Da Corriere della Sera del 31/10/2006
Originale su http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/10_Ottobre/31/stella....

Bassolino e gli altri

Le grida contro chi viene dal Nord e «non capisce» la città

di Gian Antonio Stella

C’è ’o sole, ’o mare, ’o babà, ’a sfogliatella, ’a granatina, ’o presepe e se volete possiamo andare avanti a scrivere di quanto è bella e colta e gentile Napoli e quanto è migliorata con Bassolino rispetto ai tempi di Pomicino e con Pomicino rispetto ai tempi di Lauro e con Lauro rispetto ai tempi di Liborio Romano e giù giù ai tempi di Franceschiello... Ma servirebbe?

Ieri sera è arrivato il 72?morto ammazzato del 2006 e i dati sono questi: con un ventesimo della popolazione italiana, il capoluogo campano e la sua provincia ospitano un nono di tutti gli omicidi. Certo, sarebbe ingeneroso non riconoscere al Governatore diessino e a Rosa Russo Iervolino qualche buona ragione, quando si lagnano di chi della loro città non vede le cose positive fatte negli anni.

Chi conosce un po’ Napoli sa che non esiste in Europa una città più complicata da amministrare. E sa che non c’è niente di più facile che intingere il pennino negli aspetti più insopportabili. La camorra, il racket, gli scippi, la truffa alle assicurazioni, il mercato nero di griffe false... Provateci voi, dicono. Provateci voi a governare una città dove lo Stato ne ha sbagliate troppe e già Montesquieu scriveva che «non c’è palazzo di giustizia in cui il chiasso dei litiganti e loro accoliti superi quello dei tribunali di Napoli» giacché «lì si vede la Lite calzata e vestita». A risolvere il dramma della spazzatura che si trascina da quando i commissari dell’inchiesta parlamentare di Stefano Jacini inorridivano per la «nauseabonda sozzura che si riscontra nei contadini del Napoletano».

A trascinare fuori la città e il suo hinterland sgarruppato dall’incubo di una disoccupazione atavica, dove già nel 1863 i carabinieri che volevano smascherare dei pompieri abusivi (tutti i pompieri, volevano fare) furono presi a fucilate. Tutto vero. Tutto giusto. La realtà, però, è sotto gli occhi di tutti. Sono sicuri, Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino, di fare davvero un buon servizio a Napoli e ai napoletani, levandosi ogni volta a difendere il decoro della loro città contro chi «non capisce »? Perché, diciamolo, sempre così finisce: Giorgio Bocca scrive «Napoli siamo noi» dove denuncia la delusione per la drammatica sfioritura della «primavera napoletana »? Non capisce. Roberto Saviano scrive quel formidabile atto di accusa che è il libro «Gomorra»? Non capisce. L’Espresso fa una copertina titolandola «Napoli addio »? Non capisce.

Michele Santoro dedica una puntata di «Anno Zero» al cancro che pare divorare questa città amatissima che è nel cuore di tutti? Non capisce. Anni fa, dopo l’ennesima denuncia, lo scrittore Domenico Rea si sfogò: «Ho scritto venti libri su Napoli, migliaia di articoli, sono napoletano da cinquemila anni: resto sempre molto sorpreso quando arriva un giornalista dal Nord che in pochi giorni, o in pochi mesi, pretende di scoprire quel che io non ho visto in 72 anni». Ma è davvero così? C’è «un’altra Napoli» che viene quotidianamente sfigurata e stravolta e stuprata solo dal pressappochismo, magari un po’ razzista, dei polentoni? Aleggere il Corriere del Mezzogiorno, il suo «Osservatorio sulla camorra e sull’illegalità», i commenti dei suoi editorialisti, nella stragrande maggioranza meridionali, non è così.

I primi a porre il problema della mancanza d’ossigeno civico, oggi, a Napoli, sono i napoletani. Capitale di una regione che ha un decimo della popolazione italiana ma produce solo un quindicesimo della ricchezza nazionale, che ha gli stessi abitanti ma esporta meno di un settimo del Nordest, che ha un ottavo di tutte le pensioni d’invalidità, che piazza quattro centri (Casalnuovo, Lettere, Crispano e Melito) agli ultimi quattro posti per reddito pro capite dei comuni italiani, che ha visto negli ultimi anni sciogliere per rapporti con la criminalità ben 71 Comuni (più che tutto il resto d’Italia messo insieme) Napoli appare sempre di più, perfino al di là dei meriti e degli errori di chi l’amministra, come la grande emergenza nazionale.

Il 33% dei ragazzi intervistati attraverso il «Questionario» dell’Associazione Studenti Napoletani contro la camorra ha dichiarato di aver subito almeno una aggressione. I Comuni sciolti per camorra in provincia sono 39, sette dei quali sciolti due volte. Carabinieri, polizia e finanza nel solo 2005 hanno sequestrato 90 chili di eroina, 294 chili di cocaina, 2.104 chili di marijuana... Per non dire del racket che strangola le attività economiche. Il dossier «SoS impresa » della Confesercenti di Napoli denuncia «un "prelievo" che costa complessivamente alle imprese 77 miliardi di euro di cui quasi 30 miliardi escono dalle tasche dei commercianti per finire in quelle dei mafiosi». Le «assicurazioni» offerte dal racket in cambio di protezione sono «aumentate in media del 30% ed in alcuni casi, con l’introduzione dell’euro, addirittura raddoppiate. Un salasso che negli ultimi cinque anni ha provocato la chiusura di 357 mila imprese».

Un negozio del centro paga alla camorra da cinquecento a mille euro al mese, un supermarket tremila, un cantiere edile dal 5 al 7% del lavoro. Ottantamila negozianti hanno «posizioni debitorie, di cui almeno 8.000 con associazioni per delinquere di tipo mafioso finalizzate all’usura». Antonio Bassolino, disperatamente deciso a difendere non solo l’immagine della città ma anche quella del suo lavoro in questi anni, dice che sì, certo, i napoletani «sono seduti su un vulcano», ma l’esercito no, l’esercito non lo vuole. E con lui, salvo dissensi, sembrano schierate anche le altre autorità locali. Può darsi abbiano ragione. Ma certo l’emergenza c’è. È sotto gli occhi di tutti. E non serve a niente esorcizzarla con qualche grido di dolore contro chi «non capisce ».

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