Da Corriere della Sera del 18/06/2004

Cheney: ne abbiamo abbattuti due. Rumsfeld: di che parli?

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Piangono in aula i congiunti delle vittime dell'11 settembre 2001. Davanti alla Commissione inquirente rivivono gli orror, minuto per minuto. I testimoni tracciano un quadro sconvolgente degli attentati e dell’impreparazione del governo.

Mentre a New York le Torri Gemelle crollano, è caos alla Faa, la Federal aviation administration, caos al Norad, il Centro del comando aereo strategico nel Colorado, caos alla Casa Bianca. Errori di valutazione, ritardi nelle comunicazioni, false informazioni paralizzano i vertice. «Quel giorno - ammette il generale Richard Myers, capo di Stato maggiore delle forze armate americane - combattemmo molti fantasmi. Non si capiva nulla, dicevano che stessero esplodendo delle autobomba». Commenta Tom Kean, il presidente della Commissione: «I piani esistenti non avevano quasi niente a che vedere col terrorismo. Le autorità dovettero improvvisare le difese contro una sfida senza precedenti a cui non erano mai state addestrate a rispondere».

Sono le 8,24 dell'11 settembre quando la Faa si accorge che il volo AA11 da Boston, il primo dei quattro voli dei terroristi, è stato dirottato. Alle 8,37 dà l'allarme al Neads, il locale comando militare, che incredulo ribatte: «E’ vero o è un’esercitazione?». Un caccia F15 decolla alle 8,46, nel preciso istante in cui l'aereo pilotato da Mohammed Atta si abbatte su una delle Torri. Alle 8,53 il top gun non ha ancora ricevuto ordini: sorvolerà Manhattan, insieme con un altro caccia, dopo che i terroristi avranno colpito la seconda Torre. La Faa è sopraffatta: il suo direttore non viene avvertito, apprende tutto dalla tv; un controllore di volo si trova a far fronte da solo a due dirottamenti; il terzo aereo sequestrato, diretto contro il Pentagono, scompare dai radar dalle 8.54 alle 9,30 per un guasto. Ma la Commissione non accusa gli uomini sul campo, ne elogia anzi l'impegno a sgomberare i cieli dai 4.500 apparecchi di linea in volo. Denuncia invece la mancanza di collegamenti tra i militari: il Norad sarà allertato quando tutto sarà finito.

In aula, viene trasmessa la registrazione dei moniti di Atta ai passeggeri: «State buoni, torniamo all'aeroporto. Se cercherete di fare qualcosa, metterete in pericolo l'aereo e voi stessi».

La Commissione rileva che alle 9, al momento di entrare in una scuola in Florida, il presidente Bush viene informato che un piccolo aereo biposto è caduto su una Torre. Pochi minuti dopo, con la seconda Torre in fiamme, la verità emerge e Bush viene portato di corsa sull’Air Force One. Alle 9,15 parla al telefono con il vicepresidente Cheney a Washington: «E’ guerra, qualcuno la pagherà». Alle 9,55 il presidente parte per destinazione segreta. Mentre il vicepresidente si è già rifugiato nel bunker sotterraneo della Casa Bianca, il terzo aereo dirottato si è già schiantato sul Pentagono, di nuovo i top gun sono giunti in ritardo.

Scende il silenzio quando l'aula ascolta la registrazione della telefonata di Cheney al ministro della Difesa Rumsfeld. Il vicepresidente ha ordinato ai caccia di abbattere gli aerei dirottati. Sono le 10,03 e la confusione è tale che Cheney non sa ancora che il quarto è precipitato a terra dopo che i passeggeri si sono rivoltati. E' persuaso che i caccia abbiano distrutto un paio di apparecchi. «Ci sono almeno tre aerei che stanno puntando su Washington. Il presidente ci ha autorizzato ad attaccarli». «Capisco - dice Rumsfeld -. Chi ha ricevuto l'ordine?». «Il centro operativo della Casa Bianca». «Ma i nostri piloti lo sanno?» insiste il ministro. «Sì, penso che ne abbiano fatti fuori due». Rumsfeld: «Non ne abbiamo conferma, nessun pilota ci ha informato».

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