Da Corriere della Sera del 21/11/2005
Originale su http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/11_Novembre/20/kenya.shtml

Ma il voto è diventato anche un giudizio sull'attuale presidente

Kenya: referendum per la nuova Costituzione

Sulla scheda gli elettori dovranno mettere la loro croce sul simbolo di una banana, per dire “sì”, o di un’arancia, per dire “no”

di Massimo A. Alberizzi

NAIROBI (KENYA) – Oggi i kenioti vanno alle urne per approvare o respingere il progetto di una nuova costituzione. Sulla scheda gli iscritti alle liste elettorali dovranno mettere la loro croce sul simbolo di una banana, per dire “sì”, o di un’arancia, per dire “no”. Il sistema è stato escogitato dalla commissione elettorale perché in Kenya un terzo degli adulti non sa leggere né scrivere.


NUOVO PROGETTO - Il nuovo progetto istituisce la figura del Primo Ministro, ma non gli dà un gran potere. Il presidente resta la figura dominante della politica del Paese. L’attuale capo dello Stato Mwai Kibaki, entrato in carica nel 2002 grazie a libere elezioni, è schierato per il “sì”, il suo ministro dei lavori pubblici (che mirava a diventare primo ministro), Raila Amolo Odinga, per il “no”. Considera la riforma troppo debole e parziale. Odinga ha trovato supporto nei sostenitori del Kanu (Kenya Africa National Union) il partito del vecchio dittatore Daniel arap Moi (arap vuol dire figlio di) che alle elezioni del 2007 mirano a riprendersi la presidenza e quindi a mantenerne intatto il potere del Capo dello Stato.


DIBATTITO - In realtà il dibattito politico del Kenya è passato da un iniziale disputa sul contenuto della nuova Costituzione a un plebiscito sul governo di Mwai Kibaki. Molti nel 2002, quando il Kanu, partito che governava il Paese dall’indipendenza, era stato sconfitto, speravano in cambiamenti radicali, nell’aumento dei posti di lavoro, nella fine della corruzione endemica. Aspettative andate deluse. Secondo Trasparency International, l’organizzazione non governativa che monitora il grado di buon governo, il Kenya continua a essere uno dei Paesi più corrotti dell’Africa, peggiore persino di Camerun, Gabon e Zimbawe, considerati anime nere del continente.


UGUAGLIANZA - Un aspetto della costituzione viene utilizzato dai sostenitori del “no”. Quello che parla dell’uguaglianza tra uomini e donne. Se dovesse passare potranno avere accesso all’eredità non più solo i figli maschi, ma anche le femmine. Possono e non debbono. In campagna elettorale i sostenitori del “no” hanno utilizzato il testo in modo surrettizio: “Cosa accadrà dei vostri beni, soprattutto della proprietà della terra, quando vostra figlia sposerà un uomo di un’altra tribù”, è il ritornello che si sente ripetere nelle zone rurali del Paese dove il potere maschile è ben radicato nella tradizione. “Attenzione – attaccano i più radicali – questa norma permette i matrimoni tra gay”. Naturalmente queste interpretazioni sono del tutto false, ma fanno presa sulla popolazione. Se passasse il nuovo testo, il vecchio presidente Daniel arap Moi, un uomo che si è arricchito a spese dei suoi concittadini perderebbe l’immunità e potrebbe essere, finalmente, processato per malversazione e guadagni illeciti. Perciò l’ex uomo forte del Kenya si è peritato di finanziare la squadra del “no”. Il suo ex amico e poi ex nemico e ora di nuovo amico Raila Amolo Odinga spudoratamente ha perfino dichiarato: “Moi non è un criminale”. Naturalmente fino a ieri sosteneva esattamente il contrario. D’altro canto molti dei sostenitori del “sì” sono i nuovi corrotti del Kenya, come Christopher Murungaru, ministro dei trasporti, cui l’Alto Commissario Britannico (cioè l’ambasciatore) ha negato il visto per evitare che a Londra potesse mettere le mani sui conti correnti dove ha trasferito gran parte del denaro proveniente dai suoi traffici. Non è chiaro chi vincerà la partita. Sabato, ultimo giorno di campagna elettorale, ci sono state due grandi manifestazioni contrapposte, svoltesi senza incidenti. I sostenitori della banana erano 12 mila, nonostante avessero a disposizione corriere ed elicotteri del governo. Quelli dell’arancia 30 mila. Se Kibaki dovesse perdere se ne andrebbe del tutto il suo prestigio e per lui sarebbe molto più difficile presentarsi e vincere le prossime elezioni, nel 2007.

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