Da La Repubblica del 28/10/2005

Il fronte "teo-con" ferma il presidente

Vittoria di Pirro dei democratici, al posto dell'avvocatessa arriverà un fanatico gradito alla "falange cristiana"

di Vittorio Zucconi

Il Presidente che nel 2001 aveva promesso di unificare l'America fratturata dal calvario dell'impeachment clintoniano, squassata dalla faziosità del discorso politico nazionale e poi scossa dall'attacco del terrore, deve ora sacrificare i propri fedelissimi per tenere assieme non più una nazione, ma almeno il proprio partito. Con la tecnica disperata del pilota che butta fuori zavorra per tenere in volo l'aereo sforacchiato di una Presidenza che perde quota ogni giorno e rischia, da un momento all'altro, di schiantarsi contro l'inchiesta sulle bugie di guerra e i documenti bidone, Bush ha ritirato la candidatura della signora Harriet Miers, l'avvocato della Casa Bianca, indicata da lui come candidata alla la Corte Suprema.

Troppo poco qualificata, troppo inesperta, troppo leggera per un incarico così grave, è stato detto, ma in realtà perché la base più settaria, retriva e integralista dell'elettorato bushista non la considerava abbastanza di destra. Harriet Miers, di fatto il legale della famiglia Bush in Texas e una socia particolarmente entusiasta della "corte" dei Bush, era apparsa subito come una scelta stravagante e provocatoria. Tra le dozzine di giudici e di giureconsulti disponibili, uomini, donne, afro-americani, latino-americani di ben altre credenziali e curricula, la Miers, il cui massimo successo era stato guidare la commissione texana per le Lotterie statali e avere definito Bush come «l'uomo più intelligente e brillante» che avesse conosciuto, era stato visto subito come un segno di prepotenza imperiale. Va bene perché io dico che va bene, era stato il messaggio. Un gesto di disprezzo per una Corte Suprema che Bush guarda come a una avversaria, nonostante proprio la stessa Corte lo abbia eletto Presidente nel 2000, vuole ridimensionare a semplice notaio della Costituzione e non a motore di sentenze storiche come l'aborto, l'integrazione razziale, i diritti degli accusati.

Ma la Miers, che aveva certamente limiti evidenti di esperienza e di qualificazione, non è stata scaricata perché le sue lauree e il suo lavoro non avevano il "glamour" delle grandi università o di anni sulle massime cattedre magistrali degli Usa. La malcapitata avvocatessa, passata in poche settimane dall'esaltazione di sentirsi chiamata al più alto incarico legale all'umiliazione di doversi «volontariamente» ritirare per non danneggiare il proprio sponsor Bush, è l'agnello che questa Presidenza travolta dalle cattive notizie ha sacrificato agli dei del partito e della destra. Quei 30 milioni di elettori che, nel 2000 come nel 2004 hanno formato la compatta falange della "destra cristiana" e minacciavano la diserzione dal partito repubblicano alle elezioni politiche del prossimo novembre, esigono dal loro candidato un crociato che entri alla Corte Suprema per essere il quinto voto decisivo su nove, accanto ai quattro giudici già schierati, necessario per demolire la giurisprudenza attivista dei predecessori e combattere soprattutto il diritto d'aborto. La Miers appariva troppo vaga, troppo poco settaria, troppo fumosa nelle sue opinione, per rassicurare la falangi cristiane.

E questo Bush, assediato dalla impopolarità crescente non poteva rischiare la lealtà della falange solo per salvare il suo "cavallo di Caligola", la povera Miers. Soprattutto non ora, quando da un giorno all'altro, forse già oggi, si attendono incriminazioni formali da parte dell'inattaccabile, impeccabile procuratore speciale Fitzgerald contro i principali consiglieri della Casa Bianca, sospettati di avere mentito e offuscato per nascondere, in sostanza, la scia di menzogne e di montature costruite per giustificare l'invasione dell'Iraq. Se davvero Karl Rove, cervello e architetto delle fortune elettorali di Bush e "Scooter" Libby, braccio destro del vero signore della guerra, il vicepresidente Cheney dovessero essere incriminati per avere mentito, bloccato le indagini e complottato fra loro per mentire, si dimetteranno certamente, creando un buco enorme nel cuore della "Bush machine".

Tra salvare una avvocatessa per quanto fedelissima e perdere sè stesso di fronte al proprio elettorato teo-con o ultrà, non ci poteva essere scelta . La piccola donna che la First Lady aveva salutato come una grande conquista femminista, si è dovuta gettare sulla spada per proteggere l'Imperatore.

Naturalmente, così come l'Iraq non è il Vietnam, così questa serie di gaffe, errori e gravissimi imbarazzi giudiziaria che lambiscono la Casa Bianca non sono il Watergate. Ma l'atmosfera di ansiosa frenesia, di predatori che avvertono nell'acqua l'odore del sangue ricorda molto da vicino quelle giornate torve del 1973, quando la Presidenza Nixon cominciò a sgretolarsi, o quelle del 1998, quando si vide la presidenza Clinton paralizzata e agonizzante nella battaglia per salvarsi dalla destituzione.

Ora si attende il nome di chi sostituirà la Miers e l'opposizione democratica, che ora finge di gongolare alla figuraccia della Casa Bianca, trema segretamente al pensiero di avere vinto una vittoria di Pirro e della vendetta che Bush potrebbe preparare, scegliendo un futuro giudice gradito alla "falange cristiana". Un fanatico o una fanatica capace di far rimpiangere anche questa coraggiosa, modesta avvocatessa travolta dai guai di quell'uomo che aveva seguito fedelmente per tutta la vita fino al massimo traguardo e alla più atroce delusione.

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