Da Il Manifesto del 13/01/2004

L'impronta del terrore

Dal 5 gennaio, gli Stati uniti rilevano le impronte digitali agli stranieri che entrano nel paese. Ma un giudice brasiliano ordina che stesso trattamento sia riservato agli statunitensi. Ed è subito crisi diplomatica

di Marco D'Eramo

Un oscuro giudice federale dell'isolata regione del Mato Grosso è riuscito a mandare in bestia il segretario di stato statunitense Colin Powell e a incancrenire ancor di più il già teso incontro che doveva svolgersi ieri tra il presidente Usa George W. Bush e il presidente brasiliano Luis Ignácio Lula da Silva (detto Lula), a margine della conferenza panamericana in svolgimento a Monterey (Messico). Il giudice si chiama Julier Sebastião da Silva e ha creato una vera e propria crisi diplomatica tra i due maggiori stati del continente americano, quando con un'ordinanza ha decretato che in tutti i suoi posti di frontiera, porti e aeroporti, il Brasile prenda nei confronti dei cittadini statunitensi le stesse misure adottate dagli Stati uniti - per ragioni di sicurezza e di «guerra al terrorismo» - che dal 5 gennaio esigono impronte digitali e fotografia di ogni visitatore. Nel solo primo giorno di applicazione, sono stati schedati negli Usa 27.420 stranieri. Il provvedimento statunitense non si applica ai cittadini di 27 paesi (tra cui Australia, Canada, Giappone, Nuova Zelanda, Singapore e la maggior parte degli stati europei, Italia inclusa) che entrano negli Usa come turisti per meno di 90 giorni. Ma i cittadini di questi paesi che invece vi si recano per lavoro o per studio dovranno sottoporsi all'esame: vuol dire che da adesso in poi sarà fotografato e schedato con le impronte digitali chiunque di noi giornalisti italiani entri negli Usa. È stato calcolato che - escludendo gli esentati - saranno fotografati e schedati ogni anno circa 24 milioni di visitatori e immigrati.

E a far scattare la ritorsione del giudice del Mato Grosso è proprio il fatto che il Brasile non sia stato incluso tra i paesi esentati. «La considero un'azione assolutamente brutale, che minaccia i diritti umani, viola la dignità umana, è xenofoba e degna dei peggiori orrori perpetrati dai nazisti»: così il giudice Sebastião da Silva ha definito la schedatura.

Ma per gli americani il Brasile è stato escluso perché sarebbe ricettacolo di terroristi islamici quella porzione di territorio che è frontiera comune tra Brasile, Paraguay e Argentina, e che ha come centri principali Ciudad de l'Este in Paraguay e Cascavel in Brasile: secondo alcune fonti in questa zona sarebbero dissimulati ben tre campi di addestramento per la guerriglia, stile Afghanistan, e qui troverebbero rifugio molti quadri di Hezbollah. Qui prospera un fiorente mercato di documenti falsi: mercoledì scorso è stato arrestato un ufficiale di polizia brasiliano in procinto d'imbarcarsi su un volo da São Paulo con 36 passaporti (in bianco) italiani, spagnoli, portoghesi e messicani. Il Brasile si difende da queste accuse, affermando di non avere nessun problema di terrorismo islamico nel proprio paese e a sua volta giustifica la schedatura perché gli statunitensi potrebbero essere coinvolti in contrabbando di bambini e di specie animali rare e in via di estinzione.

Appena la polizia di frontiera brasiliana ha cominciato a eseguire l'ordinanza giudiziaria, subito il Dipartimento di Stato (nome americano per il ministero degli esteri) ha inviato una protesta diplomatica perché, come ha detto il portavoce Richard Boucher, la procedura brasiliana implica ritardi che possono giungere fino a 9 ore, mentre quella statunitense richiede solo "pochi secondi": affermazione contestata da molti turisti sottoposti a schedatura dal 5 gennaio, secondo cui l'attesa è stata molto maggiore.

«Rimpiangiamo il modo in cui sono state varate all'improvviso le nuove procedure che tra tutti i visitatori selezionano i cittadini Usa per un trattamento d'eccezione», è la protesta di Boucher riportata dal New York Times. A far imbestialire gli Usa c'è poi la schedatura del personale diplomatico statunitense, mentre diplomatici e funzionari pubblici brasiliani sono esentati dalle ispezioni negli Stati uniti. Perfino un senatore in visita, il repubblicano del Kansas, Pat Roberts, è stato costretto a sottostare alla schedatura.

A stare alle telefonate alle radio e alle lettere dei lettori ai giornali, in Brasile la sentenza del giudice del Mato Grosso ha ottenuto un largo consenso popolare. Ha invece allarmato finanza, industriali e operatori turistici. Una corporation statunitense ha già cancellato una gita di 240 suoi dipendenti e altre compagnie charter valutano se imitarla. E la città più colpita è Rio de Janeiro che ogni anno attrae 600.000 turisti gringos. Non stupisce perciò che proprio la sindachessa di Rio, César Maia, ha fatto ricorso contro l'ordinanza giudiziaria. Ma un giudice di Rio ha respinto la sua richiesta, perché la sindachessa non ha l'autorità legale di revocare un'ordinanza presa da un giudice in un altro stato. Anche l'Argentina ha protestato contro la schedatura brasiliana - ha scritto il quotidiano O Globo - perché provocherà indurimenti statunitensi nei confronti di tutti i sudamericani.

Ma il governo brasiliano si è rifiutato di far annullare l'ordinanza e la schedatura resterà in vigore almeno fino al 10 febbraio, a dimostrazione delle frizioni tra Brasile e Usa, esplose in varie occasioni, soprattutto a proposito del Mercato unico americano: il Brasile chiede, e non intende fare marcia indietro, che gli Stati uniti cessino i loro sussidi ai propri agricoltori e allevatori.

Ma la ritorsione brasiliana è solo la punta estrema dello scontento con cui molti paesi al mondo hanno accolto le nuove, inspiegabili misure antiterrorismo prese dagli Stati uniti: innanzitutto perché diventano così urgenti solo ora, a più di due anni di distanza dall'11 settembre? Se volevano mettere dei poliziotti armati sugli aerei, sarebbe stato più ragionevole farlo a ridosso dell'attentato contro il World Trade Center. Oltretutto questa iniziativa è stata respinta non solo da un governo assai militarizzato come la Thailandia, ma anche da Svezia, Portogallo e Sud Africa. La cancellazione dei voli British Airways, Air France e AeroMexico è altrettanto enigmatica. Per British ed Air France l'unico motivo possono essere piloti e assistenti di volo di religione islamica perché originari delle ex colonie (Pakistan, Bangladesh nel caso di British, Tunisia, Algeria e Marocco per Air France). E infatti Air France ha invitato i suoi dipendenti musulmani a non imbarcarsi più per i voli diretti negli Usa: come si vede, la situazione sta evolvendo verso una guerra contro l'Islam, checché se ne dica. L'unica spiegazione è che l'amministrazione Bush voglia mantenere alta la tensione dell'allarme terrorismo almeno fino alle elezioni di novembre. Ma la reazione del Brasile rischia di non essere isolata, anzi.

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