Da La Stampa del 01/11/2005
Originale su http://www.lastampa.it/_web/_P_VISTA/molinari/archivio/molinari051101.asp

Polemiche gli analisti affibbiano al premier lo stesso soprannome dell’ondivago Kerry

Povero Silvio, flip flop come Kerry

Il leader italiano considerato troppo condizionato dalla politica interna

di Maurizio Molinari

WASHINGTON - «Debole», «incerto», «condizionato dalla politica interna» e soprattutto «flip-flop». Sono questi i termini a cui gli analisti di affari europei nei centri studi di Washington descrivono il comportamento di Silvio Berlusconi sull'Iraq e, di conseguenza, con l'amministrazione americana.

«Berlusconi è stato sin dall'inizio un sostenitore della linea di Bush sull'Iraq - osserva Laurent Murawiec, analista neoconservatore dell'Hudson Institute - poi alla vigilia dell'arrivo ha detto a una tv italiana che la democrazia non può essere esportata con l'uso della forza, che era contrario alla guerra e ciò lo fa apparire debole ed è un vero peccato». Murawiec nel 2003 è stato sulle questioni irachene uno dei più severi critici della condotta della Francia ed uno dei più aperti sostenitori delle scelte dell'Italia, condividendo la definizione di «maggiore alleato degli Stati Uniti nell'Europa continentale» poi fatta propria dai portavoce dell'amministrazione. Ma adesso Murawiec non cela il suo dispiacere con il fatto che «la debolezza di Berlusconi non lo salverà politicamente, anzi lo condanna ad una quasi inevitabile sconfitta elettorale che io non mi auguro».

«Berlusconi sta commettendo lo stesso errore fatto da Bush designando Harriet Meirs alla Corte Suprema - spiega - perché punta a sedurre i suoi nemici anzichè rafforzare i suoi sostenitori, Bush è stato costretto a tornare indietro mandando alla Corte Suprema Samuel Alito e se Berlusconi non farà lo stesso invertendo drasticamente la rotta è condannato a perdere amici e supporter, proprio a causa del sup atteggiamento flip-flop».

«Flip-flop» significa letteralmente sandali infradito ma il termine è entrato a pieno titolo nel linguaggio politico americano durante l'ultima campagna presidenziale allorché i repubblicani lo adoperarono come sinonimo di «fluttuante» per imputare al candidato democratico John F. Kerry di entrare sovente in contraddizione con se stesso. A presentare Berlusconi come «flip-flop» è stato anche un servizio della tv Nbc mandato in onda in coincidenza con la visita a Washington mentre Charlie Kupchan, capo del dipartimento europeo del «Council on Foreign Relations» di New York, va oltre: «Il premier italiano da un lato manda le truppe ma dall'altro dice che non voleva guerra e ciò lo fa apparire ondivago all'amministrazione Bush». «Bisogna tener presente - aggiunge Kupchan - che a Washington la situazione politica è molto tesa, Bush è indebolito a causa del Ciagate e dunque il danno sta nel fatto che il presidente aveva bisogno di ottenere da Berlusconi sostegno internazionale dalla visita, non polemiche». E tutto ciò «a prescindere dal fatto che in realtà le contraddizioni di Berlusconi sono simili a quelle di Blair, perchè anche il premier inglese ripete spesso che non voleva la guerra ma mantiene le truppe». «Tanto Blair che Berlusconi - termina kupchan - in sostanza affermano di aver sostenuto la guerra in Iraq controvoglia soprattutto per influenzare la condotta di Bush, ma in realtà l'influenza di Blair a conti fatti è stata davvero scarsa e quella di Berlusconi ancora meno di scarsa».

Più disincantato invece il commento di Simon Serfati, analista di orientamento liberal che segue gli affari europei per il Centro di studi strategici ed internazionali di Washington, secondo cui «Berlusconi oggi a Washington forse conta meno di ieri ma in realtà non è che abbia mai contato troppo». A dimostrarlo è il fatto che «anche l'intervista a La7 che a noi analisti interessa tanto per le contraddizioni che contiene in realtà è stata riportata dai giornali americani solo con trafiletti minori nella pagine interne». Insomma, «qui non è un mistero per nessuno che i politici italiani, e dunque anche Berlusconi, sono molto spesso "flip-flop", quello che conta sono i fatti ovvero che Berlusconi prima ha mandato le truppe in Iraq e adesso invece le sta ritirando, sebbene a piccoli gruppi».

Ciò che accomuna Murawiec, Kupchan e Serfati è la convinzione che dietro i «flip-flop» di Berlusconi vi siano le prossime elezioni italiane. «Nel vostro Paese la campagna elettorale è in pieno svolgimento - riassume Kupchan, in partenza per Roma - la sinistra guadagna terreno in parte a causa dell'opposizione alla guerra in Iraq e Berlusconi tenta di riposizionarsi per risollevare le proprie sorti ma saranno gli italiani a dire l'ultima parola».

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