Da La Repubblica del 24/09/2004

Nei testi di Ansar al Zawahiri accuse confuse e contraddittorie, diverse da quelle delle altre fazioni

Un gruppo, troppe rivendicazioni tutti i misteri di quei messaggi

Nessuna delle anomalie del sequestro delle due volontarie è stata finora chiarita
La sequenza degli avvertimenti indica però una sorta di "discorso politico"

di Giuseppe D'Avanzo

Il governo non è più del tutto convinto che sia aria fritta l´annuncio di Ansar Al Zawahiri («Abbiamo ucciso Simona Pari e Simona Torretta con il coltello senza pietà»). Attenzione. Questa incertezza non significa che, come per il dramma che minaccia, il messaggio sia autentico. È un´incertezza che invita alla prudenza. Che impone di guardare meglio senza pregiudizi che cosa si nasconde tra le parole di quei proclami politici e dietro questa sigla finora sconosciuta o conosciuta soltanto dall´8 settembre. Il lento slittamento delle convinzioni del governo si avverte, quasi all´improvviso, nelle prime ore del pomeriggio. Fino a quel momento si raccolgono parole rassicuranti. Se l´annuncio di morte della notte diffuso dall´Organizzazione della Jihad è farlocco - si può sentir dire da fonti istituzionali - a maggior ragione è inattendibile questo secondo avviso, perché Ansar Al Zawahiri lo abbiamo già conosciuto. È apparso per la prima volta il giorno dopo il sequestro rivendicando il rapimento delle due Simone. Si è rifatto vivo il 10 settembre quando, lanciando un ultimatum di 24 ore, ha chiesto la «liberazione delle detenute irachene in cambio di pochissime informazioni».

Ansar Al Zawahiri, sempre, è stato giudicato inesistente e le sue minacce prive di credibilità. Meritevoli di un qualche interesse soltanto per una coincidenza. Anche Tawhid wal Jihad, la fazione di Al Zarqawi, chiede la liberazione delle donne irachene in prigione. La circostanza fa pensare che dietro il sequestro delle due Simone ci possa essere la mano di chi ha rapito Jack Hensley, Eugene Armstrong (decapitati) e Kenneth Bigley.

Accade ora che l´intelligence lavorando sul sito che ha ospitato l´ultima comunicazione di Ansar Al Zawahri e analizzando i messaggi inviati dall´username scopre che c´è un altro messaggio, il 19, e un ultimatum, il 21 settembre e quindi, con quello di ieri, sono cinque.

Nel primo messaggio, il gruppo racconta di aver affrontato un conflitto interno tra chi voleva subito eseguire la condanna a morte e chi riteneva di dover attendere la conclusione della visita del presidente iracheno al Yawar al capo dello Stato italiano. Nel secondo annuncia la morte delle due Simone «in risposta al rifiuto del governo italiano alle nostre richieste». È questa sequenza di minacce, richieste, ultimatum che raffredda la sicurezza dell´intelligence e del governo. Non è più la sortita solitaria di un mattacchione o di uno sciacallo. La serialità degli avvertimenti è un "discorso politico" che rimette tutto in discussione. Che impone di ricominciare l´analisi dell´attendibilità di Ansar al Zawahiri di nuovo e daccapo, senza prevenzioni. Senza dare nulla per scontato. Né la fondatezza delle minacce né la loro inattendibilità. Né che il gruppo sia soltanto una «presenza di aggressione mediatica» né che abbia davvero in ostaggio Simona Pari e Simona Torretta. Perché è anche ragionevole chiedersi se non sia l´attendibilità del gruppo la questione, ma l´intensificarsi dei messaggi. «Come se - spiegano gli uomini del Ros dei carabinieri - l´intensificarsi dei messaggi annuncino che qualcosa presto accadrà o, in alternativa, che ambienti vicini ai terroristi premono perché qualcosa presto accada».

Sono dubbi che perdono consistenza se si sceglie "la lettura" araba dei messaggi di Ansar al Zawahiri. Un lettore arabo noterà che quei testi sono scritti - come è evidente nella ortografia della lettera i - da un egiziano. Viene osservato: «Che si sappia, non c´è nessun egiziano tra i mujahiddin che combattono in Iraq né tra i gruppi dirigenti della guerriglia». C´è un altro argomento a favore dell´inattendibilità: le rivendicazioni. Troppe. Troppo confuse. In qualche caso, incomprensibili e contraddittorie. Nel comunicato di ieri, Ansar al Zawahiri spiega le ragioni della presunta decapitazione delle nostre Simone affastellando «i massacri di Nassiriya», «gli stupri commessi in Iraq dalle forze sioniste», le «violenze nelle prigioni cecene», «la liberazione delle prigioniere musulmane», «l´umiliazione indirizzata dal popolo italiano all´Islam quando si è detto che la civiltà occidentale è superiore alla civiltà islamica» e «le esecuzioni di musulmani nelle prigioni segrete della Macedonia» e incomprensibilmente le minacce «al governo danese»: «Non saremo tolleranti con qualsiasi danese che cadrà nelle nostre mani, anche se tutto il popolo danese si inginocchierà». Troppo. «È come se un egiziano, molto infelice in Europa, abbia con un copia e incolla assemblato in una sola mail tutte le richieste delle fazioni combattenti e terroristiche irachene e il risentimento delle comunità della diaspora». Al contrario di quanto accade per Ansar Al Zawahiri, le fazioni del terrore iracheno hanno finora concentrato in una sola richiesta il ricatto di morte. Via l´impresa dall´Iraq, se si trattava di lavoratori e tecnici. Via le truppe, se si trattava di un cittadino dei Paesi della coalizione. Liberazione delle detenute irachene per gli ostaggi di queste ultime due settimane. «Mai è accaduto che le richieste fossero enciclopediche», si conclude.

Quale che sia l´attendibilità di Ansar al Zawahiri e di quel che va dicendo, nessuna delle anomalie del sequestro di Simona Pari e Simona Torretta, al diciassettesimo giorno, è stata rimossa. Non si sa se sono vive. Non si sa quale gruppo le ha rapite; quale le ha in ostaggio; quale detta le condizioni politiche del ricatto (ammesso che di ricatto politico e non economico si tratti). La nostra intelligence è al lavoro per raccogliere qualche informazione utile a illuminare almeno il primo aspetto della questione. Alla fonti irachene si chiede soprattutto di documentare le condizioni delle due Simone nella speranza che questa risposta apra la strada all´individuazione del gruppo e prepari un canale di trattativa. Ma finora questi tentativi non hanno fatto alcun passo in avanti. Al contrario più passano i giorni e maggiori sono i dubbi sollecitati dal caos di Bagdad dove anche il Consiglio degli Ulema, se discute delle due Simone, si contraddice. «Sono vive», dice Muthana al-Dhari. «Non sappiamo nulla», sostiene lo sceicco Abdul Settar Adul Jabarr.

Bisogna attendere, allora. Conservare la mente fredda e non lasciarsi travolgere dalla pena e dall´orrore. Bisognerà attendere - ritengono in molti - che si compia la crudele tragedia di Kenneth Bigley per toccare con mano se il sequestro di Simona Pari e Simona Torretta appartenga alla storia del terrorismo iracheno o sia un´altra pagina, un altro affare.

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