Da Corriere della Sera del 15/11/2003

L'editoriale

Gli alleati e l'arma della democrazia

La strage dei soldati italiani a Nassiriya, la strategia del caos dei terroristi e il mutamento del tono degli americani

di Gianni Riotta

Gli italiani di Nassiriya non sono caduti per il petrolio o per anacronistici disegni neocoloniali. I nostri connazionali in Iraq, militari e civili, considerano la loro missione uno sforzo di pace, tutela della sicurezza e diffusione di speranze democratiche in quel mondo aspro. Giusto alla vigilia della strage, il 6 novembre, il presidente George W. Bush ha pronunciato un discorso che, poco ascoltato in Europa, ha preannunciato un possibile cambio di strategia proprio in questa direzione. Gli Stati Uniti, ha detto Bush, non intendono appoggiare regimi totalitari, in cambio di stabilità precaria.

I veri alleati, capaci di garanzie durevoli, sono i Paesi democratici. Dare una mano ai dittatori, come d'uso durante la guerra fredda, mina alla lunga la tolleranza. E' opinione diffusa che, nel viaggio a Londra la prossima settimana, Bush presenterà un atteggiamento meno unilaterale, porgendo all'alleato principale, Tony Blair, e all'opinione pubblica europea, un tono diverso: la strategia del caos in Iraq cancella l'utopia della «democrazia da esportare» come merce in un container, e rilancia la collaborazione a- tlantica. Il ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin, aspro avversario di Bush in primavera, percepisce il mutamento, e parla di «mano tesa agli americani e impegno di lavoro comune».

La strategia del caos fa strage di innocenti giordani e sauditi, diplomatici Onu, ayatollah sciiti, volontari della Croce Rossa, civili iracheni e militari italiani pur di riconsegnare l'Iraq al fondamentalismo. Solo una forza multinazionale, capace di dare legittimità a un governo iracheno, può aiutare gli Usa nel difficile passo, magari sotto l'egida Nato e Nazioni Unite. In questo senso, il presidente Carlo Azeglio Ciampi ha portato alla Casa Bianca l'autorità morale di un alleato che sta pagando il prezzo del sangue, non per un progetto di potere ma per un mondo migliore.

In primavera arroganze ed opportunismi reciproci hanno diviso Stati Uniti ed Europa. Per impedire che il caos dilaghi dall'Iraq al mondo è ora necessario che la comunità internazionale non abbandoni gli americani a Bagdad. Altrettanto cruciale è però che il discorso di Bush sulla democrazia come strumento, e non solo come fine, diventi dottrina di tutta la macchina diplomatica Usa. Se dai colloqui con Ciampi a Washington, e dal dialogo Bush-Blair a Londra, queste speranze verranno rafforzate, il sacrificio dei carabinieri in Iraq verrà ricordato secondo le loro intenzioni profonde, costruire la pace, contribuire a una democrazia non ipocrita.

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