Da La Stampa del 18/08/2006
Originale su http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200608articoli/9223...

Al via il piano Onu il premier Siniora garantisce per i miliziani sciiti. Le truppe accolte dalla folla in festa, anche con le bandiere dell'islam

L'esercito nelle terre di Hezbollah

Le forze regolari libanesi tornano nel Sud per la prima volta dal '68

di Carla Reschia

Nelle foto d'agenzia i soldati hanno i sorrisi stanchi, la barba lunga e l'aria un po'rintronata ma non c'è dubbio: l'esercito libanese ha varcato, di nuovo, dopo quasi quarant'anni, il mitico fiume Litani, il rigagnolo asciugato da irrigazioni e dighe attorno a cui da decenni sudano e s'accapigliano le diplomazie planetarie.

Per ora è solo l'avanguardia dei 15 mila promessi dalla risoluzione Onu, 2.500 uomini della Decima brigata di fanteria, al comando del generale Charles Shikhani, ma sono i primi a «tenere» il terreno dal 1968, quando i tribolati venti chilometri scarsi di terra fra Libano e Israele che il fiume delimita erano noti come Fatah-land, feudo dei fedayn di Yasser Arafat. Altri automezzi militari sono arrivati via mare a Tiro per presidiare il settore centrale della fascia di confine: il dispiegamento dovrebbe essere completato entro la fine della settimana.


IL PRECEDENTE DEL 2000

Alla «Liberazione del Sud Libano» il blog fotografico di hdabaja (http://community.webshots.com/album/6484912LYhHxFnDJN) dedica un ricco portfolio di immagini. Colonne di carri armati israeliani in partenza, bandiere americane e israeliane in fiamme, bambini in festa con un fiore in una mano e un revolver nell'altra. I nomi delle località sono quelli giusti, le date no. Era il maggio 2000 e Tsahal completava un ritiro a lungo dibattuto dall'area di confine dove si era spinto nell'aprile 1996 con l'operazione «Furore». Anche allora si trattava di rispondere agli attacchi di Hezbollah nell'Alta Galilea. Anche allora fu bombardata Beirut.

Inferiore il bilancio delle vittime, 200. «Il governo di Beirut si riappropria così del suo territorio», annunciarono i tg. In realtà le foto di hdabaja non mostrano un solo soldato libanese, unicamente barbuti Hezbollah in armi, fra cui primeggia lo sceicco Nasrallah, ritratto sul palco d'onore con il dito ammonitore levato e guardie del corpo con auricolari e occhiali a specchio a far da contorno. Persino la bandiera che sventola «at the border forever», agitata da miliziani in passamontagna, non è quella con il cedro, ma quella islamica di Hezbollah.


LA BANDIERA SU MARJYOUN

Stavolta i soldati ci sono davvero e i vessilli del ritrovato orgoglio nazionale sono ben in evidenza su ogni camionetta, ma l'ambiente circostante non è mutato di molto: a Marjyoun, sette chilometri al confine israeliano, villaggio-simbolo a prevalenza cristiana scelto come sede del comando congiunto tra esercito libanese e caschi blu dove, una settimana fa, gli uomini della forza di sicurezza al comando del generale Adnan Daud non avevano opposto resistenza alcuna a una colonna corazzata israeliana, i militari hanno trovato ad accoglierli lanci di fiori e di riso come a un matrimonio, ma anche una selva di bandiere decorate di versetti coranici, emblema del «Partito di Dio» sciita che, definitivamente, qui è il vero vincitore.

Il Sud del Libano si è ripopolato così rapidamente, dopo la grande fuga durante i bombardamenti, da suscitare lo stupore degli stessi libanesi. The Wizard of Beirut, un blogger della capitale, scrive nel suo diario: «È straordinario vedere quanto in fretta gli abitanti del Sud del Libano siano tornati alle loro case. Già alle 8 di mattina del 14 agosto, non appena è scattato il cessate il fuoco, malgrado tutti i ponti e le strade principali fossero distrutti e ci fossero a disposizione solo passerelle di fortuna».

Su questi sciiti desiderosi tanto di ricostruire le loro case quanto di farla pagare a chi le ha distrutte, con un Hezbollah favorevole sì al dispiegamento dell'esercito libanese e della forza internazionale - lo ha garantito a Prodi il primo ministro libanese Fouad Siniora - ma a dir poco negativo sul tema del disarmo delle sue milizie, dovranno vigilare le fragili truppe libanesi, infiacchite da decenni di occupazione militare siriana e, in maggior parte, fratelli di fede dei miliziani Hezbollah.


ASPETTANDO L'ONU

L'esercito libanese per ora ha preso posizione in una trentina di villaggi del Sud, per lo più lungo la frontiera, a Sud e a Ovest. Sono Yaroun, Maroun al-Ras, Aaitaroun, Blida, i luoghi degli scontri più sanguinosi e violenti dei giorni scorsi. L'esercito israeliano, da parte sua, ha trasferito ai caschi blu del contingente storico dell'Unifil il controllo della metà delle posizioni, non strategiche, occupate nel Libano meridionale in 34 giorni di conflitto. Già dalla settimana prossima dovrebbero arrivare i primi rinforzi per il contingente Unifil allargato, che, all'Onu piacendo, affiancherà l'esercito libanese.


RIAPRE L'AEROPORTO

Il cessate il fuoco per ora regge, salvo qualche incidente isolato, e anche Beirut sta tornando in fretta alla vita: l'aeroporto è stato riaperto e ieri, insieme ai primi carichi di aiuti umanitari, vi è atterrato il primo aereo passeggeri in cinque settimane, un volo speciale della compagnia di bandiera, la Middle East Airlines, proveniente da Amman, che trasportava giornalisti e «personalità». Dopotutto, nota caustico nel suo blog The Wizard of Beirut, il campo da golf di Ouzai, a Sud della capitale, è in ottime condizioni, ben irrigato, e non è stato toccato dalle bombe.

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