti cosiddette «sovraniste», oltre che alla storica opposizione all'Europa del Fronte nazionale di Le Pen.
I sondaggi già indagano sul pericolo: 48 per cento d'indecisi, 34 a favore, 18 contro. Ma il «no» potrebbe essere condizionato anche da motivazioni estranee all'Europa: un voto contro il presidente Chirac, visto che la decisione di chiamare i francesi a votare è soprattutto sua.
Quella di Fabius è capriola ideologica clamorosa, poiché il numero due del partito socialista si è trasformato da teorico di una sinistra riformista che aspira a governare il Paese a capopopolo della sinistra radicale, interna ed esterna al partito, coagulando i consensi dei comunisti, di parte dei verdi e di quanti in Francia considerano la nuova Costituzione «il cavallo di Troia della globalizzazione», la fine del modello sociale europeo, il trionfo del liberismo mercantile.
In pochi mesi, Fabius ha cambiato look, ha abbandonato cravatta e gessati grigi del brillante tecnocrate che sembrava stare a sinistra per caso. Adesso - jeans e giubbetti sbarazzini - continua a dire solo «cose di sinistra», cui buona parte dei francesi sono sensibili quando si agitano ideali o si difende lo Stato provvidenza. La scelta di Fabius ha provocato un terremoto nel partito.
Il segretario Hollande, l'ex primo ministro Jospin, il più convinto dei riformisti Strauss-Kahn, ma anche la corrente di Martine Aubry e Jack Lang denunciano i rischi di affossamento della Costituzione europea e di paralisi del processo d'integrazione. Oltre che di isolamento dei socialisti francesi nella sinistra europea.
Nessuno nasconde difetti e limiti della creatura di Giscard, ma si sostiene che un compromesso è comunque meglio di un'Europa allo sbando. La sinistra interna si è schierata con Fabius. In dicembre il partito dovrà esprimersi in un referendum interno dagli esiti incerti: considerando il carisma dell'ex ministro, almeno un terzo dei socialisti potrebbe seguirlo. Quanto basta per condizionare l'esito del voto nazionale.
Molti osservatori - e sottovoce i compagni di partito - confinano la scelta di Fabius nella sfera cinica e poco dignitosa delle ambizioni personali, che, come ogni estremismo, finisce per favorire l'avversario. In questo caso, gli avversari dell'Europa.
In un Paese dove i tempi della politica sono dettati dall'Eliseo e dalla corsa per conquistarlo, Fabius ha capito che nella sinistra i giochi sono praticamente già fatti. Toccherà al segretario Hollande, l'uomo che ha saputo rilanciare il partito e battere la destra alle elezioni, il compito di sfidare l'eterno Chirac o più probabilmente l'ormai irrefrenabile Nicolas Sarkozy. Rompendo l'unità del partito e conquistando consensi a sinistra, Fabius spera di rientrare in pista.
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