Da Corriere della Sera del 06/09/2003

L'Europa, l'Onu e la carta italiana

Quale compromesso con Bush sull'Iraq

di Sergio Romano

Dall' incontro di Dresda fra il presidente francese e il cancelliere tedesco sembra emergere una sorta di replay del copione che andò in scena fra i Paesi europei prima della guerra irachena. Francia e Germania non sono disposte ad accettare il progetto di risoluzione che il segretario di Stato americano Colin Powell ha presentato al Consiglio di Sicurezza dell' Onu per la creazione di una forza multinazionale. Belgio e Lussemburgo potrebbero schierarsi con francesi e tedeschi.

La Gran Bretagna, l' Italia e la Spagna potrebbero sostenere la posizione americana. La Polonia e altri Paesi dell' Europa centro-orientale potrebbero garantire a Washington il loro sostegno. E l' Europa, non ancora guarita dalle fratture degli scorsi mesi, darebbe al mondo una nuova prova di impotenza. Ho usato il condizionale perché fra il copione di allora e il replay di oggi esiste una fondamentale differenza. Nove mesi fa, quando ancora si discuteva all' Onu l' ipotesi di una seconda risoluzione per il ricorso alle armi, la guerra era probabile, ma non certa. Oggi la guerra è un fatto compiuto e presenta un bilancio, sia pure provvisorio, in cui vi sono attivi e passivi.

L' America ha vinto, ha battuto il regime di Saddam, ha catturato una buona parte dei suoi maggiori esponenti e ha costretto il raìs alla fuga. Ma non riesce a controllare il territorio, ad assicurare il ripristino dei servizi essenziali, a rimettere in moto la macchina dell' economia. Non passa giorno senza che le sue forze armate debbano affrontare, con molti rischi, un nemico di cui l' intelligence non riesce a definire il volto. Non è tutto.

Negli auspici di Bush l' eliminazione di Saddam avrebbe avuto alcune ricadute positive. Il vecchio Arafat avrebbe lasciato il posto a un nuovo leader, Abu Mazen. E il vecchio Sharon avrebbe compreso che non era più necessario, in un Medioriente pacificato dalla presenza americana, opporsi a uno Stato palestinese. A giudicare da quanto sta accadendo il disegno americano è ormai traballante.

Arafat è sempre al potere. Abu Mazen rischia di essere sfiduciato dal suo parlamento. E Sharon non intende rinunciare a due strumenti (gli insediamenti dei coloni e la costruzione del muro) che sono incompatibili con uno Stato palestinese veramente sovrano. Come se ciò non bastasse, le notizie afghane confermano che vi sono Paesi in cui una vittoria militare è soltanto un risultato temporaneo e parziale.

Ecco perché il nuovo negoziato all' Onu si svolgerà in condizioni diverse. L' America ha in mano una carta importante: è in Iraq e, per il momento, è decisa a restarci. Ma anche una impressionante sequenza di passivi: non controlla il territorio, spende troppo, ha un alleato (Tony Blair) in grave difficoltà e dovrà affrontare fra poco più di un anno il giudizio degli elettori.

La Francia, d' altro canto, butterà sul tavolo del negoziato il suo diritto di veto ma vuole essere presente in Iraq ed è pronta ad andarci purché gli americani accettino di condividere almeno in parte le responsabilità della ricostruzione.

Ci piacerebbe che questo compromesso onorevole fosse, anziché esclusivamente francese, europeo. E ci piacerebbe che un' iniziativa in questo senso venisse dalla presidenza italiana dell' Unione. Ma il tempo stringe: fra qualche giorno Bush parlerà all' assemblea generale dell' Onu e dovrà tenere conto dell' andamento del negoziato. Di qui ad allora il governo italiano ha un' occasione: può lavorare per l' Europa e per il prestigio del Paese.

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