Da La Repubblica del 27/03/2004

Il caso

Ma con Spd e sindacato è polemica

La corsa tedesca: "I primi a investire o saremo perduti"

di Andrea Tarquini

BERLINO - L´esportazione dei posti di lavoro tedeschi è ormai un tema di confronto centrale a Berlino. E´ sceso in campo anche il cancelliere Schroeder, accusando di «atteggiamento antipatriottico» gli imprenditori che spostano all´estero impianti o linee di produzione. E subito è scoppiato il putiferio: padronato, economisti, partiti conservatori si sono schierati a favore di Ludwig Georg Braun, presidente del Dihk (Unione di industrie e camere di commercio, la seconda associazione imprenditoriale del paese) reo di aver ammonito che il lavoro in Germania costa troppo. E che così appunto non si va avanti.

«Colpa delle riforme che segnano il passo», «colpa dello strapotere dei sindacati e del loro massimalismo antideregulation», dicono imprenditori e opposizione. E lo stesso superministro dell´Economia, Wolfgang Clement, dà loro in parte ragione: a volte, dice, spostare impianti all´estero è imperativo, sul fronte della globalizzazione la concorrenza internazionale certo non dorme. E il governo tedesco - discutendo di tasse punitive per gli imprenditori che non assumono apprendisti - non incentiva certo il capitale a investire a casa.

L´allargamento della Ue è un incubo per l´opinione pubblica tedesca, specie quella dell´Est, che teme un decollo della disoccupazione già alta. Ma per le imprese è una chance cui giungere preparati. Il made in Germany infatti - trasformato in "made by Siemens" o "made by Mercedes Benz" - è già fortissimo a Varsavia, Praga, Bratislava, Budapest, in Slovenia e nelle Repubbliche baltiche. Colossi come Siemens (elettronica, trasporti, telecomunicazioni) Aventis e Bayer (chimica e farmaceutica) o automobilistici (Volkswagen, DaimlerChrysler) hanno investito in massa oltre l´Oder e la Neisse. Vw ha enormi impianti a Bratislava, e ha rilevato la branca auto di Skoda salvandola dal marasma postcomunista. Siemens ha preso i comparti elettronica, centrali energetiche, ferroviario del colosso cecoslovacco. Grandi investimenti chimici ed elettronici tedeschi anche in Ungheria. E in Polonia, su 48mila società straniere presenti, il gruppo più grosso sono i seimila imprenditori tedeschi. E così l´estremismo con cui la IgMetall difende regole dure, salari alti, welfare e fisco pesante e orario corto potrà avere conseguenze devastanti per l´occupazione in Germania. Con l´est in casa la classe operaia tedesca non va più in Paradiso.

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