Da Corriere della Sera del 19/11/2005

Allarmante rapporto alla Ue della leader radicale dopo la missione elettorale a Kabul: «Metà del denaro di questo Paese viene dalla droga»

«La democrazia in Afghanistan è ostaggio dei narcotrafficanti»

Bonino: «Oggi il vero pericolo è l’oppio, non i talebani»

di Marco Nese

Il pericolo non sono tanto i talebani. In Afghanistan la grande minaccia è l'oppio. «Si rischia di passare dalla teocrazia alla narcocrazia», teme la leader radicale Emma Bonino. Ha trascorso a Kabul tre mesi come inviata della Comunità europea per controllare le elezioni. Ne ha ricavato un rapporto allarmante di 67 pagine che ha consegnato ieri a Bruxelles. Più dell'80 per cento dell'eroina consumata nel mondo proviene dai papaveri da oppio afghani. L'anno scorso in 28 delle 32 province in cui è diviso il Paese, i coltivatori afghani hanno prodotto ben 4 mila tonnellate di oppio. Una quantità enorme che, dopo la trasformazione nei laboratori clandestini, ha permesso ai trafficanti di gettare sul mercato mondiale qualcosa come 400 tonnellate di eroina.

«C'è il timore - osserva la Bonino - che la neonata democrazia possa essere minata dagli stratosferici interessi dei narcotrafficanti. Essi sono in grado di porre sotto controllo le istituzioni statali». La loro potenza deriva dall'enorme massa di danaro di cui possono disporre. L'oppio afghano frutta la colossale cifra di 2,7 miliardi di dollari all'anno. Una somma pari al 50 per cento del prodotto interno lordo del Paese. Secondo le stime degli specialisti, di tutta questa montagna di dollari una quota che si aggira attorno all'8 per cento rimane in Afghanistan. Ai coltivatori toccano le briciole, il grosso finisce nelle tasche di trafficanti e dipendenti pubblici corrotti. Un 25 per cento si perde per strada, nel senso che serve a pagare i trafficanti dei Paesi di transito. Più o meno il 30 per cento affluisce a Dubai, dove viene riciclato e investito. Il resto, circa il 40 per cento, arricchisce trafficanti e spacciatori dei Paesi di consumo, principalmente l'Europa.

Data questa situazione, dice la Bonino, «c'è chi crede che l'Afghanistan sia già un narcostato». O si avvii a diventarlo. È un rischio reale e le autorità di Kabul cercano di scongiurarlo prendendo di mira il crescente potere dei signori della guerra, protetti da apparati di sicurezza illegali. Ma la polizia è debole e in alcune zone infiltrata da gruppi armati e trafficanti di droga. Il salario per i dipendenti pubblici va da 30 a 70 dollari al mese. Mentre gli squadroni di guardie private sono meglio pagati e formano schieramenti a volte più massicci della polizia regolare.

Esiste un piano per il disarmo dei gruppi illegali ma non è stato ancora possibile metterlo in atto. Il territorio afghano è presidiato da circa 2.500 reparti armati, di cui 1.600 considerati abbastanza ragionevoli, gli altri molto pericolosi. Fra essi i più bellicosi sono 200 squadroni il cui comportamento viene definito «orribile». Per avere una mappa completa di questi piccoli eserciti privati, Kabul ha chiesto la collaborazione dei capi locali. Ma il 30 per cento dei governatori delle province non ha neanche risposto.

Le autorità americane ammettono che nonostante le profonde differenze fra i talebani e l'Alleanza del Nord, si sono instaurate fra le due organizzazioni forme di collaborazione basate sul traffico di droga. La Bonino ricorda il monito del comandante supremo della Nato James Jones, secondo cui «il problema numero uno per il futuro dell'Afghanistan è l'oppio». I 9 miliardi di dollari stanziati per abbattere le coltivazioni di papaveri non hanno dato risultati incoraggianti. Il 75 per cento dei coltivatori sono affittuari, non producono in proprio e subiscono minacce di morte se smettono. La comunità internazionale e il governo, ritiene la leader radicale, hanno ancora «una limitata opportunità di imporre stabilità e sicurezza prima che il popolo afghano perda fiducia in entrambi».

La Bonino registra anche le novità, non sempre positive, che si verificano in campo sociale. C’è chi abusa della democrazia e sono spuntati ben 76 partiti politici, molti dei quali rappresentano solo interessi privati e creano caos. Il nuovo regime ha poi provocato, come reazione, un aumento dell'islamizzazione. I gruppi fondamentalisti si sono collegati fra loro, raccolgono finanziamenti da vari Paesi e stanno reclutando nuovi giovani per le madrassa, le scuole coraniche.

Servono riforme urgenti che diano agli afghani certezza dei propri diritti. Molti di loro in passato sono stati spogliati con la forza delle proprietà e ancora non ottengono giustizia. Due giorni prima delle elezioni, un contadino di Ghazni ha contestato un candidato dicendo: «Se non mi restituisce le pecore con quale diritto può essere un candidato?».

Quanto alle donne, il quadro è sempre desolante. «Se una donna si lamenta con la polizia per aver subito violenza, corre il rischio di essere arrestata con l'accusa di adulterio». Il direttore di una rivista che difende i diritti delle donne è finito in carcere all'inizio di ottobre con l'accusa di blasfemia.

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