Da La Repubblica del 26/10/2005

È lui ad aver rivelato che la Plane era una spia della Cia, forse mentendo sotto giuramento

Ciagate, Dick Cheney nei guai potrebbere rischiare l'impeachment

di Alberto Flores D'Arcais

NEW YORK - Ancora un paio di giorni e dovremmo sapere se la scure del procuratore speciale Patrick Fitzgerald si abbatterà sulla Casa Bianca. Il condizionale è d'obbligo perché in questa intricata spy-story che vede coinvolti gli uomini che hanno guidato l'America di Bush, giornalisti famosi e agenti di quella Cia, un tempo accusata di ogni complotto, che diventano eroi dell'America anti-Bush, nulla è certo: nessuno sa con certezza se ci saranno incriminazioni, nessuno può dire quali saranno le accuse, nessuno è in grado di prevedere se il Gran Giurì del "Cia-gate" sia il primo di una serie o l'unico di una storia che potrebbe finire (anche se a questo punto è difficile) in una bolla di sapone.

Il depositario di tutti i segreti è Fitzgerald, l'uomo di legge "inflessibile e incorruttibile" che potrebbe far cacciare dalla Casa Bianca due potenti come Karl Rove, l'architetto della presidenza Bush, e Lewis Libby, l'uomo di fiducia del vicepresidente Cheney. Visto che Fitzgerald è una mummia, a cui nessuno riesce a strappare una parola o un cenno, tutto quello che si sa (e che non si sa) sul "Cia-gate" lo si apprende dai giornali e dalle televisioni: dove ormai la vicenda della signora Valery Plame è diventata una rubrica fissa.

Le ultime rivelazioni arrivano tutte dal New York Times, il quotidiano rimasto invischiato più di tutti nella vicenda e che adesso cerca di far dimenticare a colpi di scoop le sue divisioni interne. L'ultimo, ieri mattina, tira in ballo di nuovo il vicepresidente Dick Cheney: fu lui a rivelare a Lewis Libby il nome della Plame, diverse settimane prima che diventasse pubblico.

L'articolo inguaia ancora di più Libby, visto che il braccio destro del vicepresidente ha testimoniato (sotto giuramento) che a fargli il nome della Plame fu un giornalista. Ma rende più difficile anche la posizione di Cheney, da molti sospettato di essere il regista di tutto il "Cia-gate".

Ieri la Casa Bianca lo ha difeso a spada tratta: «Il vicepresidente sta facendo un ottimo lavoro come componente di questa amministrazione e il presidente apprezza tutto il suo operato», ha detto il portavoce di Bush ai giornalisti. Ma il New York Times, spalleggiato dalla Associated Press, rivela anche che quando venne interrogato il 5 giugno del 2004 dal Gran Giurì Cheney era sotto giuramento e non, come si era pensato finora, esentato. Se avesse mentito sotto giuramento per il vicepresidente sarebbero guai seri: dovrebbe scegliere tra le dimissioni e l'impeachment.

Sul Los Angeles Times di ieri il colonnello Lawrence Wilkerson - capo di gabinetto di Colin Powell quando il generale era Segretario di Stato - è tornato pesantemente (per la seconda volta in una settimana) ad attaccare la «cabala segreta Rumsfeld-Cheney» rea di avere «dirottato» la politica estera americana al di fuori dei canali consentiti: «Almeno una volta alla settimana Powell marciava sullo Studio Ovale della Casa Bianca e ripuliva tutta la cacca di cane dal tappeto. Aveva tra le mani un presidente giovane e senza esperienza e gli diceva che sarebbe andato tutto bene perché lui, il segretario di Stato, avrebbe messo le cose a posto. Senza il controllo dei danni (fatto da Powell) le cose sarebbero andate ancora peggio».

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