Da La Nuova Ecologia del 31/01/2006
Originale su http://www.lanuovaecologia.it/ecosviluppo/politiche/5293.php
Gli effetti entro i prossimi mille anni
Clima, punto di non ritorno
Carestie e crollo degli ecosistemi. Uno studio del governo britannico rivela che la crisi del pianeta è ormai irreversibile
di Marco Frattoddi
Carestie, siccità, danni socio-economici ed il possibile crollo di interi ecosistemi: la sempre più alta concentrazione dei gas-serra porterà a conseguenze ormai inevitabili e molto più gravi di quanto si era finora immaginato.
È quanto afferma un rapporto del governo britannico secondo il quale è praticamente impossibile mantenere le emissioni di gas nocivi entro limiti sicuri. Lo studio esce pochissimi giorni prima l’arrivo nelle librerie britanniche di The revenge of Gaia (“La vendetta di Gaia”): il nuovo libro di James Lovelock, fra i punti di riferimento dell’ambientalismo internazionale, che prefigura il collasso del pianeta sul quale gli equilibri risultano ormai compromessi. E i motivi per guardare con preoccupazione al futuro della Terra non mancano: l'Ue si è impegnata infatti a prendere le precauzioni necessarie affinché la temperatura media globale non aumenti di oltre 2 gradi centigradi. Ma secondo gli studiosi, anche un aumento di soli due gradi è sufficiente a provocare lo scioglimento dei ghiacci che ricoprono la Groenlandia e che racchiudono il 10% dell'acqua del pianeta. Gli effetti, che si faranno sentire durante i prossimi 1.000 anni, saranno devastanti: un aumento di 7 metri del livello del mare, «il possibile crollo di interi ecosistemi» e «un aumento esponenziale di carestie e siccità, oltre a gravi danni socio-economici» in particolare nei paesi in via di sviluppo.
Al momento l'atmosfera contiene 380 parti per milione (ppm) di anidride carbonica, in confronto alle 275 ppm dell'era preindustriale. Per far sì che la temperatura media globale non aumenti di più di due gradi, la concentrazione di anidride carbonica non dovrebbe superare le 450 ppm. Tale obbiettivo tuttavia, sarà difficilmente raggiungibile. «Arriveremo ad una concentrazione di 400 ppm nei prossimi 10 anni, purtroppo. Nessun paese è disposto a chiudere una centrale che fornisce l'energia necessaria alla sua popolazione all'unico scopo di risolvere il problema dell'effetto serra, dobbiamo accettare questa realtà» ha dichiarato oggi Sir David King, il principale consulente scientifico del governo britannico. Aggiungendo: «L'obbiettivo di mantenere la concentrazione al di sotto dei 450 ppm è quindi, temo, non realistico».
Il ministro britannico dell'Ambiente, Margaret Beckett, ha dichiarato ieri alla Bbc che le conclusioni del rapporto sono destinate ad allarmare molte persone, finora convinte che si potesse ancora contenere l'effetto serra entro limiti sicuri. «Il pubblico non ha ancora familiarizzato con la nozione che potremmo raggiungere un punto di non ritorno in cui i cambiamenti diventerebbero irreversibili. Non stiamo parlando di una cosa che accadrà nei prossimi cinque minuti, ma forse nell'arco di un migliaio di anni. Tuttavia è il concetto di irreversibilità che, credo, farà preoccupare di più la gente».
È quanto afferma un rapporto del governo britannico secondo il quale è praticamente impossibile mantenere le emissioni di gas nocivi entro limiti sicuri. Lo studio esce pochissimi giorni prima l’arrivo nelle librerie britanniche di The revenge of Gaia (“La vendetta di Gaia”): il nuovo libro di James Lovelock, fra i punti di riferimento dell’ambientalismo internazionale, che prefigura il collasso del pianeta sul quale gli equilibri risultano ormai compromessi. E i motivi per guardare con preoccupazione al futuro della Terra non mancano: l'Ue si è impegnata infatti a prendere le precauzioni necessarie affinché la temperatura media globale non aumenti di oltre 2 gradi centigradi. Ma secondo gli studiosi, anche un aumento di soli due gradi è sufficiente a provocare lo scioglimento dei ghiacci che ricoprono la Groenlandia e che racchiudono il 10% dell'acqua del pianeta. Gli effetti, che si faranno sentire durante i prossimi 1.000 anni, saranno devastanti: un aumento di 7 metri del livello del mare, «il possibile crollo di interi ecosistemi» e «un aumento esponenziale di carestie e siccità, oltre a gravi danni socio-economici» in particolare nei paesi in via di sviluppo.
Al momento l'atmosfera contiene 380 parti per milione (ppm) di anidride carbonica, in confronto alle 275 ppm dell'era preindustriale. Per far sì che la temperatura media globale non aumenti di più di due gradi, la concentrazione di anidride carbonica non dovrebbe superare le 450 ppm. Tale obbiettivo tuttavia, sarà difficilmente raggiungibile. «Arriveremo ad una concentrazione di 400 ppm nei prossimi 10 anni, purtroppo. Nessun paese è disposto a chiudere una centrale che fornisce l'energia necessaria alla sua popolazione all'unico scopo di risolvere il problema dell'effetto serra, dobbiamo accettare questa realtà» ha dichiarato oggi Sir David King, il principale consulente scientifico del governo britannico. Aggiungendo: «L'obbiettivo di mantenere la concentrazione al di sotto dei 450 ppm è quindi, temo, non realistico».
Il ministro britannico dell'Ambiente, Margaret Beckett, ha dichiarato ieri alla Bbc che le conclusioni del rapporto sono destinate ad allarmare molte persone, finora convinte che si potesse ancora contenere l'effetto serra entro limiti sicuri. «Il pubblico non ha ancora familiarizzato con la nozione che potremmo raggiungere un punto di non ritorno in cui i cambiamenti diventerebbero irreversibili. Non stiamo parlando di una cosa che accadrà nei prossimi cinque minuti, ma forse nell'arco di un migliaio di anni. Tuttavia è il concetto di irreversibilità che, credo, farà preoccupare di più la gente».
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