Da La Repubblica del 28/10/2005

Fonti del governo italiano: "L'Fbi ci ha archiviato". Ma il Bureau conferma: "L'indagine è in corso"

Oggi il verdetto sul caso Cia il Nigergate nell'inchiesta

Rischia il vice di Cheney, Rove cerca di patteggiare

Il procuratore Fitzgerald annuncerà le incriminazioni, ma è possibile anche un rinvio con la creazione di un nuovo gran giurì

di Alberto Flores D'Arcais

NEW YORK - Cia-gate, oggi è il giorno della verità. Questa mattina il gran giurì che indaga su chi abbia soffiato ai giornalisti il nome di Valery Plame - un'agente della Cia che lavorava sotto copertura - si riunisce per l'ultima volta insieme al procuratore speciale Patrick Fitzgerald; il quale dovrà sciogliere la sua riserva rendendo pubblico se ha deciso o meno di incriminare gli alti funzionari della Casa Bianca responsabili della fuga di notizie.

I maggiori indiziati sono due: Karl Rove, il principale consigliere di George W. Bush e artefice delle sue vittorie elettorali, e Lewis "Scooter" Libby, capo dello staff del vicepresidente Richard Bruce Cheney, detto "Dick". In prima fila tra i "candidati all'incriminazione" era considerato Libby - che stando alle indiscrezioni uscite finora avrebbe testimoniato il falso sotto giuramento al gran giurì - ma un lungo incontro avvenuto mercoledì sera in uno studio privato tra Fitzgerald e Robert Luskin, avvocato difensore di Rove, ha convinto gli osservatori che anche il potente "Richelieu" della Casa Bianca si vedrà recapitare l'accusa di aver commesso un reato federale.

Incontro che si è ripetuto ieri e nel corso del quale Luskin avrebbe tentato ogni carta per evitare a Rove l'incriminazione per spergiuro. Secondo il Daily News, il difensore di Rove starebbero tentando di negoziare un patteggiamento dell'ultima ora per evitare al suo cliente il pubblico processo.

Il procuratore speciale potrebbe anche chiedere un supplemento di indagini e la formazione di un nuovo gran giurì per approfondire ipotesi di reato che sarebbero emerse durante l'inchiesta Cia-gate; prima fra tutti quella che all'interno della Casa Bianca sia stata organizzata un complotto - guidato da Dick Cheney - per screditare l'ambasciatore Joseph Wilson III (svelando alla stampa lo status di agente di sua moglie) reo di aver pesantemente criticato l'amministrazione sull'Iraq.

E' su questo punto che il Cia-gate si intreccia con il Nigergate e con l'inchiesta in tre puntate pubblicata nei giorni scorsi da Repubblica. Inchiesta ripresa da diversi giornali e tv (come la Nbc) e legame ipotizzato dal Los Angeles Times che ha avuto conferma ufficiale dalla Casa Bianca dell'incontro tra Pollari e l'attuale Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Bush, Stephen Hadley, a quei tempi vice del segretario di Stato Condoleezza Rice.

Il governo italiano ieri ha ribadito (per la seconda volta in 48 ore) che una lettera del Fbi escluderebbe qualsiasi coinvolgimento italiano - «per quanto concerne l'Italia la vicenda è stata archiviata» - anche se un portavoce del Bureau ha dichiarato all'Ansa che non può commentare perché «l'indagine è ancora in corso».

Quello che il sito online Slate ha definito "Italian Job" - un gioco di parole tra "lavoro italiano" e il titolo di un celebre film su una "grande truffa" - comincia a circolare in America con una certa dovizia di particolari. Nelle pagine web dei blogger - che nel mondo dell'informazione di oggi sono spesso i reporter migliori - le tre puntate dell'inchiesta (tradotta in piccoli brani o interamente) vengono analizzate, discusse, contestate nella ricerca di ricostruire quegli altri pezzi di verità sul Nigergate che mancano per capire l'insieme dello scandalo.

In un'intervista all'Ansa Larry Johnson (un esperto di terrorismo ed ex compagno di corso della Plame alla Cia) che è già stato ascoltato un paio di volte al Congresso sul "caso Cia" dice che «tutto sembra puntare all'Italia come punto di partenza di questa storia. Ci sono indizi circostanziati che in Italia siano state create le basi per andare a fare la guerra in Iraq. Diciamo che gli Usa erano come un alcolizzato al quale l'Italia ha portato la bottiglia di vino».

Difficile che Fitzgerald possa ottenere un supplemento di indagini visto che il mandato del gran giurì è già stato rinnovato una volta per sei mesi e la legge non prevede che vengano concesse ulteriori proroghe. Il procuratore speciale potrebbe insistere per chiedere al giudice di affidare l'inchiesta a un nuovo gran giurì; cosa che in passato Fitzgerald aveva escluso ma che alla luce dei nuovi sviluppi potrebbe invece decidere di fare.

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