Da Corriere della Sera del 13/11/2005

Da mesi la società che gestisce il trasporto non viene pagata. Presto potrebbe scattare l’emergenza nelle città

Tre milioni di ecoballe in Campania

Rifiuti ammassati nei piazzali, stop ai treni per l’invio in Germania

di Sergio Rizzo

ROMA - Da mercoledì 2 novembre il binario numero tre della stazione di Palma San Gennaro è deserto. I treni che facevano la spola con Düsseldorf e Katowice, dove portavano l’immondizia della Campania, non partono più. I soldi sono finiti. Da mesi il commissariato per l’emergenza dei rifiuti della Campania non paga: con Ecolog, la società delle Ferrovie che gestisce l’inconsueto traffico, ha un debito di 85 milioni. Perciò dal quartier generale delle Fs è partito l’ordine: fermate i treni. L’immondizia prodotta in Campania, 7.500 tonnellate al giorno, ricomincia così ad ammucchiarsi. Si ammucchia nei piazzali degli impianti dove dovrebbe essere trasformata nel «cdr», il combustibile da rifiuti che andrebbe bruciato nei termodistruttori, ma che, siccome i termodistruttori non esistono, si caricava sui treni per andare ad alimentare, naturalmente a spese nostre, le centrali della Germania e della Polonia. Ma presto potrebbe tornare ad ammucchiarsi anche nelle strade. Uno spettacolo già visto. Gli abitanti della Campania ci hanno fatto il callo. In una regione dove il business dei rifiuti è sempre stato in mano alla camorra, lo stato di emergenza è puro paradosso. Che però va avanti da 10 anni. Iniziato tecnicamente quando alla presidenza della Regione c’era Antonio Rastrelli, di An, il primo commissario, è continuato con Andrea Losco, dell’Udr, con Antonio Bassolino, e ora con Corrado Catenacci. Mentre a Roma si alternavano cinque diversi governi. Senza risultato alcuno. Ma ora è il collasso. L’emergenza dei rifiuti nella Campania è costata finora più di un miliardo di euro. Con un corollario infinito di inchieste giudiziarie, che da Napoli sono arrivate fino a Orvieto. Negli impianti che producono il famoso «cdr» sono ammassate 3 milioni di ecoballe da smaltire. Il commissariato ha 400 milioni di debiti, ma soprattutto ci sono 2.361 stipendi da pagare: una bomba sociale innescata. La miccia è stata accesa alla fine degli anni Novanta, quando si pensò di risolvere il problema (c’erano i Verdi al governo) con la raccolta differenziata. Diventò occasione ghiotta per un’infornata di 2.000 assunzioni, oltre alle 361 persone già impiegate nei «consorzi di bacino». Toccò a Filippo Palomba, generale dei carabinieri in quiescenza, subcommissario all’emergenza mentre alla Regione c’era Losco e a Palazzo Chigi Massimo D’Alema, stilare, il 31 maggio 1999, l’elenco. Eccolo: 600 lavoratori socialmente utili, ma con un’anzianità minima di 12 mesi; 470 disoccupati che avevano fatto i corsi di formazione regionale (le cooperative di detenuti); 930 disoccupati di prima classe, di cui 100 già nelle liste di mobilità delle discariche. Mancavano solo nomi e cognomi. Le assunzioni erano a termine, ma tutti sapevano che i 2.000 fortunati, gli unici, negli ultimi 50 anni, ad essere stati assunti al Sud senza alcuna agevolazione per il datore di lavoro avrebbero avuto il posto a vita, e con il contratto più oneroso, quello di Federambiente.

Fu l’unica operazione, e puramente assistenzialista, che fece Palomba. Ma accontentando tutti, e questo contava. I sindacati confederali, con i Lsu. Le famiglie dei detenuti. E i disoccupati organizzati, che a Napoli hanno forti addentellati politici. Uno dei loro capi, Salvatore Lezzi, è stato consigliere circoscrizionale per An e ha sostenuto con Forza Nuova la candidatura di Alessandra Mussolini. Ed è un dettaglio, come l’incredibile vicenda delle consulenze per 9 milioni di euro che il commissariato avrebbe pagato a 500 esperti negli ultimi cinque anni, rivelata dal Corriere del Mezzogiorno , che aiuta a spiegare perché niente in questa vicenda sia mai accaduto per caso.

Forse nemmeno il fallimento del piano che avrebbe dovuto portare la Campania fuori dall’emergenza, nato all’epoca del primo governo di Romano Prodi, e della giunta Rastrelli. Il progetto prevedeva la realizzazione di sette impianti per trasformare i rifiuti in combustibili che avrebbero dovuto alimentare due centrali elettriche. I primi dovevano essere completati per fine 1999 e le centrali un anno dopo. La gara fu vinta dall’Impregilo, poco prima che arrivassero a palazzo Chigi Giuliano Amato e alla Regione Bassolino. I quali confermarono e rafforzarono gli impegni. Compresa l’assunzione dei 2.000, con l’idea che prima o poi il problema si sarebbe risolto.

Anche se tutto si fece pur di non risolverlo. Mentre i 2.000 attendevano una definitiva sistemazione, spuntò una convenzione con il gruppo Jacorossi per assorbire altri 350 Lsu. Poi una società della Provincia: ancora 200. Quindi una joint venture fra Regione e Italia Lavoro: altri 350 posti. Infine una società, ora regionale, per impiegare 150 Lsu in un call center mai aperto. Nel frattempo alcuni impianti per trasformare l’immondizia in combustibile sono stati effettivamente realizzati. Ma dei termodistruttori nemmeno l’ombra. Il che rende inutili anche quegli impianti. Difficoltà insormontabili hanno bloccato tutto. E dopo cinque anni non è rimasto che prendere atto del disastro. Adesso si ricomincia tutto daccapo. Il governo sta per fare un decreto che azzera tutto, a cominciare dal contratto con Impregilo, con comprensibile soddisfazione della stessa impresa. In linea di principio non è escluso nemmeno l’avvicendamento di Catenacci, che si potrà consolare con un incarico da 1,5 milioni di euro per il collaudo del Passante di Mestre (di cui Impregilo è general contractor).

E la protesta dei 2.000, che vogliono essere assunti dalla Regione, si fa sempre più minacciosa. Il governo ha fatto allora una bella pensata: far assumere tutti per due anni dal Consorzio nazionale degli imballaggi, contando sul fatto che con il Conai il commissariato ha in atto un contenzioso da 250 milioni, sperando poi nella Regione. Ma il Consorzio non si fida. La Regione non dà garanzie. E la miccia brucia, brucia...

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