Da La Stampa del 17/11/2005
Originale su http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_blog=43&ID_art...

La Repubblica Popolare «non accettiamo intromissioni»

Bush: la Cina conceda libertà di preghiera

di Maurizio Molinari

PUSAN (Corea del Sud) - George W. Bush chiede alla Cina di rispettare la libertà religiosa e di prendere esempio dal modello democratico di Taiwan, scommettendo sul fatto che il nuovo secolo allargherà lo spazio di libertà in Asia. Ma Pechino reagisce con toni aspri: «Non accettiamo intromissioni su Taiwan nè su come amiamo la madrepatria».

Il duello a distanza fra Washington e Pechino inizia allorchè il presidente americano pronuncia dall’auditorium Kaikan di Kyoto, in Giappone, un inno alla libertà: «I cinesi chiedono più libertà di espressione, libertà di pregare senza sottostare al controllo dello Stato, libertà di stampare Bibbie ed altri testi religiosi senza dover temere punizioni». La Casa Bianca aveva preannunciato che il discorso di Kyoto avrebbe segnato il viaggio del presidente - arrivato in serata a Pusan, in Corea del Sud, per partecipare al summit del Forum del Pacifico - ed il testo ha confermato l’intenzione di estendere all’Asia l’impegno per la «libertà globale» con cui Bush ha iniziato il secondo mandato. Da qui anche l’indice puntato contro Birmania e la Corea del Nord, identificate come le ultime roccaforti della dittatura in Estremo Oriente. Riferendosi direttamente al presidente cinese Hu Jintao - che vedrà domenica a Pechino - Bush ha detto: «Quando l’ho incontrato mi ha esposto la visione di uno sviluppo pacifico per la Cina affinchè il suo popolo sia più prospero ed io gli ho detto che la Cina deve andare incontro alle richieste di libertà che provengono proprio dai cittadini». Se da un lato Bush incoraggia Hu a continuare sulla strada delle riforme economiche dall’altra avanza la richiesta di una «maggiore libertà interna» sottolineando che «sarà benvenuta all’estero» e consentirà alla Cina di «avere un ruolo positivo nel mondo». Mai prima un presidente americano si era spinto tanto avanti nel porre a Pechino la necessità di rispettare la libertà religiosa, il tema al centro del contenzioso fra la Cina ed il Vaticano. Per sottolineare l’impegno non solo politico ma anche personale in tal senso Bush e la First Lady Laura domenica parteciperanno alla messa in una chiesa protestante della capitale cinese.

Il presidente americano si dice convinto che «il giovane secolo appena iniziato» sarà segnato dall’avanzamento della libertà in Asia e suggerisce a Pechino di seguire la strada di «democrazie prospere» come il Giappone, la Corea del Sud ed anche Taiwan. Il riferimento alla Cina nazionalista fondata da Chiang Kai Shek mira al cuore dell’ideologia della Repubblica Popolare che ancora celebra il mito di Mao Tse-tung. «Taiwan è libera, democratica e prospera - incalza Bush - abbracciando la libertà ad ogni livello ha garantito benessere al suo popolo e dato vita ad una società cinese libera». Come dire, è Pechino che deve prendere esempio da Taiwan e non viceversa.

La richiesta a Hu Jintao di abbandonare il comunismo ereditato da Mao non potrebbe essere più limpida e mostrandosi consapevole del rischio di andare incontro a forti malumori, Bush riafferma il legame strategico con Pechino, la politica di «una sola Cina» - il non riconoscimento della secessione di Taiwan nel 1949 - ed anche l’invito a Hu a dare vita ad una partnership globale per affrontare assieme i nodi del commercio mondiale, i rischi di epidemie come l’influenza aviaria e la proliferazione nucleare di nazioni come la Corea del Nord. «Ciò che dico alla Cina - riassume Bush nella conferenza stampa conclusiva della tappa in Giappone con a fianco il premier Junichiro Koizumi - è che avere una società libera è nel suo interesse, consentire alla gente di pregare significa essere una società stabile e matura, i leader non devono temere la libertà».

La reazione di Pechino non tarda ad arrivare. E’ il ministro degli Esteri Li Zhaoxing, anch’egli a Pusan, che prima di un incontro bilaterale con il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice ribatte: «Dobbiamo lavorare duro, non possiamo prestare attenzione a chi chiacchiera di questo e quello chiamando in causa l’amore per la nostra madrepatria e non tolleriamo interferenze su Taiwan, che è una questione interna cinese». Dopo l’affondo anche Li Zhaoxing fa un mezzo passo indietro precisando che «ciò che ci accomuna agli Stati Uniti è superiore a ciò che ci divide». Ma la tensione fra i due Paesi appare ora destinata a tenere banco tanto al vertice Pusan che durante l’imminente visita del presidente americano a Pechino.

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