Da Peace Reporter del 19/09/2006
Originale su http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=6282
L'Uganda nelle mani di Joseph Kony
Il destino del capo ribelle divide il mondo. E condiziona il processo di pace
di Matteo Fagotto
E' stato dipinto, a seconda delle fonti, come un sanguinario assassino che ha mandato al massacro migliaia di bambini-soldato, protagonista di una guerra civile che ha devastato per 20 anni il nord dell'Uganda; o come un visionario, un capo spirituale, a cui Dio ha demandato il compito di liberare la popolazione Acholi dalle vessazioni dei politici di Kampala. Ora, almeno, le visioni dei due campi concordano su una cosa: la sorte dell'Uganda dipenderà dal destino del ribelle più sfuggente d'Africa.
KONY. Oscurato dai gas tossici della Costa d'Avorio e dagli attentati in Somalia, il dibattito sulla sorte di Joseph Kony è tornato all'ordine del giorno da quando si è sparsa la notizia che il leader del Lord's Resistance Army si sarebbe consegnato alle autorità del sudanesi. Kony sarebbe arrivato al campo di raccolta di Ri Kwangba, che ospita altri 3 mila ribelli in attesa di smobilitazione, rispettando gli impegni presi con la firma della tregua. Un gesto significativo, se si calcola che per 20 anni di Kony si è saputo poco o nulla: due interviste e una sbiadita foto di quindici anni fa è tutto ciò che si aveva del leader, che durante la guerra non si è mai preoccupato di far conoscere al mondo le ragioni della sua lotta.
TRATTATIVE. Ora, il fantasma è riapparso, o almeno così sembra. “Non si hanno certezze sulla presenza di Kony a Ri Kwangba” puntualizza a PeaceReporter Frank Nyakairu, giornalista del quotidiano ugandese Monitor. “Il ministero della Difesa ha smentito la notizia”. Ciononostante, Nyakairu rimane ottimista per la firma di un accordo. “Nelle precedenti trattative, non si era mai arrivati a uno stadio così avanzato: migliaia di ribelli affollano i centri di raccolta, e governo e vertici del Lra si incontrano regolarmente. Le trattative hanno raggiunto un punto di non ritorno. Tanto che oggi, alla scadenza della tregua, i soldati hanno ricevuto l'ordine di non riprendere le ostilità”. Disarmo dei ribelli e loro reinserimento nella vita civile, programmi di recupero per i bambini-soldato: tutto deciso o quasi, per arrivare alla tanto agognata firma. Ultimo ostacolo, ancora una volta, la sorte di Kony.
PARADOSSI. Accusato anni fa dal governo ugandese di crimini contro l'umanità davanti alla Corte Penale Internazionale dell'Aja, Kony rischia di essere estradato in Olanda. Il governo ugandese vorrebbe concedergli un'amnistia, ma secondo il Protocollo di Roma è obbligato a esaudire le richieste della Corte, per nulla intenzionata a bloccare l'iter giudiziario. “Le autorità ugandesi accusarono Kony due anni fa per farlo uscire allo scoperto”, continua Nyakairu. “A questo punto, non hanno più interesse a proseguire su questa strada”. Ma visto che la Cpi si oppone a questa sorta di baratto, giustizia contro pace, le trattative rischiano di bloccarsi. Urge una soluzione, ma quale?
SOLUZIONI. “Tecnicamente, ci sono tre possibilità per bloccare il procedimento”, rivela a PeaceReporter Caty Clement, dell'International Crisis Group. “Il Procuratore Generale dell'Aja potrebbe interrompere l'iter se una corte ugandese decidesse di incriminare Kony; oppure, il Segretario Generale dell'Onu potrebbe decidere, per motivazioni politiche, di sospendere il procedimento per un anno; la terza opzione è che Kony vada in un Paese non firmatario del Protocollo di Roma, come il Sudan, che non è tenuto a estradarlo”. Se la prima opzione sembra impraticabile, per quanto riguarda la seconda Kofi Annan non si è sbottonato; la terza, considerando il fatto che Kony si trova proprio in Sudan, sarebbe la più praticabile. Fonti non ufficiali parlano di contatti che il leader ribelle avrebbe già avviato per trovare un rifugio sicuro. Dal quale magari riflettere sul perché di una delle guerre dagli esiti più inutili mai combattute.
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TRATTATIVE. Ora, il fantasma è riapparso, o almeno così sembra. “Non si hanno certezze sulla presenza di Kony a Ri Kwangba” puntualizza a PeaceReporter Frank Nyakairu, giornalista del quotidiano ugandese Monitor. “Il ministero della Difesa ha smentito la notizia”. Ciononostante, Nyakairu rimane ottimista per la firma di un accordo. “Nelle precedenti trattative, non si era mai arrivati a uno stadio così avanzato: migliaia di ribelli affollano i centri di raccolta, e governo e vertici del Lra si incontrano regolarmente. Le trattative hanno raggiunto un punto di non ritorno. Tanto che oggi, alla scadenza della tregua, i soldati hanno ricevuto l'ordine di non riprendere le ostilità”. Disarmo dei ribelli e loro reinserimento nella vita civile, programmi di recupero per i bambini-soldato: tutto deciso o quasi, per arrivare alla tanto agognata firma. Ultimo ostacolo, ancora una volta, la sorte di Kony.
PARADOSSI. Accusato anni fa dal governo ugandese di crimini contro l'umanità davanti alla Corte Penale Internazionale dell'Aja, Kony rischia di essere estradato in Olanda. Il governo ugandese vorrebbe concedergli un'amnistia, ma secondo il Protocollo di Roma è obbligato a esaudire le richieste della Corte, per nulla intenzionata a bloccare l'iter giudiziario. “Le autorità ugandesi accusarono Kony due anni fa per farlo uscire allo scoperto”, continua Nyakairu. “A questo punto, non hanno più interesse a proseguire su questa strada”. Ma visto che la Cpi si oppone a questa sorta di baratto, giustizia contro pace, le trattative rischiano di bloccarsi. Urge una soluzione, ma quale?
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