Da La Repubblica del 05/11/2005

L'allarme degli investigatori: "Stanno comprando i terreni nell'area dello stretto interessata ai lavori di costruzione"

La Dia: "Il ponte nel mirino della mafia Provenzano è sempre il capo indiscusso"

di Claudia Fusani

ROMA - Cosa Nostra si frega le mani perché sa che metterà mano su una bella fetta dei 3,88 miliardi di euro destinati alla costruzione del Ponte sullo Stretto. Bernardo Provenzano resta il numero uno e dorme sonni tranquilli protetto com'è dagli uomini del mandamento palermitano di San Lorenzo. Mentre i colleghi siciliani "crescono", sono andati a scuola e sono diventati professionisti con i colletti bianchi, l'organizzazione criminale più sanguinaria e potente è l'ndrangheta che comanda anche in sudamerica e in Australia.

La Direzione investigativa antimafia riempie 99 pagine per lanciare l'allarme e ricordare al Parlamento che la criminalità organizzata in Italia è l'emergenza dimenticata. La relazione è stata chiusa a luglio e fotografa i dati del primo semestre 2005 ma è stata trasmessa solo ieri dal ministero dell'Interno ai presidenti di Camera e Senato. Il nuovo direttore della Dia, il generale della Guardia di Finanza Giacomo Sasso, esperto di appalti e riciclaggio, ha voluto mettere mano alla relazione mettendo in evidenza proprio i rischi per l'appalto del Ponte sullo Stretto.

«Cosa Nostra - si legge - si fa sempre più invasiva e cerca di interferire anche sulla realizzazione di grandi opere come il ponte sullo Stretto di Messina». Le infiltrazioni nel sistema di aggiudicazione e di esecuzione avvengono in due modi. Indagini dei nuclei investigativi interforze della Dia dimostrano che nella zona di Messina «prestanome stanno acquistando da mesi i terreni su cui dovranno sorgere i piloni delle campate del Ponte», un modo per poi costringere le ditte affidatarie a venire a patti con i boss di Cosa Nostra. Il secondo modo è ancora più sofisticato: «I sodalizi criminali, attratti dalle ingenti risorse finanziarie e considerato l'elevato livello tecnico delle opere da realizzare, tendono ad affidare ruoli di responsabilità a uomini d'onore dotati di cultura multidisciplinare, professionisti preparati e competenti». Cosa Nostra ha mandato a scuola i boss e se prima si dovevano occuparsi solo di appalti "minori" come movimento terra o fornitura di materiali, ora possono affrontare appalti e competenze di alta ingegneria. Questo non toglie che a Palermo, in alcuni quartieri come lo Zen, «venga pagato il pizzo anche per le forniture di luce, acqua e pulizia dei padiglioni». I boss, sommersi dalle spese giudiziarie, hanno bisogno di soldi e non risparmiano nulla e nessuno.

Molte pagine della relazione sono dedicate a Bernardo Provenzano, 72 anni, boss di Corleone, dopo l'arresto di Riina «leader indiscusso di Cosa Nostra», latitante da sempre e ben protetto nel centro di Palermo: «Sono stati acquisiti riscontri importanti sulle persone che favoriscono la sua latitanza». Si sa chi sono e anche dove sono: «Gli uomini di Salvatore Lo Piccolo, mandamento di San Lorenzo, Palermo città». Lo Piccolo, anche lui latitante da oltre vent' anni, «è il più stretto collaboratore di Provenzano». Al terzo posto nella gerarchia di una Cosa Nostra «sempre più decisa a mantenere l'attuale stato di pacificazione generale», la relazione della Dia mette Matteo Messina Denaro, il boss trapanese.

Prima ancora dell'omicidio politico del vicepresidente della regione Francesco Fortugno che ha fatto fare all'ndrangheta il "salto di qualità" - gli omicidi politici sono stati il marchio di fabbrica di Cosa Nostra ma mai delle cosche calabresi -, la Dia era consapevole del livello di pericolosità raggiunto dalle cosche calabresi. «Da tempo la regione è diventata un nodo strategico per l'importazione di droga e i guadagni del narcotraffico vengono riciclati nei mercati mobiliari e immobiliari da soggetti insospettabili specializzati nel money laudering».

L'analisi della Dia, per Giuseppe Lumia esponente Ds in Commissione Antimafia, «dimostra che la lotta alla criminalità non è stata la priorità per questo governo che in queste finanziaria toglie un altro venti per cento al capitolo sicurezza». Il Wwf ha preparato un dossier sul Ponte sullo Stretto e per evitare le infiltrazioni propone di «modificare la legge Obiettivo, quella che regola i grandi appalti al sud, in almeno quattro punti». Così com'è, è troppo facile aggirare le norme antimafia.

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