Da La Stampa del 02/03/2004
Marines e para’ alleati
Usa e Francia Haiti ricuce la ferita
di Maurizio Molinari
Soldati francesi e americani operano fianco a fianco ad Haiti per portare sicurezza e stabilità nel quadro di un intervento internazionale su mandato unanime del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. I racconti di cronaca da Port-au-Prince sui marines arrivati da Camp Lejeune in North Carolina ed i legionari provenienti dalle basi in Martinica e Guadalupa descrivono un evento militare dalla forte valenza politica per la Nato ed i rapporti fra Usa ed Europa. Quanto non è stato possibile fare a Baghdad nel marzo 2003 si realizza dodici mesi dopo nel bel mezzo del Mar dei Caraibi.
La ferita franco-americana che sembrava non rimarginabile per via dell'opposizione di Jacques Chirac alla deposizione armata di Saddam Hussein voluta da George W. Bush adesso passa in secondo piano di fronte alla reciproca necessità del colonnello David Berger, comandante del contingente dei marines, e del pari grado transalpino di coordinare posti di blocco, pattuglie e comunicazioni ad Haiti.
Le divisioni sull'Iraq non sono dimenticate ma il patto caraibico Chirac-Bush nasce da interessi convergenti: Parigi vuole dimostrare di continuare ad essere un attore di primo piano sugli scenari di crisi e mira a convincere gli Stati Uniti che il multilateralismo paga assai più del braccio di ferro all'Onu; la Casa Bianca repubblicana teme un'ondata di profughi sulle coste della Florida nell'anno elettorale, vuole smentire le accuse democratiche di unilateralismo ideologico e non le dispiace riuscirci a scapito dell'haitiano Aristide, creatura politica dell'amministrazione Clinton.
Il merito di aver compreso che Washington e Parigi avevano a portata di mano l'occasione della riconciliazione è stato del vero regista della cacciata del presidente haitiano: il capo del Quai d'Orsay Dominique de Villepin. Ma senza la spallata finale del Segretario di Stato Colin Powell - che vi sia stata o meno la cattura di Aristide da parte delle truppe speciali - non si sarebbe mai superato lo stallo.
Quanto avvenuto nelle ultime 72 ore a Port-au-Prince e dintorni rinsalda l'Alleanza Atlantica, coincide con la riconciliazione celebrata alla Casa Bianca fra Bush ed il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder ed anticipa l'intesa euro-americana che accompagnerà l'Onu ad assumere la guida della transizione in Iraq dopo il passaggio dei poteri in programma il 30 giugno.
Sembrano essere le premesse per trasformare il 60° anniversario dello sbarco in Normandia nell'inizio di una nuova fase dei rapporti euro-americani. Ciò non significa che le incomprensioni sulla guerra al terrorismo siano superate: Chirac e Schroeder ritengono sempre la dottrina dell'attacco preventivo una minaccia per l'ordine internazionale e Bush guarda ancora con sospetto a chi in Europa scommette sul multilateralismo per sfidare interessi e valori americani. Ma essere riusciti a sbarcare assieme sulle spiagge di Haiti è un'inversione di rotta che consente un cauto ottimismo. A patto che l'operazione di polizia abbia successo e riduca al silenzio i ribelli in armi.
La ferita franco-americana che sembrava non rimarginabile per via dell'opposizione di Jacques Chirac alla deposizione armata di Saddam Hussein voluta da George W. Bush adesso passa in secondo piano di fronte alla reciproca necessità del colonnello David Berger, comandante del contingente dei marines, e del pari grado transalpino di coordinare posti di blocco, pattuglie e comunicazioni ad Haiti.
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