Da La Stampa del 12/06/2003

Kamikaze su un bus a Gerusalemme. Israele colpisce Gaza

Terrorista si fa esplodere tra i passeggeri: 16 morti, 120 feriti. Hamas: ecco la risposta al tentato omicidio di Rantisi. Doppia incursione di elicotteri a Gaza: uccisi quattro militanti islamici, 5 morti fra i passanti

di Aldo Baquis

GERUSALEMME - Almeno sedici israeliani sono rimasti uccisi e oltre 120 sono stati feriti ieri a Gerusalemme in un attentato suicida la cui paternità è stata rivendicata dagli integralisti islamici di Hamas, secondo i quali si è trattato di una prima ritorsione per un attentato compiuto il giorno precedente da Israele contro uno dei loro dirigenti politici a Gaza, il dottor Abdel Aziz Rantisi. Ferito in modo non grave dal lancio di razzi contro la sua automobile da un elicottero militare israeliano, dal suo letto di ospedale Rantisi ha minacciato la guerra santa islamica «fino all’espulsione dalla Palestina di tutti i sionisti, fino all'ultimo».
A completare la giornata di violenze - che ha fatto traballare il governo del premier palestinese Abu Mazen e ha messo in forse la realizzazione delle prime misure previste dal Tracciato di pace del Quartetto - è giunto nel tardo pomeriggio un nuovi raid di elicotteri militari israeliani a Gaza. I razzi hanno centrato l’automobile su cui viaggiavano due membri del Braccio armato di Hamas, che sono rimasti uccisi, ma hanno anche ucciso cinque passanti (fra cui alcune donne) e ferito decine di persone. Qualche ora dopo, altri elicotteri d'assalto hanno sorvolato la città lanciando tre missili aria-terra che hanno ucciso altri due dirigenti delle Brigate di Izz ed-Din al-Qassam, l’ala militare di Hamas: il primo ha colto di sorpresa e annientato i due uomini, che in quel momento erano fuori dalla loro vettura, appoggiati ignari da un lato. Il secondo ha centrato l'auto, trasformandola in una palla di fuoco. Il terzo è andato a vuoto. In serata le strade di Gaza sono state invase da migliaia di abitanti che invocavano vendetta e anche le dimissioni di Abu Mazen.
Da Ramallah, il premier palestinese ha replicato che le sue dimissioni possono essere decise solo dal presidente Yasser Arafat. Questi ha escluso che un’ipotesi del genere sia di attualità e ha lanciato un nuovo appello affinché cessino le violenze nei Territori e siano inviati osservatori internazionali a protezione del popolo palestinese. Ma Hamas, ancora una volta, ha respinto l’idea di una tregua con Israele. «Prima Israele si ritiri dai Territori, poi parleremo di una sospensione delle ostilità», ha ribadito un portavoce di Hamas.
Secondo la polizia israeliana, il giovane che alle 17.30 è salito sull'autobus n.14 delle linee urbane di Gerusalemme - il diciottenne di hebron Abdel Mohti Shebana - era vestito da timorato ebreo e non ha destato sospetti. Sotto la lunga palandrana nera nascondeva un corpetto esplosivo, particolarmente potente, rafforzato con viti e chiodi. La deflagrazione è avvenuta nella Piazza Davidka che si affaccia sulla centrale via Jaffa. Come in ripetute occasioni precedenti, presto l'asfalto era disseminato dei corpi delle vittime e di larghe pozze di sangue. La scena di un massacro ha dunque accolto i primi volontari di Zaka, l'ente religioso ebraico specializzato nei primi soccorsi alle vittime degli attentati e nella composizione dei cadaveri.
«Uno dei nostri volontari era nelle vicinanze a bordo di un motoscooter. In un minuto ha raggiunto il luogo dell'attentato e ha iniziato a prestare i primi soccorsi», ha riferito Yehuda Meshi-Zahav, uno dei responsabili di Zaka. «Subito abbiamo capito che l'ordigno era molto potente. Rispetto ad attentati passati, i nostri volontari hanno notato un numero molto più alto di feriti gravi». «Ci sono stati momenti di grandissima tensione - ha aggiunto Meshi-Zahav, pallido in volto e con gli abiti intrisi del sangue delle vittime - perché mentre noi aiutavamo i feriti a un capo dell'autobus, dalla parte opposta si era sviluppato un incendio e si temeva un’esplosione. Gli agenti ci gridavano di uscire, che si temeva che a bordo ci fosse un secondo ordigno. Ma molti feriti erano incastrati sotto i seggiolini. Malgrado il pericolo, non potevamo abbandonarli.: cercavamo di assisterli, ma intanto pensavamo che avremmo forse dovuto metterci in salvo».
Secondo fonti militari israeliane, nell'ultimo mese 20 kamikaze palestinesi sono stati intercettati da Israele prima che raggiungessero i loro obiettivi in Israele. La metà di questi sono partiti in missione nell'ultima settimana, ossia dal vertice di Aqaba in cui il premier palestinese Abu Mazen ha solennemente invocato la fine dell’Intifada armata. Uno dei cervelli dietro la strategia del terrore che mira a mandare a picco le intese di Aqaba e con loro il Tracciato di pace è appunto Rantisi, secondo i dirigenti dello Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano. E’ lui che ispira gli attentati, li organizza e soffia sul fuoco, afferma un documento diffuso ieri dai servizi. Non solo: secondo questo documento, la direzione di Hamas a Gaza fomenta attività terroristiche fra gli arabi israeliani e rafforza continuamente i propri legami con gruppi terroristici a Damasco e a Beirut, «nonché con organizzazioni terroristiche internazionali».
Il momento scelto per l'attentato a Rantisi - mentre Abu Mazen cercava di persuadere Hamas a deporre le armi ed era in arrivo a Ramallah un emissario personale di Hosni Mubarak, il generale Omar Suleiman, capo dei servizi segreti egiziani - ha lasciato perplessi anche molti dirigenti israeliani. Un esponente laburista, Efraim Sneh, ha dichiarato: «Rantisi merita la morte, senza dubbio. Ma abbiamo sbagliato il momento della sua esecuzione». E per giunta nemmeno la realizzazione dell'attentato è riuscita. La spirale delle violenze è così ripresa con grande irruenza, mentre il ricordo del promettente vertice di Aqaba è rapidamente svanito.

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