Da La Stampa del 02/12/2005
Originale su http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_blog=43&ID_art...

Iraq azione dimostrativa il giorno dopo il discorso del presidente che annunciava i progressi nella sicurezza. La maggioranza degli americani non l’ha apprezzato

Scacco a Bush, Al Qaeda prende Ramadi

«Show pubblicitario» di Al Zarqawi: 400 guerriglieri occupano per alcune ore una cittadina

di Maurizio Molinari

NEW YORK - I miliziani di Al Qaeda sfidano Washington e Baghdad a neanche 24 ore di distanza dal discorso di Annapolis nel quale George W. Bush aveva ribadito la scelta di restare in Iraq, sottolineando i progressi avvenuti sul piano della sicurezza. Tutto è iniziato ieri mattina a Ramadi, uno dei maggiori centri urbani della provincia di Anbar, quando ufficiali americani e leader tribali sunniti avevano da poco iniziato ad incontrarsi nell’ufficio del governatore. Prima sono partiti quattro colpi di mortaio verso il palazzo del governatore e lanci di granate verso altre postazioni Usa in città e subito dopo almeno quattrocento miliziani con il volto coperto - secondo testimonianze locali - si sono riversati lungo le strade del mercato e dei quartieri residenziali, armati di fucili mitragliatori, lanciagranate, lanciarazzi, mortai e mitragliatrici. Si è trattato di una dimostrazione di forza e controllo del territorio destinata a delegittimare la maggiore efficienza delle nuove truppe irachene di cui Bush aveva a lungo parlato in Maryland, plaudendo soprattutto al fatto che i miliari di Baghdad erano in grado di operare nelle zone urbane. Le immagini riprese dall’Ap dimostrano che i miliziani non hanno incontrato alcuna resistenza nè da parte di soldati di Baghdad nè di militari americani ed allorché si sono ritirati fra gli sguardi attoniti dei civili hanno lasciato dietro di loro una scia di poster e graffiti murali inneggianti ad Al Qaeda ed al capo terrorista Abu Musaq al-Zarqawi, rivendicando fra l’altro il recente abbattimento di un drone senza pilota dell’Us Air Force.

Il blitz di «Al Qaeda in Iraq» costituisce tanto più una sfida al Pentagono quanto mercoledì oltre 2000 marines appoggiati da almeno 500 iracheni avevano lanciato un’operazione anti-guerriglia nella regione del Hai Al Becker, lungo l’Eufrate nei pressi della stessa Ramadi, considerandola una zona dove i miliziani islamici «trovano rifugio, preparano autobomba, confezionano ordigni anti-uomo». A blitz concluso un portavoce americano a Baghdad ha detto che gli attacchi dei miliziani «non hanno causato nè feriti nè danni significativi e solo in un caso hanno raggiunto una nostra postazione» ed ha smentito l’abbattimento del drone, definendo la discesa in campo dei miliziani di Al Zarqawi «uno show pubblicitario». Resta il fatto che si tratta della prima volta in cui «Al Qaeda in Iraq» va oltre rapimenti, agguati ed attacchi kamikaze dimostrando di riuscire ad operaere sul territorio con un significativo numero di uomini, anche se per un periodo molto breve. «È un’azione con cui Al Zarqawi vuole irridere Bush e far capire agli iracheni che è lui a guidare la lotta agli americani» spiega l’analista di affari mediorientali della Brookings Institutions Kenneth Pollack, aggiungendo però che in questa maniera esce rafforzata proprio la tesi di Bush secondo cui «un ritiro immediato lascerebbe l’Iraq in mano di Al Qaeda».

A Washington intanto il Pentagono tenta di dare sostanza a quanto detto da Bush ad Annapolis diffondendo nuovi dati sui progressi fatti in Iraq: nel mese di novembre si è registrato il numero di attacchi suicidi più basso degli ultimi sette mesi - 23 - ed è stato scoperto il più alto numero di depositi di armi - 301 - dall’inizio dell’anno mentre le vittime Usa sono state 85 rispetto alle 96 di ottobre. Per i militari Usa si tratta dell’effetto delle prolungate operazioni condotte al confine con la Siria, attraverso il quale passa la maggior parte dei volontari jihadisti e dei rifornimenti per la guerriglia. «Troppo a lungo i progressi compiuti in Iraq sono stati sottovalutati» osserva il generale Peter Pace, capo degli Stati Maggiori Congiunti. Ma la lettura positiva degli ultimi sviluppi in Iraq non convince ancora la maggioranza degli americani: secondo un sondaggio Gallup svolto dopo il discorso di Annapolis il 55 per cento dei cittadini continua ad avere un’opinione negativa della gestione della guerra e ritiene che il presidente non possieda un «piano per la vittoria». Lo stesso sondaggio rassicura invece Bush sul fatto che il 59 per cento degli americani concordano con lui sull’opportunità di ritirarsi «solo quando gli obiettivi americani saranno raggiunti» mentre solo il 35 condivide la posizione di quei leader democratici che chiedono un ritorno immediato delle truppe.

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