Da La Repubblica del 19/11/2005

Secondo le stime di autorevoli osservatori, la tragedia ha ormai assunto dimensioni da conflitto bellico

Il cimitero del Mediterraneo "In 10 anni ventimila annegati"

Per il ministro dell'Interno maltese almeno 600 morti dall'inizio del 2005

di Giovanni Maria Bellu

ROMA - Si tratta di stime, approssimazioni: non esistono le liste dei passeggeri delle carrette del mare. La più prudente parla di diecimila vittime, altre portano il numero dei morti a ventimila e più. In comune hanno la data di partenza: il 1996, l'anno in cui, con l'entrata in vigore del trattato di Schengen, i confini dell'Europa diventarono, per i disperati del Sud del mondo, un unico confine e il Mediterraneo cominciò a tramutarsi un grande cimitero.

È sufficiente connettersi al sito di United for Intercultural action (www.united.non-profit.nl) per accedere alla lista dei rifugiati morti nel tentativo di raggiungere la "Fortezza Europa". L'ultimo elenco, aggiornato al 29 aprile del 2005, comprende 6.356 casi accertati. Quelli accanto a cui compare la definizione "drowned" (cioè, appunto, "annegato") sono l'assoluta maggioranza. Raramente c'è il nome della vittima (per lo più si tratta di cadaveri anonimi, recuperati in mare o sulle spiagge), ma sempre è indicato, accanto a ogni caso, il nome dell'associazione che l'ha segnalato e questo dà alla lista una garanzia di attendibilità creando una base di calcolo certa.

Salvatore Palidda, docente di sociologia all'università di Genova, nel 2003 parlò di 7.000 migranti morti annegati tra il Marocco e la Spagna e la Tunisia e l'Italia. Una stima basata sulla lista di United for Intercultural Action e su ricerche condotte anche dal Bureau international du travail. «Si tratta - avverte oggi - di dati che vanno valutati con cautela. Credo comunque che sia ragionevole aggiungere, ai casi accertati, un trenta per cento di morti delle quali non si è avuta in alcun modo notizia. In questo modo si arriva a circa diecimila vittime del Mediterraneo. Ma le variabili sono molte. Sappiamo per esempio, da ricerche condotte in Spagna, di numerosi naufragi avvenuti oltre lo Stretto di Gibilterra, dunque nell'Oceano Atlantico, dove è ancora meno probabile che i corpi vengano ritrovati».

Lo scorso anno, "The Guardian" ha dato notizia di una ricerca condotta da un docente dell'università di Plymouth, Michael Pugh, che, incrociando testimonianze di superstiti, segnalazioni di ritrovamenti di corpi e statistiche governative, ha quantificato in 4.000 l'anno le vittime del mare in tutto il mondo. Secondo Pugh, questa spaventosa cifra va divisa a metà tra le rotte per l'Australia e gli Stati Uniti e quelle per l'Europa. Dunque i morti nel Mediterraneo e sulle rotte atlantiche per la Spagna sarebbero duemila l'anno. È a partire da qui che si arriva all'ipotesi di ventimila vittime post-Schengen. «Credo che sia una cifra ancora approssimata per difetto», dice Marcella Delle Donne, docente di sociologia delle relazioni etniche alla "Sapienza" di Roma e autrice del saggio "Un cimitero chiamato Mediterraneo" (Edizioni Derive-Approdi, 2004). Nel suo libro, parla del "mare nostrum" come di un "immenso cimitero dove giacciono insepolte decine di migliaia di persone senza nome".

Le dimensioni della tragedia trovano riscontro nell'esperienza dei pescatori siciliani e calabresi e delle stesse autorità marittime. «Finché sono stato comandante, i pescatori continuavano a trovare cadaveri in mare e noi a ricevere chiamate dei parenti di immigrati che non erano mai arrivati a destinazione». Così Salvatore Orami, responsabile della capitaneria di porto di Lampedusa fino all'agosto del 2001. Molto più di recente (lo scorso 25 ottobre) Tonio Borg, ministro dell'Interno di Malta, ha parlato di "almeno seicento morti annegati" dall'inizio del 2005. D'altra parte, anche solo sommando il numero delle vittime dei naufragi più gravi (da quello del Natale 1996, quando i morti furono 283) si arriva ad alcune migliaia di vittime. Secondo una ricerca dell'agenzia "Redattore sociale" sugli archivi d'alcuni giornali (Repubblica, Corriere della Sera, Kathimerini, El Mundo, Le Monde, Turkish Press, Tunezine, The Guardian) dal novembre del 1988 è stata data notizia di 1.929 morti e 1.015 dispersi.

Salvatore Palidda introduce la categoria del "migrante ignoto" con una funzione analoga a quella del "milite ignoto": simbolo di tutti quelli che non avranno mai una tomba. Le cifre della tragedia hanno dimensioni da bilancio bellico: si avvicinano al numero dei civili caduti in Iraq dall'inizio del conflitto. O, per usare un altro termine di paragone, è come se ogni anno nel nostro mare vi verificasse una strage di dimensioni analoghe a quella delle Twin Towers di New York.

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