Da La Repubblica del 26/06/2006
Originale su http://www.repubblica.it/2006/06/sezioni/cronaca/volontariato-inchiest...

L'esercito dell'impegno no profit così l'aiuto vale sempre di più

Tre milioni attivi nel sociale: business da 38 miliardi

di Caterina Pasolini

ROMA - Tra loro puoi trovare il commissariato Montalbano Zingaretti, regista di un documentario che racconta l'Uganda straziata dalla guerra civile, Totti che scende in campo per i bambini ricoverati in ospedale dimenticando i gol a cucchiaio o l'étoile della danza Bolle che abbandona per qualche settimana il palcoscenico e va per l'Unicef nel Sudan meridionale.

Nomi e volti famosi che sono solo la pattuglia più conosciuta di un esercito senza mostrine. Di una fetta del paese che produce benessere e cresce a ritmi cinesi: più 152% in otto anni. Un esercito pacifico formato da più di tre milioni di italiani dalle vite normali - tra casa ufficio bambini e fatica di tirare fine mese - ma che trova tempo per gli altri.

Sono infatti 3 milioni e trecentomila - secondo uno studio Ipsos che disegna una mappa del no profit in Italia analizzando i dati Istat, quelli che abitualmente fanno volontariato tra impegno sociale ed ecologia, protezione civile e terzo mondo, assistenza a chi è in difficoltà, cultura e sport. Impegnati nel Wwf, la Caritas o l'Arci, che guidano le ambulanze delle Misericordie o resistono ore in mezzo alla strada piova o si scoppi di caldo per raccogliere soldi da destinare ad Emergency o alla ricerca contro le leucemie.

Vero "cuscinetto sociale", in un paese dal welfare in crisi, il mondo del no profit in Italia è multiforme, variegato, fatto da associazioni riconosciute e non, cooperative, enti religiosi, fondazioni che si moltiplicano. Ora sono oltre 21mila le associazioni di volontariato registrate che lavorano in primo luogo nella sanità, poi nell'assistenza sociale e al terzo posto nel settore culturale usando soprattutto e sempre di più fonti di finanziamento private (rappresentano il 64% nei loro bilanci).

A tenerle in piedi con la loro opera e il loro tempo libero, milioni di volontari laici, centomila religiosi - mentre erano quasi trentamila gli obiettori di coscienza prima della fine della leva obbligatoria - che si impegnano in 292mila piccole sezioni sparse lungo la penisola, triplicate dalle 109mila che erano censite nel '91.

Volontari ma non solo. "Quella del no profit è una realtà fondamentale dal punto di vista sociale nel nostro paese, ma ricordiamoci che ha anche un risvolto economico meno conosciuto ma importante visto che il giro di affari attorno al terzo settore è stimato attorno ai 38 miliardi di euro".

A parlare è Nando Pagnoncelli dell'Ipsos che racconta come questo mondo stia cambiando e ormai non sia più fatto solo da volontari. "Conta addirittura più addetti retribuiti del settore informatico, visto che nelle imprese sociali a vario titolo e con diversi contratti lavorano più di 630mila dipendenti". Professionisti che nel 70 per cento dei casi hanno un titolo superiore di studio e di cui sempre di più ci sarà bisogno. Perché "essere buoni non basta, serve anche la professionalità", ripete chi lavora nel terzo settore protestando contro i tagli alla formazione dei volontari.

Realtà multiforme, il mondo della solidarietà è distribuito sul territorio in modo diseguale: vede infatti il 60 per cento delle associazioni operare al nord, il 19,3 al centro e il 20,7 al sud e nelle isole, l'area geografica dove negli ultimi tempi si è avuta la maggiore crescita nel settore (più 6 % dall'ultimo censimento). Mentre le cooperative di servizi sono al contrario più presenti al sud (qui il 32 %).

Un universo formato da migliaia di associazioni piccole e grandi a caccia di fondi, col cinque per mille, le offerte, le donazioni per continuare ad aiutare, a tappare le falle e integrare le carenze pubbliche e coprire i bisogni delle società. Tanto che il 30 per cento dei comuni ha un albo delle associazioni di volontariato con cui vengono stipulate convenzioni per garantire assistenza, servizi.

"Il volontariato, il terzo settore non sono infatti più semplicemente l'economia marginale, quella dei poveri. Crescono sulla crisi funzionale delle istituzioni, sull'eccedenza di domanda sociale e un'incapacità dello Stato a soddisfarla" dice il sociologo Ilvo Diamanti.

E così questo mondo è in forte espansione, racconta il dossier Ipsos incrociando i dati dell'ultimo censimento Istat. Un trend dimostrato dalle entrate raddoppiate in sei anni, passate dai 675 milioni di euro del '97 ai 1630 del 2003. Ma che non bastano mai anche perché se la solidarietà è in crescita anche finanziaria, ci sono grosse sperequazioni.

Nove organizzazioni su cento, ad esempio, raccolgono il 90 per cento delle entrate e il resto si barcamena con piccoli bilanci: il 55 per cento fatica a quadrare i conti e ha budget di 15mila euro l'anno, il 30,7 ha ogni anno bilanci tra i 15mila e i 500mila euro. Piccole associazioni, piccole realtà sempre più fondamentali.

"Il modello di welfare del futuro avrà infatti sempre più bisogno del mondo no profit, di entità che, partendo dai bisogni e dai desideri della società soddisfino quelle necessità di cui la pubblica amministrazione non può o non vuole occuparsi", concludono all'Ipsos definendola "una sorta di democrazia economica dei bisogni".

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