Da Corriere della Sera del 26/11/2003

La notte di Bruxelles

di Sergio Romano

Non vi è relazione a prima vista fra il Patto di stabilità, ignorato dai ministri economico-finanziari dell’Unione, e le trattative della Conferenza intergovernativa sul progetto di Costituzione europea. Il patto è uno strumento tecnico che fissa un po’ astrattamente il disavanzo dei membri dell’Ue e prevede ammende per chi non si attiene alle sue norme. La Costituzione, invece, è l’insieme delle regole istituzionali che i Paesi intendono adottare per un lungo periodo. Lo schiaffo alla Commissione non pregiudica quindi, in linea di principio, il negoziato che l’Italia dovrà condurre sino alla fine di dicembre. Qualcuno potrebbe persino sostenere che l’organo presieduto da Prodi se l’è meritato. Era davvero saggio multare due Paesi, Francia e Germania, che stanno adottando riforme utili, in ultima analisi, per la crescita economica dell’intera Unione? Può una commissione tecnocratica imporre la propria volontà, in nome di un patto «stupido» (così lo definì Prodi), a governi che devono rispondere ai loro elettori? Ma in realtà, purtroppo, fra la decisione dei ministri finanziari e il negoziato costituzionale, un legame esiste. La «notte di Bruxelles» conferma una tendenza ormai evidente. I governi sopportano male il potere della Commissione e vogliono recuperare quei pezzi di sovranità nazionale che le avevano liberamente ceduto. Il vento che soffia sull’Europa non è più quello unitario dei primi anni Novanta. E’ un vento egoista e nazionale, se non addirittura nazionalista. Sono nazionalisti, quando è in gioco il loro interesse, alcuni fra i Paesi fondatori. Sono nazionalisti i Paesi candidati, molti dei quali sembrano considerare l’Europa un «buon affare» più che una grande patria. La Convenzione di Giscard ha tenuto conto di questo clima e ha prodotto una bozza non particolarmente esaltante in cui le suscettibilità dei governi sono state sostanzialmente rispettate. Ma evidentemente non basta. Conoscevamo la cocciutaggine con cui Spagna e Polonia respingono le proposte sul voto a maggioranza e pretendono un peso di poco inferiore a quello dei Paesi più grandi. Sappiamo oggi che la Gran Bretagna è decisa a evitare qualsiasi cessione di sovranità in tre settori (politica estera, politica di sicurezza, politica fiscale) ed è pronta a usare il diritto di veto. Mai come in questi giorni la Costituzione ci è parsa una tela che tutti, pur di segnare un punto, sono pronti a strappare. La decisione di Bruxelles sul Patto di stabilità fornirà pretesti a tutti gli egoismi europei.

Può darsi che queste impennate di febbre nazionale e di arrogante egoismo appartengano alle abitudini dell’Ue. Come sempre litigheremo fino all’ultimo sull’orlo del precipizio, e come sempre, forse, riusciremo a trovare un onorevole compromesso. Ma il governo italiano farà bene a non farsi illusioni. La posta in gioco è alta, i giocatori sono quasi raddoppiati e vi sono Paesi come la Gran Bretagna che vogliono stare nell’Unione per controllarla, non per lavorare alla sua integrazione. Se il negoziato fallisce molti saranno segretamente contenti, ma prontissimi il giorno dopo, per nascondere le proprie responsabilità, a rimproverare il presidente di turno. Spero che questa riflessione abbia convinto Berlusconi a raddoppiare gli sforzi e che il testo di Costituzione proposto ieri da Roma ne sia la conferma.

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