Da Corriere della Sera del 14/11/2005

La calma di Marsiglia «la ribelle», città senza banlieue

Un abitante su otto è immigrato, ma qui centro e periferia sono una cosa sola. Ogni quartiere ha un’identità

di Massimo Nava

PARIGI - Che sia il cielo grigio a far scoppiare rivolte e il sole del sud a favorire integrazione? Nell'overdose di analisi, anche la meteorologia vuole la sua parte, guardando a Marsiglia, dove non è successo niente. Eppure, la seconda città della Francia è storica porta d'ingresso. I colori del Maghreb si sono sovrapposti a italiani, spagnoli, ebrei, armeni, cinesi. Nei quartieri aggrappati alla collina si professano tutte le religioni, con prevalenza dell'islam, un quarto della popolazione.

Anche qui la radiografia sociale è complicata: centomila immigrati su ottocentomila marsigliesi, due abitanti su dieci sotto la soglia di povertà, quarantamila disoccupati, cinquantamila percettori di salario minimo, metà esentati da imposte. Eppure la fama di «Marsiglia la ribelle» affonda nei secoli, tanto che i forti di Luigi XIV hanno ancora i cannoni puntati verso la città.

Città misteriosa, con vicoli sordidi attorno al porto vecchio, dove venivano girati film sulla «mala» romantica, diventata la «French connection» dei clan imparentati con napoletani e siciliani. E città socialmente divisa, con classi borghesi e intellettuali ridotte e immensi agglomerati di vecchia e nuova immigrazione. Anche qui sono circolati virus di razzismo, ondate di consenso a Le Pen, ostilità da quando i commercianti algerini si misero in testa di costruire una grande moschea.

Ma Marsiglia «tiene» ed è chiaro che la ragione non è il clima mediterraneo. La ricetta dell'integrazione è somma di soluzioni urbanistiche e sociali che nessun medico al capezzale della Francia si sognerebbe di teorizzare, ma che si sono consolidate in un'identità «marsigliese», unita e antagonista alla capitale. Negli anni Novanta, c'era già un vice sindaco di origini algerine. Approdo accogliente, come Berlino per i popoli dell'Est. Si contano più di ottocento associazioni e circoli culturali.

Un po' come a Napoli e Palermo, strati popolari continuano a vivere e lavorare in centro. Gli immigrati di immensi quartieri popolari non sono un mondo a parte. «Panier» e «Canebière», a ridosso del vecchio porto, spiagge e lungomare sono ritrovo di giovani che non si sentono respinti. Il mare non può avere barriere.

Ogni quartiere ha un'identità, i marsigliesi li frequentano perché tutti hanno qualche cosa da offrire: mercati, stoffe, ristoranti esotici, ritrovi, commerci. Qui è nata la «street-fashion»: scarpe, jeans, felpe con i colori della banlieue. Già quindici anni fa, la metà dei marsigliesi si pronunciò per il diritto di voto agli immigrati. Rapporti di lavoro, clientele politiche, sommerso, corruzione, l'«arte» mediterranea di succhiare risorse pubbliche e dividere il bottino hanno fatto il resto. Zidane, il campione nazionale, è nato a la Castellane, quartiere della prima immigrazione algerina: come Maradona a Napoli, è nel cuore dei marsigliesi che vivono la catarsi multiculturale al Velodrôme, lo stadio dell'Olympique.

Ci sono poi ricette che farebbero inorridire teorici di flessibilità e mercato. Si chiamano assistenzialismo ed impiego pubblico. A Marsiglia hanno evitato il collasso. Un terzo dei posti di lavoro sono nell'amministrazione. «Pragmatismo e generosità, nessuno si sente di seconda classe», dice il sindaco, Jean-Claude Gaudin, braccio destro di Sarkozy nel partito gollista, ma un po' meno liberista.

Naturalmente, il «modello Marsiglia» che non esplode ha il suo rovescio nella decadenza della città, lontana dalla dinamicità di Barcellona e nelle resistenze di potenti sindacati del pubblico impiego che paralizzano uno sviluppo diverso. Le violenze nelle banlieues hanno oscurato la clamorosa forma di ribellione «alla marsigliese»: cinque settimane di sciopero dei trasporti urbani contro il progetto di gestione privata delle linee tranviarie in costruzione.

Uno sciopero che ha messo in ginocchio la città, aumentando voragine di debiti e perdite dell'azienda municipale. Nella Francia che vieta assembramenti pericolosi, centinaia di marsigliesi si sono radunati sul porto contro la «dittatura» dei sindacati. Da ottobre, è difficile andare al lavoro e a scuola per il «coprifuoco» deciso dai tranvieri.

Si capisce che il modello è fragile. C'è una nuova Marsiglia che preme, infischiandosene della coesione sociale. Il TGV che arriva da Parigi in tre ore si è portato dietro capitali e interessi immobiliari. Il cuore della città è già un grande cantiere. Espropri e espulsioni sono inevitabili. Negli ultimi cinque anni i prezzi al metro quadro sono raddoppiati. Come avvenuto nelle periferie parigine, i poveri devono farsi più in là, anche sotto il sole del sud.

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